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Voto
Un paesaggista guardando dalla giusta distanza le montagne, può descriverle, indicando i nomi delle singole cime, le altezze, le forme. Ha uno sguardo d’insieme che forse non gli permetterà di scalarle, perché in quella conoscenza non sono comprese le asperità, le difficoltà di un passo, quel tipo di esperienza che consenta una scelta. Dal canto suo, un alpinista sa come muoversi, centimetro per centimetro, cogliendo le rugosità e le insidie di una parete. Lui, però, non è detto che allontanandosi da quel pendio potrà ritrarre con estrema precisione il saliscendi dell’orizzonte.
A chi assomigliano, dunque, i due personaggi di Luce, il secondo lungometraggio di Silvia Luzi e Luca Bellino? Sappiamo che si sono attribuiti, tra incertezze e prese di posizione, il ruolo di Figlia e Padre. Che si parlano attraverso un cellulare recapitato, illecitamente, da un drone. Che lei lo cerca (indecisa poi se rifiutarlo o accoglierlo) e che lui si fa trovare. Che lui, nell’isolamento del carcere, incrocia la solitudine esistenziale di lei. Nessuno dei due può definirsi paesaggista o alpinista. Non hanno lo sguardo d’insieme e non possiedono quello ravvicinato. Eppure, le circostanze della vita hanno portato lei e lui a una forma di relazione a una distanza imprecisata, non misurabile.
Simili alla figura dell’alpinista, sono invece Luzi e Bellino con la loro videocamera che coglie ogni irregolarità del volto di Marianna Fontana, la Figlia, il corpo sull’orlo di implodere che non trova più, oltre al suo gatto, una corrispondenza col mondo circostante. I due filmmaker (con un passato da documentaristi) sono talmente vicini alla protagonista che tutto il resto risulta fuori campo, quasi assente. Chi osserva è sollecitato a immaginare. Allo spettatore, e non al cinema, è affidato il compito di rendere visibile ciò che è invisibile.

Luce è un film di sentimenti irrisolti in un ambiente (una reale conceria di Solofra nella Valle dell’Irno dove Fontana ha veramente lavorato) come tanti ve ne sono al mondo, dove ogni forma di emotività è bandita e avvertita come un ostacolo alla produttività. Ci sono dei turni da rispettare, dei pezzi da consegnare, dei tempi nel quale il pensare non è un’attività richiesta. Per avere in cambio cosa? Poco denaro per tornare il giorno dopo a fare esattamente la stessa cosa, per accettare di essere mera funzione. È in questa intollerabile catena, che allude sia alla circolarità sia al vincolo, che entra in gioco la voce del Padre, a sua volta incastrato in un meccanismo ossessivamente ripetitivo e coercitivo.
Come nel precedente Il cratere (2017), con il padre che allestisce una vera e propria cabina di regia dove controllare per mezzo di videocamere i movimenti della figlia, anche in questo secondo lungometraggio, la tecnologia ha un ruolo importante perché, come anticipato, è attraverso un drone e un cellulare che la Figlia riesce a stabilire un contatto. Uno dei paradossi raccontati da Luzi e Bellino. Dentro una società dotata di strumenti di controllo, più o meno potenti, non sappiamo comunque niente di chi osserva e di chi è osservato. Vediamo il corpo di una donna che si dimena, che scappa e si lascia prendere, che ride e piange, che balla e sembra paralizzato. Ascoltiamo la voce di un uomo che manifesta sentimenti contraddittori, tra minacce e promesse, illusioni e disillusioni, amori e odi, parole dolci e amare. Oscillazioni continue, come se la vita colta sul fatto non si lasciasse ingabbiare. La pretesa documentaria di pedinare la realtà, di ricomporla attraverso una sceneggiatura, non sortisce l’effetto di un disvelamento, di un’illuminazione…non si fa «luce». Ciò che era oscuro rimane oscuro. E noi, come la Figlia e il Padre a cercare un sentimento per attraversare, cercando di non cadere, la vita.
In sala dal 23 gennaio 2025
Luce – Regia: Silvia Luzi e Luca Bellino; sceneggiatura: Silvia Luzi e Luca Bellino; fotografia: Jacopo Maria Caramella; montaggio: Silvia Luzi e Luca Bellino; musica: Stefano Grosso, Alessandro Paolini; suono: Paolo Benvenuti, Daniele Sosio; interprete: Marianna Fontana; voce: Tommaso Ragno; produttrice: Donatella Palermo; produzioni: Bokeh Film, Stemal Entertainment con Rai Cinema origine: Italia, 2024; durata: 95 minuti; Distribuzione: No.Mad Entertainment.
