Perugia Social Film Festival XI° – Edizione (26 settembre- 8 ottobre 2025): Billy di Lawrence Côté-Collins (Concorso)

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Il sovraccarico sensoriale che questo documentario produce può essere visto come un limite. Le decine e decine di trovate brillanti e meno brillanti, ma comunque estremamente ricche di creatività e ingegno, si affastellano l’una dopo l’altra per provare a raccontare con un linguaggio diverso, altro, qualcosa che è stato sin troppo a lungo raccontato con modalità che probabilmente non sono mai riuscite ad esprimere appieno certi aspetti della questione.

Già, perché se Billy è uno schizofrenico che ha ucciso due persone, che afferma di sentire le voci, che si trova attualmente in galera e che da lì cerca, attraverso un rapporto epistolare con la sua vecchia amica (Lawrence Côté-Collins) e regista di questo documentario, di capire e qual è il mistero della sua psiche, che sfugge e si manifesta improvvisamente e senza controllo; beh, per una storia del genere la maggior parte dei documentaristi si sarebbe concentrata sul racconto morboso dell’omicidio (come è avvenuto, chi erano le vittime, che rapporto aveva lui con le vittime) oppure su tentativi sgraziati di riprodurre in maniera diretta la schizofrenia di Billy, magari arrivando ad utilizzare un attore che esibisce espressioni contrite mentre delle voci vengono mandate fuori campo. Nulla di ciò è presente nell’originale documentario di Lawrence Côté-Collins. Questo è un lavoro che non vuole raccontare il funzionamento della schizofrenia, non è interessato al fatto di cronaca in sé, non vuole condannare né assolvere, ma cerca con ogni mezzo di raggiungere un unico fine: l’empatia, la comprensione, la chiarezza e la conseguenza logica delle dinamiche di una mente umana che sperimenta la psicosi della schizofrenia.

Raccontare un personaggio come Billy deve essere anche stata un’esperienza estremamente stimolante: individuo eclettico e geniale, aspirante attore e regista, ragazzo estremamente vitale, loquace, profondo, inquieto e sempre teso a dissezionare la propria posizione sulla realtà, nel contesto sociale, rispetto alla sua identità. Durante gli anni, Billy si è ripreso con una telecamera a lungo e in vari momenti, le sue riflessioni sono acute, ossessive, a tratti sconnesse. Oltre a questi momenti, la regista utilizza anche spezzoni di piccoli cortometraggi realizzati da Billy in cui lui stesso è il protagonista, piccoli lavori brillanti e ricchi di estro, assieme ad altri cortometraggi in cui Billy compare, facenti parte del collettivo di artisti in cui era inserito.

Mentre vediamo queste immagini, la regista ci racconta ciò che era Billy, come era visto dai compagni, come i due si sono conosciuti, e ci racconta anche di lei. Veniamo così a sapere che la ragazza aveva un grosso problema con l’alcol e una personalità fortemente instabile. Dopo un episodio piuttosto grave in cui Billy la aggredisce, i due interrompono i rapporti, ma qualcosa in lei sente un legame ancora intatto, come se attraverso Billy la ragazza potesse capire qualcosa di sé. Per questo, dopo che viene a sapere degli omicidi, decide di scrivergli.

Non nego che il mio sospetto iniziale era quello che la regista volesse in qualche modo sfruttare la tragedia del ragazzo e i suoi legami con lui. Ma man mano che si va avanti, si riesce a percepire l’onestà di questo lavoro e l’inclinazione della ragazza che, suo malgrado, tende a muoversi secondo vettori da lei non stabiliti. L’ultima parte è ambientata nel presente: Billy si trova in carcere e la regista riesce finalmente a vederlo, dopo avere realizzato che, durante la produzione di questo documentario, aveva effettivamente svolto il ruolo di unico intermediario con l’esterno e unica persona alla quale il ragazzo poteva rivolgersi e fare affidamento per poter capire se stesso e smettere di temere il mondo esterno.

Un lavoro molto personale, in cui la regista è anche sceneggiatrice, produttrice e una delle direttrici della fotografia. Si legge nella presentazione di questo doc. che la trattazione visiva mostrerebbe affinità con i lavori di Michel Gondry. Affermazione, per noi, piuttosto inesatta. L’estetica ha dei forti rimandi a quella videoludica degli anni ’90, e le immagini realizzate da Billy (di cui è composto gran parte del documentario) ricorda molto alcune opere underground e documentari Lo-Fi girati con vecchie videocamere VHS o MiniDV. C’è poi tutta la parte composta dalle piccole vignette, in cui interfacce da avventure grafiche si sovrappongono a fotogrammi di Billy renderizzato e animato in stop motion. L’effetto che ne risulta è molto efficace, e se si considera che ogni due o tre minuti una nuova idea visiva viene presentata e una nuova elaborazione visivo-concettuale viene messa in atto, forse dobbiamo ammettere che un tale sovraccarico potrebbe depotenziare l’efficacia del racconto. Non ci sentiamo comunque di farne un appunto vero e proprio. Billy è un bellissimo documentario che consigliamo caldamente e senza riserve.


Billy Regia: Lawrence Côté-Collins; sceneggiatura: Lawrence Côté-Collins; fotografia: Lawrence Côté-Collins, Sophie Lanctôt, Benoit Rodrigue, Billy Poulin, Benoît Poulin, Josiane Lapointe, Pascal Brazeau, Sylvia Demarais; montaggio: Josiane Lapointe, Alexandre Leblanc, Lawrence Côté-Collins, Jules Saulnier (montaggio aggiuntivo); musica: Martin Roy, Luc Sicard; produzione: 9174-5018 Quebec Inc, LC2 Productions; interpreti: (con la partecipazione di) Billy Poulin, Lawrence Côté-Collins, Karen Quessy, Audrey Poulin, Benoît Poulin e la famiglia di Billy; origine: Canada (Québec), 2024; durata: 105 – 107 minuti.

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