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Voto
Che Wicked fosse un musical, trasposizione cinematografica di quello ideato da Stephen Schwartz e Winnie Holzman (nel film sono accreditati entrambi, rispettivamente per le musiche e per la sceneggiatura), grandissimo successo commerciale a Broadway, non era un’informazione del tutto chiara per chi scrive, almeno a giudicare dai vari trailer promozionali (rivisti per scrupolo). Dettaglio, questo, che suggerisce, probabilmente, la volontà della Universal di ridurre al minimo i rischi, per un genere cinematografico spesso in odore di fiasco al botteghino. Ne sa qualcosa anche un mostro sacro come Steven Spielberg con il remake di West Side Story.
Una sorte infausta, cui però non sembra destinata l’opera diretta da Jon M. Chu che, già nel primo fine settimana di uscita nelle sale, si è posizionata al primo posto del box office USA.
La trama (desunta in origine dal libro di Gregory Maguire dal titolo Strega – Cronache dal Regno di Oz in rivolta) ribalta l’assunto di partenza del celeberrimo film diretto Victor Fleming nel 1939 e del libro di L. Frank Baum, narrando dell’amicizia tra Elphaba (Cynthia Erivo), futura Strega dell’Ovest, e Galinda (Ariana Grande), la Strega del Sud. Costrette a una coabitazione forzata tra le mura dell’Università di Shiz, inizialmente il loro rapporto è niente affatto idilliaco. Le due sono evidentemente agli antipodi in tutto: bella, amata e abituata a spuntarla su tutto, Galinda; verde, esclusa e non amata, persino dal padre governatore (Andy Nyman), è invece Elphaba. Nonostante tutto, la protagonista è amorevolmente devota alla sorella minore Nessarose (Marissa Bode), costretta su una sedia a rotelle, di cui si prende cura anche all’interno dell’università stessa. L’unica che pare accorgersi di lei è Madame Morrible (Michelle Yeoh) professoressa di arti magiche, che la prende sotto la sua ala protettrice, insegnandole a domare il suo grande potenziale magico ma anche la sua rabbia. Grazie all’aiuto di Madame Morrible, Elphaba e Galinda, sanate incomprensioni e divergenze, giungeranno a conoscere nientemeno che il potente Mago di Oz (Jeff Goldblum) che le attende nel suo incantato castello. Ma anche ad Oz le apparenze possono ingannare, e l’aurea di perfezione che circonda l’università di Shiz e il regno tutto è incrinata da un vento di fanatismo e odio segregazionista di cui a farne le spese sono le specie diverse da quella umana, docenti animali in primis. E la nostra strega dalla pelle smeraldo sarà presto costretta a prendere posizione, compiendo scelte radicali. Saprà schierarsi dal lato giusto della storia, oppure prenderà il posto che altri le hanno assegnato in una vita fatta di continui rifiuti?

Poco sopra si scriveva, non a caso, di ribaltamenti, presenti in abbondanza in una pellicola che è anzitutto un blockbuster, con tanto di divisione in “parti”, che riguardano principalmente una certa visione manichea del mondo che ha necessità di riconoscere senza tentennamenti buoni e cattivi.
Dietro il film per famiglie, i colori brillanti, il massiccio sfoggio di CGI, il “turbine” citazionista – oltre l’ovvio rimando a Il Mago di Oz del 1939 (Dorothy compare persino a inizio pellicola), spiccano i numerosi rimandi alla saga di Harry Potter e affini, con il percorso di maturazione di Elphaba, chiamata a dominare le proprie emozioni prima ancora che il proprio potere, che tanto somiglia a quello degli eroi dell’universo sci-fi immaginato da George Lucas, salvo, anche in questo caso, subire l’ennesimo ribaltamento. E non mancano certo riflessioni di natura più profonda. Una favola che poggia la propria morale sul senso dell’accettazione di se stessi e dell’altro, sul senso di essere comunità in tempi storici dove predominano diffidenze e paure. Non è certo una coincidenza, dunque, che il dottor Dillamond (in originale doppiato da Peter Dinklage), venga portato via dall’università – da gendarmi nerovestiti – proprio mentre tiene una lezione di storia, in un sinistro rimando a fatti del passato che ben conosciamo, mettendo in luce, oltretutto, una delle grandi contraddizioni di noi umani: non amiamo la storia, ma abbiamo bisogno di narrazioni forti.
“Perché si diventa malvagi?” è la domanda centrale che sin da subito pare tracciare un sentiero di perdizione per la protagonista. Una domanda che riflette in realtà il punto di vista di Galinda, Strega dalla bellezza abbacinante e dalle capacità affabulatorie rassicuranti, non divisive, forse più a suo agio con lo storytelling che con la magia.
“Quando le cose vanno male, si cerca qualcuno da incolpare” sentenzia a un certo punto l’umanissimo Mago di Oz, aggiungendo: “Da dove vengo io, tutti sanno che per tenere unite le persone serve un nemico”.
Due ore e mezzo abbondanti di film che passano veloci e senza annoiare, dove viene dispiegata per intero la potenza di fuoco delle produzioni hollywoodiane ad alto budget: un cast convincente e “in parte” – e non solo per l’ottima prova di Cynthia Erivo e di Ariana Grande (che scopriamo possedere inattesi tempi comici)- sequenze coreografate di buon livello, e, forse soprattutto, momenti dalla grandissima intensità emotiva. Non manca proprio nulla e c’è persino il principe azzurro Fiyero Tigelaar (Jonathan Bailey).
A questo punto non rimane che attendere, speranzosi, l’uscita del secondo capitolo, previsto per il mese di novembre 2025.
In sala dal 21 novembre 2024.
Wicked – Regia: Jon Murray Chu; Sceneggiatura: Winnie Holzman, Dana Fox (dal musical Wicked di Winnie Holzman e Stephen Schwartz, dal romanzo Strega – Cronache dal regno di OZ in rivolta di Gregory Maguire); fotografia: Alice Brooks; montaggio: Myron Kerstein; musica: John Powell, Stephen Schwartz; interpreti: Cynthia Erivo, Ariana Grande, Jonathan Bailey, Michelle Yeoh, Jeff Goldblum, Andy Nyman, Ethan Slater, Bowen Yang, Keala Settle, Courtney-Mae Briggs, Peter Dinklage; produzione: Marc Platt, David Stone; origine: USA, 2024; durata: 160 minuti; distribuzione: Universal Pictures International Italy.
