Shōgun di Justin Marks e Rachel Kondo (Golden Globe – migliore serie drammatica)

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Già dopo la prima settimana di messa in onda, che pare aver collezionato un numero impressionante di visualizzazioni in tutto il mondo (si parla di circa 9 milioni di spettatori), cosa sorprendente per una serie in costume ambientata nel Giappone feudale, Shōgun si era guadagnata la messa in produzione di altre due stagioni. Ben prima, cioè, della recente incetta di premi ai Golden Globe 2025 (miglior serie drammatica; miglior attore: Hiroyuki Sanada; miglior attrice: Anna Sawai; miglior attore non protagonista: Tadanobu Asano). Sorprendente, scrivevamo, perché ambientazione e argomenti potevano rischiare di non avere il giusto appeal presso il grande pubblico.

E’ l’anno del Signore 1603 (durante il quale, storicamente, è collocata la nascita dello shogunato Tokugawa) e il Giappone è da lungo tempo dilaniato da continue guerre civili, rischiando di precipitarvi nuovamente a seguito della morte dell’Imperatore. La fede cattolica è arrivata nel regno già da una cinquantina d’anni, attraverso i canali commerciali instaurati con il Portogallo e l’instancabile opera di evangelizzazione attuata dalla Compagnia di Gesù. Un intreccio inestricabile di interessi tra fede, proselitismo e denaro. In attesa che il legittimo erede al trono divenga sufficientemente grande per assolvere i propri compiti, il paese vive in una sorta di stallo politico in procinto di lacerarsi da un momento all’altro. Nel tentativo di preservare la pace nel regno, come suo ultimo atto, il morente imperatore decide di costituire il Consiglio dei Reggenti, nobili feudatari cui è affidato il compito di governare il Paese. Tra di essi spicca il nobile Yoshii Toranaga (Hiroyuki Sanada, giustamente premiato) – alter ego fittizio dello Shogun Tokugawa Ieyasu, fondatore dell’omonimo shogunato, cui si deve uno dei più lunghi periodi di pace del regno – genuinamente preoccupato per le sorti del regno, ma avversato dai restanti reggenti, di cui il più ambizioso e agguerrito è senza dubbio Ishido Kazunari (Takehiro Hira), che brama per sé il potere e vuole togliere di mezzo Toranaga. A sparigliare le carte sul tavolo, per il consiglio dei Reggenti, per la Chiesa e per l’impero portoghese, giunge il pilota di nave inglese John Blackthorne (Cosmo Jarvis) a bordo del veliero Erasmus, il primo non portoghese, protestante per giunta, ad approdare in Giappone. Toranaga, da fine stratega militare e grande tessitore di trame politiche qual’é, ne intuisce da subito il grande valore, e lo affianca a Lady Mariko (Anna Sawai, strepitosa) destinata a fargli da interprete e ad iniziarlo agli usi e ai costumi del popolo giapponese. Tra i due, come ovvio, nascerà presto una reciproca attrazione, sebbene lei sia già sposata col rude guerriero Buntaro (Shinnosuke Abe) e abbia alle spalle un’infanzia dolorosa e tormentata.

Che la serie sia tratta dall’omonimo romanzo di James Clavell edito nel 1975, ispirato a fatti storici realmente accaduti e già adattato per la TV nel 1980, con protagonisti Richard Chamberlain e Toshirô Mifune, è cosa ormai nota ai più. Meno note, probabilmente, sono le ragioni del suo successo.

Questo lungo Jidaigeki diviso in dieci episodi è, evidentemente, un Blockbuster televisivo ad altissimo budget – alcune fonti parlano di un budget di circa 250 milioni di dollari – sul modello di quanto già visto per Il trono di spade, altra celeberrima serie televisiva cui sovente Shōgun  viene accostata, forse un tantino di fretta. Alla serie HBO, basata sui romanzi di George R.R. Martin, Shōgun è accomunata da una scrittura di grande livello, sia nella costruzione dei numerosi personaggi, tutti tratteggiati in modo minuzioso, che nello sviluppo di un intreccio che rappresenta gli intrighi di palazzo come specchio delle debolezze umane, della fascinazione per il potere che taluni si illudono di irretire, rimanendone sovente schiacciati. Ma, al di là di questa ovvia vicinanza, la serie ideata dai coniugi Justin Marks  – già coinvolto, leggiamo su IMDb, in pellicole come Il libro della Giungla (2016) e Top Gun Maverick (2022) – e Rachel Kondo, non insegue il “realismo” spettacolare, a volte eccessivo e compiaciuto, a volte truce, della serie ideata da Benioff e Weiss, preferendogli, semmai, ritmi meno concitati che lasciano maggior respiro ai personaggi, non sottratti al tempo storico per essere ricollocati in più comodo universo fantastico. Al contrario, è proprio la loro collocazione in coordinate storiche, geografiche e sociali ben precise a costituire uno dei meriti maggiori della scrittura di questa serie. La sua meticolosa ricostruzione storica si è dimostrata capace di evitare quelle incertezze che spesso, per una produzione occidentale, si presentano come inevitabili scivoloni.

