-
Voto
A bordo di un’arrugginita Renault Espace, Arthur e Diana, fratello e sorella, si mettono in viaggio da Berlino a Parigi. Per Diana il motivo è molto pratico, far revisionare la macchina, appartenuta al defunto padre. Madre protettiva del piccolo bimbo Lupo, che deve portarsi sempre dietro, Diana è abituata a fare i conti con le difficoltà della vita quotidiana. Per questo mettersi in viaggio vuol dire per lei seguire un itinerario prestabilito. Tutt’altro invece per lo sfaccendato fratello. Arthur vuole gettarsi all’avventura per inseguire i suoi sogni infantili: il viaggio è per lui la caccia a un tesoro rimasto sepolto nel suo inconscio, ovvero un piccione d’oro! Le differenze di personalità tra i due congiunti portano a frequenti fibrillazioni, esplosioni di nervi, ma anche a inattesi detour stradali e narrativi. Solo alla fine di questo sgangherato racconto, all’inizio dei titoli di coda, si giunge alla più grossa rivelazione: non solo che Diana è la regista del film, Sara Summa, ma che anche Arthur è il suo vero fratello (Robin), così come Lupo è proprio suo figlio (Lupo Piero).

Cresciuta in Francia da una famiglia italiana e formatasi come regista a Berlino, Summa sembra apparentemente riproporre un itinerario autobiografico. Ma la qualità del risultato finale non deriva da un semplice lavoro di reinvenzione di situazioni familiari, bensì da un composito studio sul look del film: le riprese, girate con tre videocamere, sono state poi riversate in 16mm e ulteriormente rielaborate per la correzione del colore. Se l’uso di anacronistici formati analogici come Betacam e Mini-DV avvicina il film al cinema verité, la grana della pellicola gli conferisce un aspetto trasognante, premonizione allo spettatore per ciò che lo attenderà lungo la strada: apparizioni improvvise, salti temporali, visioni, forse, oniriche. La predilezione per i colori caldi potenzia un naturalismo molto francese, accostabile all’opera di Agnès Varda. E d’altra parte anche questo racconto si slancia alla scoperta della gioia (“Bonheur”) del vivere e del narrare.
La strada, si sa, può essere piena di pericoli, ma mai quanto una forzata reclusione tra parenti. Il viaggio in macchina, incastrando in uno spazio chiuso i due congiunti, fa esplodere tutte le tensioni a lungo represse. Incurante del passato, degli affanni e dei capricci della madre, anche il piccolo Lupo prende il viaggio in questa macchina-giocattolo come un’avventura. Muovendosi lungo lo spazio e il tempo del loro vissuto, la vecchia Renault traccia una nuova, imprevedibile rotta per l’avvenire, e forse anche verso futuri affetti: l’autostoppista Zora con cui Arthur inizia a flirtare; un perduto amore che Diana ritrova in una splendida magione e con cui subito schioccano improvvisi baci. Ma il gioco diventa tutto ad un tratto pericoloso quando si introduce una pistola in un regolamento di conti in famiglia.
La vena comica del film si esprime perlopiù nel contrasto tra gli automatismi della quotidianità e la nevroticità dei personaggi: una tenda impossibile da montare, un bagagliaio troppo riempito, una porta scorrevole che continua ad aprirsi e chiudersi, un fastidioso moscone. Il minimo dettaglio giunge a scuotere la coscienza del soggetto spaesato lungo il cammino. Ma è proprio sviluppando inizialmente la comicità a partire dal profilmico che la regista riesce poi a sorprendere ulteriormente lo spettatore con inusuali zoom, dettagli o primi piani che sanno cogliere il minimo cambiamento di vibrazione o il più assoluto straniamento dalla situazione. Giunti alla stazione finale, i volti sconosciuti si moltiplicano, così come gli abbracci. In fondo, si può compiere l’impresa della convivenza solo accettando la gratuità dei fortuiti incontri che la strada ti presenta davanti, solo accogliendo la leggerezza dell’avventura.
Arthur & Diana – Regia e sceneggiatura: Sara Summa; fotografia: Faraz Fesharaki; montaggio: Sara Summa; scenografia: Paula Meuthen; musiche: Ben Roessler; interpreti: Lupo Piero Summa, Robin Summa, Sara Summa, Livia Antonelli, Claire Loiseau, Benjamin Schwinn, Ugo Fiore, Herward Dunkel, Karine Revelant, Fatah Boudia; produzione: Cecilia Trautvetter e Lisa Roling per Deutsche Film- und Fernsehakademie Berlin, co-prodotto da Rundfunk Berlin- Brandenburg; origine: Germania, 2023; durata: 108 minuti.
