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Silent Friend è un’ode alla natura e alla ricerca scientifica. Con i tempi che corrono, il diffondersi di teorie complottiste e il dilagante analfabetismo funzionale, proporre un’opera su dei temi così poco popolari ha di per sé dell’incredibile, per quanto necessario. Eppure, grazie ad una produzione prevalentemente tedesca, Silent Friend, l’ultimo e atteso film della regista ungherese Ildikó Enyedi, è stato proiettato sul grande schermo della Sala Grande al Lido. La regista, già Orso d’Oro a Berlino nel 2017 con la malinconica storia d’amore fra due solitarie esistenze di Corpo e anima, ha convinto attori di fama internazionale come Tony Leung Chiu-wai e Léa Seydoux per i ruoli principali nel suo nuovo lavoro dall’anima verde. Ma il vero protagonista, il narratore, l’amico silenzioso del titolo, rimane un albero, un esemplare enorme e centenario di pianta femminile della specie ginkgo biloba piantata nel 1830 nel Giardino botanico del Campus universitario della città tedesca di Marburgo.
La trama è suddivisa in tre episodi, collocati in tre diversi periodi storici e realizzati dalla meravigliosa fotografia di Gergely Pálos (ha collaborato aanche con Roy Andersson) su tre diversi supporti. Nel primo, realizzato su un supporto digitale a colori, siamo nel 2020, poco prima dello scoppio della pandemia di Covid. Il ricercatore e neurologo di Hong Kong, Tony Wong (Tony Leung Chiu-wai) arriva in visita all’Università di Marburgo per tenere delle lezioni sul cervello umano dei bambini, campo nel quale da anni sperimenta con successo. Nelle stesse aule nelle quali Grete (Luna Wedler), ammessa come prima donna ricercatrice alla facoltà di biologia nel 1908, sopporta con stoico contegno la misoginia dell’ateneo dominato da una compagine di soli uomini. Qui l’ambientazione storica è messa in risalto dall’uso di un impeccabile bianco e nero su pellicola in 35mm. Il terzo episodio, nei colori accesi di un 16mm che ricorda i filmini amatoriali del tempo, vede la coppia di giovani studenti Gundula (Marlene Burow) e Hannes (Enzo Brumm) nel 1972. In un periodo politicamente teso dalle occupazioni degli atenei universitari, i due, si ritrovano alle prese con un innovativo esperimento su una pianta di geranio di cui riescono a captare le reazioni all’ambiente esterno grazie ad un congegno inventato da Hannes. Torniamo ai giorni nostri. Il neurologo, bloccato ed isolato all’interno del campus per le restrizioni pandemiche, per distrarsi trasferisce i suoi esperimenti su un grande albero di ginkgo nel giardino del campus, ne discute le implicazioni con la ricercatrice francese Alice (Léa Seydoux) e cerca, con l’ebrezza data dagli allucinogeni vegetali, la simbiosi dei sensi con l’enorme pianta. La ricercatrice Grete trova lavoro per pagarsi l’affitto nello studio di un fotografo e viene iniziata all’arte della fotografia, che con grande curiosità e spirito di osservazione, riesce ad applicate ai suoi studi sulle piante.

Se l’uso dei diversi supporti rinsalda ed accentua la percezione di un cambio temporale, permette anche la facile lettura del racconto, dove il montaggio risulta tuttavia ineccepibile, fluido e di immediata comprensione. Fra un episodio e l’altro si intersecano e mescolano visioni poetiche di immagini prodotte dai sensori alle reazioni chimiche del ginkgo. Queste si trasformano in grandi quadri astratti colorati e in movimento che non hanno nulla da invidiare ai migliori esperimenti di arte visiva. Seppure in Silent Friend non ci sia nulla di esoterico, la Scienza diventa lirica e l’Esperimento poesia pura. Enyedi ha la magica abilità di saper calibrare con acume e sensibilità artistica le diverse tecniche cinematografiche. Ma non solo. La musica usata con grande parsimonia – a parte i suoni, i brani musicali sono solo tre in tutto il film – ma occupano una grande importanza nel contesto, soprattutto l’ultimo, composto appositamente per il film, su una lirica di Goethe da Blixa Bargeld, il cantante della band Einstürzende Neubauten. La curiosità dei suoi personaggi è la stessa con la quale la regista ha sperimentato per realizzare questa storia poliedrica. Non mancano quindi ingrandimenti al microscopio dei tessuti verdi, osservazioni della crescita di un seme in time-lapse – che ricordano i film scientifici di inizi ‘900 – e in fermo-immagine i negativi su lastra di diversi vegetali. Viviamo una terra che l’uomo condivide insieme ad altre specie viventi e Silent Friend mette a nudo i paralleli esistenti più che le differenze. Ci mostra che anche una comunicazione con il mondo vegetale è possibile se ci prendiamo il tempo necessario per ascoltare e capire come farla funzionare.
L’ambientazione storica è ineccepibile, fra danze nel bosco di Grete sullo stile di Isadora Duncan, e il lavoro nello studio fotografico. La sequenza dell’audizione di Grete davanti alla commissione universitaria, è scritta con sottile genialità e attesta la cura, l’attenta documentazione e sensibilità con le quali è stata stesa la sceneggiatura. Non per niente il film è dedicato al produttore tedesco di film indipendenti Karl Baumgarten, fondatore della Pandora Film e della The Match Factory.
Dell’immensa ed enorme sagoma di ginkgo vediamo sempre e solo una parte, i rami, le foglie, il tronco. La sua mole ci viene rivelata solo nelle ultime inquadrature, quando le foglie da verdi si sono colorate del giallo dell’autunno e il grande organismo si prepara al sonno dell’inverno. Silent Friend è un film per chi ama il cinema con la C maiuscola.
Silent Friend – Regia e sceneggiatura: Ildikó Enyedi; fotografia: Gergely Pálos; montaggio: Károly Szalai; musica: Gábor Keresztes, Kristóf Kelemen; scenografia: Imola Láng; interpreti: Tony Leung Chiu-wai, Luna Wedler, Enzo Brumm, Sylvester Groth, Martin Wuttke, Johannes Hegemann, Rainer Bock, Léa Seydoux; produzione: Pandora Film, Inforg-M&M Film, Galatée Films, Rediance Films; origine: Germania/ Francia/Ungheria, 2025; durata: 145 minuti.
