Festival del cinema tedesco (Roma 20-23 marzo 2025): Elbow di Aslı Özarslan

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È almeno dalla fine degli anni ’80 che si parla di “deutsch-türkisches Kino” (“cinema turco-tedesco”), la versione germanica più diffusa del cosiddetto “cinema du métissage”. In Italia non si è visto tanto, qualche commedia (tipo Almanya – La mia famiglia va in Germania del 2011), e soprattutto alcune opere fondamentali di Fatih Akin (in primo luogo La sposa turca [2004], Ai confini del paradiso [2006]), in. particolare se paragonato al métissage francese o a quello inglese. Non è azzardato immaginare che anche la scarsa presenza del cinema turco-tedesco nelle sale italiane sia da ricondurre a un problema fondamentale, su cui mi è più volte accaduto di tornare, ossia che la Germania contemporanea interessa piuttosto poco. Malgrado ciò, il cinema turco-tedesco continua ad essere molto attivo, gli studiosi (tedeschi, turchi e soprattutto anglofoni, inglesi e americani) hanno ormai da tempo individuato diverse generazioni, diverse modalità che variano nel corso del tempo.

Il film presentato al Festival del Cinema Tedesco di Roma s’intitola in tedesco Ellbogen e in inglese Elbow, gomito, dunque. Non mi è chiaro, ad essere sincero, il motivo di questo titolo, forse è legato al fatto che la protagonista, la diciottenne Hazal, interpretata dalla brava Melia Kara, fa di tutto per trovare il proprio posto nel mondo, e lo fa anche sgomitando, ma anche così senza troppo successo.

Il film è diviso in due parti nette: la prima si svolge a Berlino, nel quartiere multietnico di Wedding, la seconda a Istanbul. Nella capitale turca Hazal non ci va per scelta, ma perché costretta a scappare, dopo essersi macchiata di quello che in tedesco si chiama “Totschlag”, ovvero omicidio colposo. Durante una colluttazione, anzi per meglio dire, dopo aver reagito con una certa violenza alle molestie subite in una stazione di metropolitana, fra l’altro proprio la sera della festa del suo diciottesimo compleanno, Hazal sbatte a terra il molestatore che muore. E quindi scappa a Istanbul, dove tuttavia non conosce nessuno, a parte un ragazzo (una conoscenza virtuale online), anch’egli turco-tedesco, che lavora in un call center e che si scoprirà nel corso del film essere leggermente depresso e tossicodipendente, la loro potenziale storia finisce ancora prima di cominciare. Come dire: dalla padella nella brace, ricercata in Germania (ovviamente l’omicidio è stato ripreso dalle telecamere a circuito chiuso), a Istanbul non trova nessun sostegno, nessuna ragion d’essere, chi avesse pensato che il ritorno nel paese dei suoi genitori e dei suoi avi potesse avviarla verso una ridefinizione, una scoperta della propria identità, si sarebbe sbagliato di grosso. Capisce certamente il carattere arbitrario, violento delle istituzioni turche, la persecuzione nei confronti dei cittadini di origine curda, ha sicuramente un’occasione di crescita in termini di consapevolezza politica, ma la ragazza è talmente disperata e alla ricerca di sé da non cogliere questa opportunità. Il finale è aperto, con tanto di sguardo in macchina, artificio ormai abusato, che lentamente non si può più vedere.

È un film certamente onesto Elbow, peraltro tratto da un romanzo di una scrittrice piuttosto nota in Germania, anch’essa tedesco-turca, ovvero Fatma Aydemir (1986, lo stesso anno della regista), il cui ultimo (bel) romanzo, uscito nel 2024, ha avuto grande successo ed è stato anche tradotto in Italia da Fazi, con un titolo, diverso dall’originale che suona Tutti i nostri segreti. La prima parte, quella berlinese, non dice nulla di davvero nuovo: conflitto con la generazione dei padri e delle madri, le ragazze, mediamente molto attente al look, alla ricerca di una identità e di un lavoro, il sempre strisciante razzismo dei tedeschi nei confronti di questi loro concittadini, considerati sempre e comunque dei diversi, fino al fattaccio che cambia completamente il destino della ragazza. Poco caratterizzati, quasi per nulla, i personaggi di contorno, la macchina da presa a mano un po’ inutilmente asfissiante. La parte girata a Istanbul è un po’ più pacata, anche sul piano dello stile, ma anche in questo caso sembra che non esista quasi nessun altro, i personaggi sono appena tratteggiati. Il film era stato presentato nella sezione “Generation” della Berlinale 2024, film tutti incentrati su adolescenti, come questo.


Elbow –  Regia: Aslı Özarslan; sceneggiatura: Aslı Özarslan, Claudia Schaefer; fotografia: Andac Karabeyoglu Thomas; montaggio: Ana Branea, David J. Achilles; interpreti: Melia Kara (Hazal), Doğa Gürer (Mehmet), Jale Arikan (Sultan); produzione: Jamila Wenske, Achtung Panda!; origine: Turchia/Germania/ Francia, 2024; durata: 86 minuti.

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