Festival di Venezia (27 agosto – 6 settembre 2025): Arkoudotrypa (Bearcave) di Stergios Dinopoulos, Krysianna B. Papadakis (Giornate degli Autori) – Premio Europa Cinemas Label

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Ascoltando un’intervista dai registi greci Stergios Dinopoulos e Krysianna Papadakis, esordienti, nel senso di: al primo lungometraggio, intitolato Bearcave, si capiscono molte cose. In prima battuta che il film nasce come un corto e solo in seguito a un crowdfunding di successo è stato possibile trasformarlo, ma verrebbe piuttosto da dire, gonfiarlo fino a farlo diventare un monster di 127 minuti, che, a livello di percezione, sembrano molti ma molti di più. E l’intervista stessa (14 minuti in tutto) non fa che mostrare una ripetitività di fondo in merito alla natura della produzione, ai temi affrontati, alle priorità. Insomma: se si fosse rimasti al cortometraggio originario, sarebbe bastato.

La storia è, per l’appunto, presto raccontata: due amiche, o meglio due amanti, una Argyro (Hara Kyriazi) che fa l’allevatrice, più precisamente si occupa di capre, l’altra, Anneta (Pamela Oikonomaki), scalpita, ha voglia di evadere dal paesello, Tyrna, circondato dalle montagne. Siamo in Tessaglia. Anche per scappare, Anneta si “fidanza” con Giorgios, un poliziotto che non vedremo mai e ne resta incinta, si trasferisce in città ma non è per nulla contenta della scelta, del resto, come detto, il fidanzato non si vede proprio – e lei è costretta a passare tutto il tempo con la suocera, appassionata di musica pop, di programmi televisivi trash e bevitrice niente male. Fin quando, delusa e avvinta dalla nostalgia se ne torna a casa dalla sua amata, e il film finisce con un happy end, con le due ragazze che fanno il bagno nel fiume, abbracciate. Il film è diviso in tre capitoli, ma guai a pensare alla. drammaturgia di stampo hollywoodiano, la figura retorica dominante è l’iterazione

Pamela Oikonomaki

E la caverna dell’orso, vi chiederete, cosa c’entra? È un luogo presente nel paesaggio montano, nel quale all’inizio del film Argiro entra con la massima circospezione, ma che cosa ci sia in quella caverna non lo sapremo mai, anzi il breve dialogo finale lascia in sospeso proprio questa questione, oltre a mostrare le immagini delle due fanciulle insieme al bambino di Anneta, celebrazione di una famiglia orgogliosamente diversa, queer. La caverna è con tutta evidenza un luogo mitico e ancestrale, l’abisso, la sfera pulsionale, nella quale Argiro si addentra fin da subito, ma al cospetto della quale Anneta arretra, salvo mostrare, appunto da ultimo, una grande curiosità, ora che accettato dove davvero si dirige la sua passione.

Il film è decisamente ripetitivo, non si contano le scene in cui vediamo Anneta tutta dedita alla manicure, le unghie finte di tutti i possibili colori dell’arcobaleno, Argiro concentrata con espressione torva e accigliata sui lavori ingrati e pesanti. Poi vi sono scene in discoteca dove le due, abbigliate in modo sexy, s’incontrano e clandestinamente si baciano, poi scene di paese, feste di paese, musica locale, balli locali a indicare quanto sia difficile scrollarsi di dosso il peso della tradizione che rischia costantemente di schiacciarti. E poi tanta ma davvero tanta natura che i due registi riprendono con devozione, quasi a voler rivelare ogni volta una sfumatura ulteriore che però purtroppo non arriva mai.

Lodevole, anche qui ce lo dicono i registi, il coinvolgimento di tutto il paese, la produzione a basso costo, ma quel che manca a questo film è un rigore, una capacità di saper rinunciare a tutto quanto è stato ripreso, in poche parole: una severità nel montaggio. Il regista ha girato nel suo paese di nascita – e tutto lascia pensare che malgrado tutto non abbia ancora saputo tagliare il cordone ombelicale.


Arkoudotrypa (tit. int.: Bearcave) – Regia sceneggiatura: Stergios Dinopoulos, Krysianna Papadakis; fotografia: Arsinoi Pilou; montaggio: Vagelis Katsaros, Krysianna B. Papadakis, Stergios Dinopoulos; interpreti: Hara Kyriazi (Argiro), Anneta (Pamela Oikonomaki); produzione: Pame Ligo Collective, Pucci Productions; origine: Grecia, 2025; durata: 127 minuti.

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