Esporre il Cinema V° Edizione: “Dietro la scena, dentro il set dell’umano: Marja-Leena Hukkanen – Aki Kaurismäki”

Marja-Leena Hukkanen

“Dietro la scena, dentro il set dell’umano. Marja-Leena Hukkanen Aki Kaurismaki” è il denso titolo di una magnifica mostra di fotografie di scena di Marja-Leena Hukkanen, collaboratrice storica di Aki Kaurismaki, in corso in questi giorni a San Giovanni Valdarno e assolutamente da non perdere: oltre cinquanta scatti, facenti parte della serie “Shadows in Paradise”, che con puntualità e rigore illuminano i set del regista finlandese e insieme offrono un focus espanso sul potlàc comunitario sprigionato ogni volta dai luoghi kaurismaniani popolati di umani, animali, specchi irregolari e fuochi d’artificio di sconosciuta specie.

Curata da Armando Andria (anche uno dei curatori della bella retrospettiva sul cinema di Moshen Makhmalbaf in corso proprio in questi giorni a Napoli), Laura Vittoria Cherchi e Gabriele Monaco, l’esposizione fa parte del progetto “Esporre il cinema”, sorta di spin off del Premio Marco Melani –quest’anno assegnato appunto a Kaurismaki – che, inaugurato lo scorso 17 maggio negli spazi di Casa Masaccio, primaria casa del contemporaneo facente parte del Sistema museale del Valdarno, andrà avanti fino al 27 luglio 2025.

Come vividamente è suggerito dal bel testo, a cura di Cherchi e Monaco, presente nel Catalogo, «nel cinema di Aki Kaurismaki il set sfugge all’ovvia e limitante marchiatura di ambiente della messa in scena”, in quanto  “l’alchimia di cui è capace il regista finlandese lo trasfigura nella dimensione dell’autenticità a partire dall’abracadabra del suo principio intoccabile «quando qualcuno si mette visibilmente a recitare, allora io do lo stop». Ed è in questo spazio orizzontale, fatto di esistenze e di relazioni di amicizia, di uno stile visivo acceso e insieme malinconico, che Hukkanen sviluppa la sua produzione di scatti che, a partire dalla scena di Calamari Union, arriva fino a quella di Foglie al vento. Un gioco di specchi, affinità e risonanze con cui convocare, tramite ognuna delle sue cinquanta immagini fisse disposte nelle sale della splendida dimora masacciana, l’invenzione del tempo e del movimento così pregnante nel cinema di Kaurismaki. L’allestimento della mostra prevede un campo- controcampo, o meglio un dialogo tra le fotografie di scena e quattro montaggi tratti da praticamente tutti i film di Kaurismaki (al montaggio video Damiano Monaco), i quali, trasmessi in loop su degli schermi disseminati in tutte le sale coinvolte nella mostra, finiscono per tracciare traiettorie stratificate e sorprendenti vicine alle esperienze eterogenee tipiche del cinema esposto. I luoghi di Kaurismaki individuati nei quattro montaggi, “Gli interni domestici”, “Il lavoro”, “Il bar”, “Il palcoscenico”, diventano in questo modo dei detonatori per scorribande libere in spazi plurali affollati di “colleghi, amici, avventori e amanti”. Posti ospitali dove passare il tempo al di là di ogni imperativo all’utile e al conformismo, magari ascoltando un po’ di musica live in forma rigorosamente e imprevedibilmente diegetica – veri e propri momenti iconici che costellano il cinema di Kaurismaki.

Fotografia di scena dal set di Foglie al vento

All’inaugurazione, oltre ai curatori, hanno partecipato gli studiosi Rinaldo Censi e Anna Masecchia. Quest’ultima, con una interessante apertura teorica, ha messo in evidenza come l’”andare a una mostra che espone le fotografie di scena ci obbliga a tenere uno sguardo critico perché quelle fotografie sono già una interpretazione”. Ecco che in questo senso – vale a dire in virtù di questa postura intellettuale della fotografia di scena, oltre che grazie alla “sincerità” dei mondi kaurismakiani già evidenziata da Cherchi e Monaco -, gli scatti di Hukkanen ci fanno stare dentro il cinema di Kaurismaki e allo stesso tempo ci inducono ad attivare uno sguardo differente, “uno sguardo politico”. Si tratta, allora, anche di qualcosa che ha a che fare con il prendere coscienza, in tal modo ponendo l’esperenziale, l’estetico e il politico nell’alveo di una dimensione etica e percettiva il cui presupposto, come suggerisce Andria, risiede nel sabotare le maschere, gli stereotipi e ogni gesto, o movimento di macchina, governato da pretese di dominio. Così che con passo privo di retorica e in una viandanza immancabilmente ebbra, intravedere, tra le ombre di un paradiso, Aki Kaurismaki, Marco Melani e un jukebox.

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