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Aymeric Bailly (Karim Leklou) è un uomo buono dal fisico curioso, occhi enormi spalancati sul mondo. Impiegato precario nei supermercati della zona dove vive, fotografo per passione, cuore puro. Per ingenuità finisce a rubare in una villa con degli amici scapestrati, ne paga le conseguenze finendo in carcere per poco tempo. All’uscita di un concerto incontra una vecchia amica, Florence (Laetitia Dosch), bella e disinvolta, espansiva, libera nei modi e nei pensieri, incinta di sei mesi. Finiscono a letto. Della nudità gravidica Aymeric dirà che ha fatto sesso cubista, che la vedeva da davanti, da dietro e di profilo tutto nello stesso momento. La donna si racconta: il padre del bambino non c’è, ha già una famiglia, due figlie, non è interessato a crearne una nuova, lei è e resterà sola al momento della nascita (È raro l’amore nella vita, no?). Aymeric si offre, Florence accetta di buon grado, in maniera naturale. Al parto Aymeric si emoziona al punto da approfittare della bombola di ossigeno destinata alla partoriente, ma ha il coraggio di tagliare il cordone ombelicale: nasce Jim, di cui diventerà subito padre acquisito, non biologico. Pur non avendo legami di sangue col bambino l’uomo diventa immediatamente un padre attento, premuroso, lo nutre col biberon quando la madre non ha più latte, partecipa come un compagno di gioco. La famigliola si trasferisce vicino alla madre di Florence, la nonna Monique, tra le montagne dell’ Haut Jura ai confini con la Svizzera, nel mezzo di un parco naturale, davanti a panorami mozzafiato, nel villaggio di Bellecombe.
Ad un anno, quando inizia a parlare, il piccolo Jim chiama Aymeric papà. Dopo una conversazione avuta a tavola con altri, Florence chiede ad Aymeric se davvero vorrebbe fare un fratellino a Jim. L’uomo dice di no, che gli sembrerebbe di tradire Jim: per la prima volta Flo posa davanti alla sua macchina fotografica. Dopo qualche anno, tutto d’un tratto, si presenta Christophe, il padre biologico del bambino: sei mesi prima, in un incidente d’auto, sono morti la moglie e le due figlie, è un uomo solo, disperato, non si dà pace di non essere salito anche lui su quella macchina. Jim lo conosce come amico della madre, lo soprannomina il vedovo. Durante una passeggiata in quota Aymeric decide che è arrivato il tempo di dire a Jim, che ha ormai sette anni, la verità: spiega che Christophe ha messo il seme nel ventre della madre, che esistono due padri, colui che ha messo il seme e colui che si prende cura. Il bambino chiede se deve chiamare anche l’altro papà, Florence dice che non è obbligato a farlo. La paternità condivisa è difficile, Aymeric e Florence non sono sposati, Aurèlie, la sorella minore di Aymeric che vive a Lione, è preoccupata, lui confessa che non sono più felici, lei gli dice che davanti a un tribunale lui non ha nessun diritto sul bambino, verrebbe subito escluso dalla vita di Jim.

Aymeric torna a vivere in città dove si mette a lavorare in una pasticceria. Florence gli propone di diventare il padrino di Jim, l’uomo perplesso le chiede: Non scendo di grado da padre a padrino? Florence lo adula, è caratterialmente una seduttrice, vuole tutto a modo suo, lui non ha mai detto di no a nessuna sua proposta, pende dalle sue labbra per amore del piccolo e per indole pacifica. Alla festa dopo la cerimonia Florence gli comunica che ha deciso di andare a vivere in Canada con Christophe, rifarsi una vita lì loro tre, la famiglia di sangue, lui potrà andare a trovarli spesso, ogni volta che gli sarà possibile. Aymeric è fuori di sé, si sente preso in giro, tagliato fuori, va in camera di Jim che sta dormendo, si affaccia alla finestra, guarda la notte. Il piccolo si sveglia: Che fai, papà? Aymeric: Ascolto gli spiriti della foresta. Poi, come preda di un raptus, gli dice di preparare la valigia, ha in mente di fuggire col bambino. Irrompe nella stanza Florence, il piano naufraga, forse sarebbe andato a monte lo stesso, non è nelle corde di Aymeric un’azione illegale e violenta del genere. Dall’aeroporto il piccolo lo chiama: Sei tu il mio vero padre.
Poi passano gli anni, passa la vita, i chilometri che separano la Francia dal Canada sono tanti, il volo costa troppo per un lavoratore precario, Florence blocca il numero di telefono, Aymeric non ha più nessuna notizia. Resta solo, lavora, fotografa matrimoni, frequenta la sorella che fa la d.j. in feste private e serate nei locali, che gli dice: Avremmo dovuto ucciderli entrambi – scherzando ma, sotto sotto, esplicitando un desiderio. Nel cuore di Aymeric restano uno spazio pieno, un ricordo, una ferita, migliaia di fotografie dei primi sette anni di Jim.
Con leggerezza e libertà di sguardo simile a quelle del protagonista, magistralmente interpretato da Karim Leklou (che ha vinto il César come migliore attore), i due registi fratelli Arnaud Larrieu e Jean-Marie Larrieu trasportano sullo schermo l’omonimo romanzo di Pierric Bailly (inedito in Italia), una storia possibile, come altre, narrata in maniera lineare, senza picchi, con profondità di indagine nei sentimenti del protagonista, un uomo speciale, fuori dal tempo, lontano dalla mascolinità tossica, sensibile come un bambino, capace di crescere un figlio non suo, meglio di tanti padri biologici. Film lontano dalle urla contemporanee, discreto, impalpabile, con una grande grazia insita nella scrittura e nella recitazione, cast perfetto (primari e comprimari). Finale bellissimo. Ci auguriamo che qualcuno lo compri anche per l’Italia
Le roman de Jim – Regia e sceneggiatura: Arnaud Larrieu, Jean-Marie Larrieu; fotografia: Irina Lubtchansky; montaggio: Annette Dutertre; musica: Bertrand Belin, Shane Copin; interpreti: Karim Leklou, Laetitia Dosch, Sara Giraudeau, Bertrand Belin, Noée Abita, Andranic Manet, Suzanne De Baecque, Robinson Stévenin, Eol Personne, Mireille Herbstmeyer, Sabrina Seyvecou; produzione: SBS Productions, ARTE France Cinéma; origine: Francia, 2024; durata: 101 minuti.
