Il regista sudcoreano Hong Sang-soo è probabilmente uno fra i più produttivi e prolifici registi della sua generazione e la nostra rivista ne ha spesso recensito le opere seguendolo nei vari festival, dove ormai è diventato una presenza costante aggiudicandosi diversi premi importanti. I suoi film infatti non mancano mai dalle liste dei principali concorsi cinematografici: già quattro volte in concorso al festival di Cannes, ben sette volte alla Berlinale, ma pure la Mostra di Venezia e il festival di Locarno contano la sua partecipazione. Proprio a Festival di Berlino del 2024 Sang-soo ha vinto l’anno scorso l’Orso d’argento – Gran Premio della Giuria con il suo lungometraggio Una viaggiatrice a Seoul che ora esce in sala. È la terza opera che gira con l’attrice francese Isabelle Hupper dopo In Another Country (2012) e Claire’s Camera (2018).
La sua esuberanza creativa lo ha portato negli ultimi anni ad essere non solo autore e regista, ma a seguire autonomamente tutte le fasi e i vari aspetti produttivi dei suoi film. I suoi temi preferiti, prettamente autobiografici, vanno dalla paura della morte, all’insuccesso personale, alla crisi depressiva, con protagonisti che, seduti attorno ad un tavolo bevono, mangiano e si autocommiserano.
Anche Una viaggiatrice a Seoul, come In Another Country è girato in Corea del Sud ed è suddiviso in tre episodi. Se ci affidiamo al titolo per decifrare la storia del film non ne veniamo a capo. Per cui non ci resta che riportare i pochi elementi della minimalistica trama così come ci vengono esposti.
Iris (Isabelle Hupper) è una donna francese non più giovanissima che vestita in colori sgargianti ama camminare scalza nei parchi e non sa suonare il flauto. Per tutto il film non viene specificato il motivo per cui si trova in Corea, fatto sta che si guadagna i soldi per vivere dando improvvisate e decisamente poco didattiche lezioni di francese.

Nei primi due episodi la conversazione o, se vogliamo lezione, si svolge ad un tavolo in lingua inglese e poi si passa a suonare uno strumento: nel primo episodio una giovane ragazza (Lee Hyeyoung) suona il pianoforte, nel secondo invece una donna più matura (Cho Yunhee) suona la chitarra classica. In entrambi segue poi l’insistente domanda di Iris: come ti senti quando suoni? Iris non si accontenta del solito e semplice ‘happy’, felice, di risposta, ma indaga oltre. La frase che ne risulta viene tradotta finalmente in lingua francese, scritta su una scheda cartacea con la raccomandazione di registrarla su una cassetta a nastro, riascoltarla, ripeterla più volte, e impararla alla perfezione.
Se i due precedenti servono quasi da introduzione, è però il terzo episodio quello che ci da modo di capire meglio la situazione. Iris è ospite in casa del suo molto più giovane amico Inguk (Ha Seongguk), al quale cede con gioia i soldi guadagnati da queste spartane lezioni e che vanno a coprire quasi la metà dell’affitto dello studente. La loro conversazione viene però interrotta dall’arrivo imprevisto della madre del ragazzo, ignara della relazione del figlio. A questo punto Inguk prega Iris di uscire e lei se ne va a passeggio al parco, dove la ritroviamo a ‘suonare’ il flauto.
In tutte e tre le scene si parla di cibo (kimchi e bibimbap), poesia, musica e si beve alcool, in questo caso magkeolli (vino di riso coreano) che la protagonista beve in buona quantità, ma che, invece di finire nelle imbarazzanti sbronze dei protagonisti dei precedenti film (vedi The Woman Who Ran, 2020), questa volta è smaltita dormendo al tempio o al parco.
I primi due episodi si svolgono pressoché identici mentre nel terzo si aggiunge una variante. Ripetitività sommata a leggere variazioni e ad una leggera punta di ironia è la caratteristica principale dei film di che ritroviamo anche in questo Una viaggiatrice a Seoul. E siccome si parla anche di poesia, la prima cosa che salta in mente sono le poesie giapponesi haiku, formate appunto da sole tre frasi che si completano a vicenda.
Più che di un film a soggetto tradizionale si tratta di uno schizzo, ancora meglio uno studio, del comportamento umano, quasi girato in fretta e senza particolare cura per il risultato finale. Qualcosa da guardare en passant, senza tanto darci peso. Proprio come abbiamo fatto alla scorsa Berlinale, con la certezza dell’immancabile presenza di anche al prossimo festival. Inutile dire che non siamo stati delusi e fra qualche giorno avremo il piacere di recensire da Berlino la nuova opera del regista dal promettente titolo What Does that Nature Say to You che guarda caso parteciperà ancora una volta alla corsa per l’Orso d’oro.
In sala dal 13 febbraio 2025.
Una viaggiatrice a Seoul (Yeohaengjaui pilyo /A Traveler’s Needs) – Regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio, musica: ; interpreti: ; produzione: Jeonwonsa Film Co. Production; origine: Corea del Sud 2024; durata: 90 minuti; distribuzione: Filmclub Distribuzione.
