Un eroe di Asghar Farhadi

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Una delle più importanti conquiste della cultura borghese, già sul finire del ‘700 ma soprattutto nel corso dell’ 800, riguarda un valore apparentemente impalpabile ma in realtà solidissimo perché basato su un sapere e una percezione condivisi, ossia l’onore. Il duello, l’ istituto preposto a vendicare e restituire l’onore, riguardava non a caso solo ed esclusivamente la classe aristocratica, l’individuo borghese non era legittimato né a vendicare né a restituire l’onore perché i nobili ritenevano di esserne i soli titolari.

L’ultimo splendido film di Asghar Farhadi, intitolato Un eroe, insignito del Gran Premio della Giuria a Cannes, nominato per i Golden Globes e, ci possiamo scommettere, presto anche per gli Oscar, tratta, fra moltissimi altri argomenti, proprio il grande tema di come difendere l’onore borghese, la reputazione individuale, non già in relazione alla cultura aristocratica che non interessa evidentemente più a nessuno, ma in relazione a una società – quella iraniana contemporanea– che rappresenta il combinato disposto di due diverse, ma tragicamente complementari forme di oppressione dell’individuo: la dittatura, ovvero una società medioevale e burocratica, arbitraria e corrotta, in cui non esiste la certezza del diritto, e la iper-modernità, anzi la iper-medialità, segnatamente la peggior deriva contemporanea, ovvero i social media.

Schiacciato da queste due istanze, nella sostanza diversissime ma nell’effetto (come non definirlo distopico?) omologhe, l’individuo non può fare altro che soccombere. Ma ciò che rende questo film migliore di tutti quelli di registi a lui assimilabili (un esempio fra tutti Ken Loach: stiamo parlando evidentemente di autori di cinema sociale, di cinema realista, di cinema morale) è che il protagonista, o se vogliamo, la vittima di questo scenario distopico non ci viene presentato solamente appunto come una vittima, presa e messa lì per suscitare l’empatia e la compassione dello spettatore, perché una cosa che Farhadi sa fare come pochi altri è il lavoro sulle sfumature, sui dettagli o – generalizzando ancor di più – il regista iraniano che quest’anno compirà cinquant’anni sa scrivere clamorosamente bene le sceneggiature. Non sempre, a dire il vero, poiché le sa scrivere a meraviglia quand’è a casa sua, ovvero in Iran, in quel paese che conosce a menadito e che – temiamo – non avrà, se non clandestinamente, modo di vedere il suo film. Quando, come aveva fatto in due dei suoi ultimi tre film, si era arrischiato fuori dall’Iran, prima in Francia con Il passato (2013, https://www.closeup-archivio.it/il-passato,8581) e poi in Spagna con Tutti lo sanno (2018; https://www.closeup-archivio.it/todos-lo-saben) ci aveva convinto di meno. Intendiamoci ci muoviamo sempre a un livello molto alto.

Un eroe si svolge a Shiraz, nel sud del paese, dunque verrebbe da dire più in Persia che in Iran, visto che la città dista pochissimi chilometri da Persepoli, dove si svolge una delle primissime scene, segnatamente nei pressi della tomba di Serse, in pieno restauro, quasi a voler segnalare fin da subito la decadenza della cultura persiana da qualche millennio a questa parte. Il protagonista è un carcerato, Rahim, in carcere per un reato finanziario che all’inizio del film può godere di un permesso di quarantotto ore, due giorni che cominceranno a porlo di fronte a una serie infinita di quesiti morali, degni di schiacciare chiunque, e che infatti schiacciano un individuo sostanzialmente fragile e tutt’altro che privo di ambiguità, un individuo, di cui, forse solo verso la fine, capiremo la “vera” natura, e che, forse, al termine del film avrà attraversato un percorso di formazione, chissà magari il suo primo vero percorso di formazione. Non cominciamo neanche a raccontare la trama perché inevitabilmente ci incasineremmo di fronte a un intreccio in realtà chirurgico che oltre al protagonista vede coinvolta non meno di una decina di persone, che ci dispiega tante e diverse modalità di reazione a quel combinato disposto di cui si parlava prima.

In un periodo storico in cui – lo si sarà notato – i film, forse perché sviati da una assurda concorrenza con le serie TV, sembrano non conoscere più l’uso dell’ellissi, e non si contano i film, anche recentissimi che superano abbondantemente le due ore, le due ore e venti, le due ore e trenta, i 128 minuti di Un eroe hanno la perfezione di scrittura di un meccanismo a orologeria.

In sala dal 03 gennaio 2022


Cast & Credits

Qahremān –  Regiasceneggiatura: Asghar Farhadi; fotografia: Ali Ghazi, Arash Ramezani; montaggio: Hayedeh Safiyari; interpreti: Amir Jadidi (Rahim), Mohsen Tanabandeh (Braham), Sarina Farhadi (Nazanin), Fereshteh Sadre Orafaiy (Signora Radmehr); produzione: Asghar Farhadi, Alexandre Mallet-Guy per Arte France Cinéma, Asghar Farhadi Productions, Memento Films; origine: Iran/Francia; durata: 127’; distribuzione: Lucky Red.

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