Con Salve Maria della regista catalana Mar Coll si è aperto il Concorso Internazionale del Locarno Film Festival. Il film tratto dal volume Amek ez dute (Mothers Don’t, 2018) della scrittrice basca Katixa Agirre Miguelez e girato a Barcellona, mostra la maternità da un punto di vista differente, come un’eredità non sempre voluta, quasi un incubo, più che una gioia.
Alla regista già nota per i suoi lavori, che esplorano le relazioni familiari e la libertà femminile, è stato chiesto come mai abbia deciso di adattare questo libro. È stata una scelta casuale – ha risposto. Con la cosceneggiatrice Valentina Viso cercavamo qualcosa di interessante, lei era mamma di due bimbe, e anch’io lo ero appena diventata; perciò, parlavamo molto di lavoro e maternità insieme, conoscendoci già d’infanzia. Un’amica ci aveva spedito questo libro, e ci parve subito una buona idea adattarlo e fare qualcosa di differente dalla nostra esperienza, traendone una nuova sfida per noi.
La storia tratta di una giovane scrittrice, Maria, diventata madre da poco. Quando sente la notizia di una donna, che ha affogato i figli gemelli di 10 mesi, inizia a viaggiare con la fantasia e a chiedersi se anche lei sarebbe in grado di compiere un tale gesto. E vediamo come questo pensiero fisso diventi per lei un’ossessione.
L’attrice Laura Weissmahr, al suo primo lungometraggio da protagonista, ha interpretato la parte di Maria in modo tale da poter vivere appieno il dramma del film, indipendentemente dal fatto di avere avuto o meno un’esperienza affine alla maternità. E riesce molto bene ad esprimere, anche dal punto di vista corporeo, l’escalation del tormento che la attanaglia nel film.
Anche il marito, interpretato da Oriol Pla è un personaggio altrettanto interessante e molto equilibrato rispetto alla moglie. Un padre cosciente e comprensivo, ma lontano dalla realtà, che per lui era sempre “tutto ok”. Un capo famiglia, che non si prende davvero le sue responsabilità, ma che cerca di essere un buon padre e marito.
Alla domanda come mai il suo personaggio sembri così diverso dagli uomini rappresentati in tanti altri film e si distanzi dai tradizionali stereotipi della virilità maschile, ha risposto: Quest’opera non è sugli uomini, ma sulle circostanze sociali e i tabù; perciò, rappresento un padre “molto normale” alle volte anche un po’ infantile. Volevamo una figura sensibile, anche per far capire che la storia non è incentrata su di lui, …
Salve Maria ci è sembrata un’opera molto riuscita, che tocca le corde intime di chi ha avuto figli. È stato importante, mostrare che la protagonista fosse una scrittrice perché quando la donna entra in crisi, la vediamo mettere i suoi sentimenti in parole ed esplicitarle. Era una mamma “normale”, che umanizza il gesto di una madre infanticida, fino a uscire fuori dagli schemi. Per gran parte del film siamo accompagnati da un pianto ininterrotto, quasi distruttivo e da delle sonorità, quindi, in grado di coinvolgere fortemente il pubblico, svisando così tra generi diversi: thriller e horror oltre al registro puramente drammatico.
Mar Coll è riuscita a rendere Salve Maria – un titolo non casuale se si pensa alla religione cattolica – un’opera molto sensibile, vibrante e con elementi narrativi a tratti giocosi (musica, effetti sonori, riprese con la camera…). Anche se ogni tanto tutto sembra “troppo”, tale esagerazione serve a creare l’atmosfera giusta, per far sentire al pubblico l’oppressione provata dalla protagonista Maria.

Molto diverso, sempre in Concorso, è invece il noir La Mort Viendra, prima opera in francese del tedesco Christoph Hochhäusler, uno dei principali rappresentanti della cosiddetta “Berliner Schule”, cosceneggiato insieme allo scrittore Ulrich Peltzer.
Richiesto sulle ragioni della scelta del genere e del perché girarlo a Bruxelles il regista ha detto: mi è sempre piaciuto il noir, i primi esempi di questo genere sono stati fatti ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, quando si diffondeva un sentimento che stava per succedere qualcosa di diverso e si indicavano così dei possibili cambiamento per il futuro. Mentre la scelta di girare a Bruxelles è nata una volta quando mi sono trovato in quella città che ho sentito come la location ideale per girare un noir, per la sua atmosfera ambivalente e contradditoria.
Erano presenti alla conferenza stampa anche i protagonisti: l’attrice e cantante Sophie Verbeeck, che interpreta la lady-killer Tez e Louis-Do de Lencquesaing, che è, invece, il gangster di vecchio stampo Charles Mahr. Entrambi si sono detti contenti di aver potuto girare a Bruxelles, avendo tutti e due radici in Belgio. Mentre Marc Limpach, l’antagonista di Mahr il capobanda Patric de Boer, ha detto che in La Mort Viendra ogni convenzione morale sparisce, sostituita da una forma moderna, universale di potere e denaro, come accade da ogni parte nel mondo.

La storia inizia con un corriere del Boss Charles Mahr, un gangster di altri tempi, che viene arrestato e gli sono sequestrati il denaro che stava contrabbandando. Fin da subito vengono citati “gli italiani”, personaggi avvolti in un alone di mistero che creano fino alla fine una bella suspence. Il film si basa sullo scontro tra tradizione e modernità, portato avanti da un boss tradizionalista Mahr e uno futuristico de Boer, che però ha bisogno di investimenti per il suo progetto criminale. La killer Tez, ingaggiata da Charles Mahr, appare quando il corriere arrestato viene rilasciato su cauzione e ucciso misteriosamente. La donna inizierà allora una caccia all’uomo, che la porterà a scoprire verità impensabili e a poter diventare anche lei la preda.
Nonostante il regista abbia ribadito l’importanza della location scelta, il film sorprende per il fatto che non c’è un mondo intorno, ma solo dei personaggi che vivono come in un astratto paesaggio deserto, vuoto di tutto, per lasciarli agire liberamente. Così facendo, viene a risaltarsi la componente emotiva delle varie personalità rappresentate. Inoltre il regista è bravo nel mettere in scena il cambiamento e i diversi comportamenti, letteralmente e metaforicamente, delle figure narrate. I vari personaggi hanno relazioni complicate, portate alla luce dall’acuto spirito d’osservazione di Hochhäuser, come i due gangster che si contrastano, di cui uno diventa “più umano” durante le vicissitudini del film. Infine, un’altra componente interessante di questo lungometraggio è il mix e la polifonia delle lingue, grazie anche alla presenza di Marc Limpach, che è un attore multilingue.
Foto della serata e della conferenza stampa Stéphanie-Linda Maserin