Come rivelato da Hiroyuri Sanada, anche produttore della serie, questo risultato è stato raggiunto, pur in una necessaria semplificazione nella rappresentazione di una cultura altrimenti aliena, grazie all’utilizzo di maestranze nipponiche specializzate nella realizzazione di Jidaigeki, ma anche, evidentemente, di un nutrito numero di consulenti storici (aggiungiamo noi). La bellezza e la verosimiglianza sia delle sequenze di azione che di quelle ambientate presso la corte di Osaka, oppure presso il villaggio di pescatori ove regna Yabushige (Tadanobu Asano, bravissimo nel rendere il carattere complesso di questo personaggio, comico e tragico al contempo) non sarebbero potute essere realizzate senza il poderoso lavoro di ricostruzione fatto dalla  scenografa Lisa Lancaster, e, soprattutto, dal costumista Carlos Rosario (che avrebbe meritato un premio).

Hiroyuki Sanada e Anna Sawai

Quello che ci viene presentato non è solamente un popolo prigioniero di sterili cerimoniali e di un senso dell’onore esagerato, bensì un popolo profondamente consapevole dell’ineluttabilità di un destino (shukumei) che per ciascuno di loro traccia un sentiero, come i solchi disegnati nella sabbia dei giardini zen che ne abbelliscono le abitazioni.

“Viviamo e moriamo, controlliamo solo questo” si sente spesso ripetere dai protagonisti.

Un universo su cui aleggia un’aura di perturbante inconoscibilità, nascosto in piena vista agli occhi dell’occidentale Blackthorne, quasi fosse avvolto, come accade per gli splendidi paesaggi, da una nebbia perenne.

Tanto più risultano ostentatamente elaborati i cerimoniali cui uomini e donne aderiscono in qualsiasi atto della vita quotidiana, tanto più ermetici risultano le persone che li compiono.

“Ogni uomo possiede tre cuori” dirà a un certo punto Lady Mariko “Uno da mostrare in pubblico, uno riservato solo agli amici, uno, il più importante, che rimane segreto, al riparo dalle insidie del mondo esterno”.

Una serie che non mette solamente in discussione le colpe – remote per alcuni – del passato coloniale delle nazioni occidentali, o la loro presunta centralità storica, ma che, attraverso lo spaesamento di cui si fa carico il personaggio interpretato da Cosmo Jarvis (niente affatto il protagonista della serie e, forse non a caso, la più debole delle prove attoriali tra i ruoli principali), parla anche del nostro tempo e della perdita di centralità che il mondo occidentale patisce in questo complicato scorcio di secolo.

Da vedere assolutamente.

Su Disney+


Shōgun  –  Showrunner: Justin Marks, Rachel Kondo; regia: Frederick E.O. Toye, Jonathan van Tulleken, Charlotte Brändström, Takeshi Fukunaga, Hiromi Kamata, Emmanuel Osei-Kuffour; sceneggiatura: Maegan Houang, Rachel Kondo, Justin Marks, Emily Yoshida, Shannon Goss, Matt Lambert, Caillin Puente; fotografia: Sam McCurdy, Christopher Ross, Marc Laliberté, Aril Wretblad; montaggio: Maria Gonzales, Aika Miyake; musica: Atticus Ross, Leopold Ross, Nick Chuba; scenografia: Lisa Lancaster; costumi: Carlos Rosario;  interpreti: Hiroyuki Sanada, Cosmo Jarvis, Anna Sawai, Tadanobu Asano, Takehiro Hira, Tommy Bastow, Fumi Nikaido, Paulino Nunes; produzione: Jamie Vega Wheeler, Eriko Miyagawa, Hiroyuki Sanada, Erin Smith, Tom Winchester per Gate 34, Michael De Luca Productions, FX Productions; origine: USA, 2024; durata: dieci episodi di 53-70 minuti; distribuzione: Star (Disney+).

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