43° Torino Film Festival (21-29 novembre 2025): Il protagonista di Fabrizio Benvenuto (Concorso)

  • Voto
2.5


Giancarlo Mangiapane, trentenne fuorisede che vive a Roma, nel quartiere Pigneto (ritratto nel film come un personaggio a sé), è un attore in cerca di un ruolo che sembra non arrivare mai. E per far fronte a questa frustrazione, che vive come una vera e propria ‘mancanza ad essere’, si inventa la scappatoia di recitare un ruolo fittizio nella vita quotidiana. Quasi ogni giorno (ci sono delle sere o delle mattine che invece crolla esausto) diventa qualcun altro: un russo ricco, eccentrico e arrogante che vorrebbe soggiornare in una costosa suite francese di un noto hotel romano; l’amico del figlio appena morto di una madre che ne accetta l’affettuosa consolazione. Altre volte Giancarlo si fa più prossimo alla finzione, calandosi nei ruoli che aspirerebbe a interpretare, ma anche qui non riuscendo mai a trovare la misura che separa la realtà dall’immaginazione. Mangiapane, questo il suo paradossale cognome, se solo pensiamo alle sua difficoltà con il piano materiale, oltrepassa costantemente la soglia e il confine tra recitazione e realtà, tra identità e imitazione, tra idealismo e psicosi. Sembra che qualcosa di difettoso lo stia consumando dall’interno, spingendolo ad allontanarsi da se stesso e in questo modo anche da un rapporto reale e affettivo con gli altri -”sembra che se non si parli di te, tu ti distragga”, gli dice la sua insegnante di tip tap, in momento di verità che lui accoglie con uno stupore quasi infantile.

Eh sì, perché seppure questo piccolo film appaia indugiare troppo negli stilemi della commedia all’italiana più macinata o in quelli della slapstick finto marginale di stanza a Roma-Est, con cadute di tono e di stile che sembrano involontariamente confermare l’assunto di base, ovvero l’impossibilità di trovare una propria espressione, quella di Giancarlo Mangiapane potrebbe, tutto sommato, sembrare proprio un’attualizzazione della vecchia e nobile storia dei personaggi pirandelliani. E cioè l’alienazione da se stessi a causa delle maschere imposte loro da una società che li vuole a tutti i costi allontanare dalla loro vera identità, arrivando in questo modo a produrre una forma di psicosi dove si finisce per condurre il personaggio a non riconoscere più la propria esistenza e a vivere in una dimensione costantemente scissa, altra da sé. Con la conseguenza di avere una grande capacità mimetica, e affabulatoria, ma al tempo stesso una radicale e terrificante (stavolta per gli altri) incapacità di mettersi nei panni altrui, di provare empatia.

Alessio Lapice e Morena Gentile

Giancarlo è infatti tutto questo, e a partire dalla sua omosessualità, rifiutata dalla famiglia e anche da parte del mondo dello spettacolo di cui ambisce il riconoscimento, per finire al provincialismo, che lo insegue, ma lo è in un modo che rimane a mezz’aria, indeciso se considerare il conflitto interiore una effettiva crisi oppure una ennesima farsa. C’è un individualismo di fondo in Il protagonista (forse dichiarato fin dal titolo) che fa il paio con gli eccessi psicologici e visivi di una regia che troppo spesso indugia nel mostrare la dissociazione e l’autoannullamento di Giancarlo nella maschera dell’attore. L’esito a questo punto risulta atteso: dall’esaltazione dell’arte come unica verità, alla morte dell’artista come sola forma di autenticità.

Il regista, calabrese con studi all’Accademia di Belle Arti di Roma, già autore del cortometraggio Il miracolo (2014), menzione ai Nastri d’Argento, e vincitore del Premio Solinas Experimenta Serie nel 2022, qui in Concorso al  Torino Film Festival con il suo esordio nel lungometraggio, tratteggia ambienti che sembra conoscere bene e personaggi con psicologie riconoscibili, trovando nella interessante scelta stilistica del bianco&nero sia una forma di racconto e riscatto dai toni usuali, quando non mediocri, di certa quotidianità, e ricollegandola a quella più gloriosa delle (e del cinema delle) origini, sia uno spazio dove collocare gli estremi della polarità che consuma il protagonista.

Tuttavia la recitazione non sembra più l’elemento della salvezza, allorché è proprio il sotteso bisogno di “redenzione” che probabilmente avrebbe dovuto avere un maggiore scandaglio critico: Giancarlo diventa infatti (ma senza la gioia del ‘divenire’) sia l’effettivo “clochard” del film che avrebbe dovuto interpretare, sia la passione incarnata dal Cristo (con l’implicito “salvifico”). Annientandosi sotto i portici davanti San Pietro, Mangiapane finisce per smarrire non solo la maschera dell’attore ma anche la propria, e fin troppo sospirata, individualità.


Il protagonista – Regia e sceneggiatura: Fabrizio Benvenuto; fotografia: Sebastian Bonolis; montaggio: Stefano Mattacchione; musica: Antonio Magliarella; scenografia: Antonio Magliarella; interpreti: Pierluigi Gigante, Alessio Lapice, Morena Gentile, Adriano Giannini, Elisabetta Ventura, Anna Redi, Ermanno De Biagi, Pierfrancesco Nacca, Josafat Vagni, Matteo Amaturo; produzione: Morena Gentile per MG Production; origine: Italia, 2025; durata: 95 minuti.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *