Come ci informano i giornali, la stagione cinematografica in corso rischia di essere ricordata come quella del “me too”, essendo incorniciata dal successo strepitoso di C’è ancora domani, che al momento in cui scriviamo risulta aver incassato oltre 39.000 euro solo in Italia o circa 46.000 dollari in tutto il mondo; e un’edizione del Festival di Cannes già percorsa dalle polemiche sulla violenza di genere, che riguardano le accuse per molestie alla massima star transalpina, Gerard Depardieu, e il film di apertura, il corto Moi aussie, che racconta degli abusi sessuali nel mondo del cinema francese.
In un contesto siffatto, giunge in sala Una storia nera, diretto da Leonardo D’Agostini e prodotto da Groenlandia, casa di produzione fondata giusto dieci anni fa dai registi Matteo Rovere e Sidney Sibilia. Quest’ultimo dato è fondamentale per capire ciò di cui stiamo parlando: Groenlandia, dall’atto della sua nascita, ha infatti cercato di perseguire una molto consapevole “politica dei generi” come in Italia si fa poco, sondando versanti anche poco praticati dalle nostro parti: c’è stata la commedia stile Breaking bad del trittico Smetto quando voglio, le incursioni nel peplum del terzo millennio con Il primo re e la serie Romulus, l’action distopico di Mondocanecon un Alessandro Borghi baffuto, i western anomali Deltae Il mio corpo vi seppellirà; senza contare le importanti incursioni seriali deLa legge di Lidia Poëte Supersex. Attenzione: non si tratta di tutte ciambelle riuscite col buco, anzi alcuni dei titoli sopra menzionati sono stati dei flop commerciali, e ciò va ancor di più a merito di un’intrapresa che sceglie di rischiare per far rifiatare un mercato nazionale troppo spesso culturalmente asfittico e ammalato di provincialismo.
Qui ci rifanno: Una storia nera, infatti, oltre a essere un perfetto (furbesco?) pamphlet sul tema dei temi di questi tempi, appunto la cosiddetta “violenza di genere”, è anche un esperimento da applaudire attraverso il quale cimentarsi con due filoni da noi poco praticati, il “noir” e il “legal thriller”, che ha i suoi capisaldi in due classici degli anni ’50 come La parola ai giurati e Testimone d’accusa, e conta un recente esempio memorabile nella Palma d’oro del 2023, Anatomia di una caduta. Si tratta, come ognun sa, di quei film che istituiscono l’aula di un tribunale come luogo deputato delle proprie azioni drammatiche; e giudici, avvocati e testimoni come main characters.
Qui si narra la storia di un classico caso di violenza domestica agita da un marito tanto (apparentemente) innamorato quanto schiavo di dinamiche di relazione tossiche, che lo portano a gestire un rapporto coniugale all’insegna della prepotenza di stampo patriarcale: vent’anni di percosse e violenze carnali ai danni di una moglie col volto e la grazia di Laetitia Casta. Il tutto a beneficio di un pubblico particolarmente indifeso come i tre figli giovanissimi, i quali introiettano i frutti del male di questo amore tossico, mettendolo in conto alla propria futura maturità, verosimilmente già compromessa.
Tutto nasce dall’omonimo romanzo di Antonella Lattanzi – nota per essere scrittrice, giornalista del “Corriere della sera” e sceneggiatrice di Fiore di Claudio Giovannesi, tra gli altri – che lo pubblica nel lontano 2017, mettendolo così retrospettivamente al riparo dall’accusa, sempre in agguato, di aver voluto cavalcare cinicamente l’onda della attualissima Zeitgeist in ordine al “femminicidio”, oppure il successo dell’ultima Palma d’oro di cui parlavamo poco fa. Può semmai esserci stato qualcosa di opportunistico nella scelta dei produttori, che però possono a buon diritto asserire di portare così il loro buon contributo a un dibattito drammatico su un tema tragicamente “flagrante”: nella descrizione di certi personaggi del film sembra quasi di udire l’eco del discorso tenuto da Elena Cecchettin al recente Salone del libro di Torino, quando dice: “Dobbiamo smetterla di farci piccole per rispettare quelle che sono le aspettative della mascolinità fragile, che ha bisogno di dominare per sentirsi appagata.”
Cristiana Dell’Anna
Decisamente interessante anche l’accenno a ciò che forse si cela dietro la prona e inspiegabile remissività di certe future vittime, in un passaggio molto drammatico dell’interrogatorio della presunta colpevole (la Carla di Casta), che incalzata su certi suoi comportamenti ambigui, prorompe in un eloquente domanda retorica, rivolta simultaneamente alla corte: “Voi sapete sempre quello che pensate? Quello che volete?”. Lo dice nel tentativo di giustificare il proprio ambivalente sentimento di amore e repulsione che la lega ancora, fino alla fine, al suo sposo aguzzino; e descrivendo definitivamente la banalità del male che fa qui rima con l’ambiguità dei sentimenti.
A portare il libro sullo schermo è il compagno di vita della Lattanzi, il regista Leonardo D’Agostini, che nel 2019 vinse il Nastro d’Argento 2019 come “Miglior regista esordiente”, per la sua opera prima Il campione; sulla falsariga della vicenda umana e sportiva di Francesco Totti, ricreato da Andrea Carpenzano, attor giovane in impetuosa crescita, dopo l’esordio quasi per caso sotto l’egida Francesco Bruni (e di Giuliano Montaldo) con Tutto quello che vuoi. Sarà proprio l’astro nascente romano il fulcro di una vicenda più complessa di quanto non appaia a tutta prima, e che riserva nel finale un doppio colpo di scena che per ovvi motivi non spoileriamo.
Il film di D’Agostini, senza essere un capolavoro, è ben girato, ben recitato e qua e la toccante, dato il tema che affronta. Se si eccettuano alcune debolezze di scrittura – di cui è un buon esempio il personaggio di Cristiana Dell’Anna, nella toga di un pubblico ministero molto poco plausibilmente perfido nell’incalzare una donna che dichiara di essere stata violentata e picchiata per vent’anni (ma forse è una stilettata polemica alla cosiddetta “vittimizzazione secondaria”) – si direbbe un ottimo prodotto medio-alto, tutto inscritto nella cifra Groenlandia di cui dicevamo, che a causa del messaggio nobile di cui sceglie di farsi latore “rischia” di riscuotere cospicui consensi di critica e pubblico. Personalmente, glielo auguriamo.
In sala dal 16 maggio 2024
CREDITS & CAST
Una storia nera– Regia: Leonardo D’Agostini; soggetto e sceneggiatura: Antonella Lattanzi, Leonardo D’Agostini, Ludovica Rampoldi; ; fotografia: Michele Paradisi; montaggio: Francesco Loffredo; musica: Ratchev & Carratello; interpreti: Laetitia Casta; Andrea Carpenzano, Cristiana Dell’Anna, Lea Gavino, Mario Sgueglia, Giordano De Plano, Lidia Liberman, Stefano Pesce, Claudia Della Seta, Licia Maglietta; produzione: Groenlandia con Rai Cinema; origine: Italia, 2023; durata: 100 minuti; distribuzione: 01 Distribution.