Squid Game 3 di Hwang Dong-hyuk

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E stavolta siamo alla fine. Gli ultimi appassionanti episodi conclusivi della serie-evento dell’anno sono qui. Riprendiamo subito le fila di dove eravamo rimasti: la rivolta di Gi-hun è fallita miseramente. Dopo un sanguinoso scontro che ha visto una dura repressione dei ribelli guidati da lui, i giochi riprendono, naturalmente previa votazione, come stabilisce la nuova regola. A questo punto, i favorevoli sono nettamente superiori ai contrari, dato che questi ultimi sono stati per metà massacrati. Gi-hun viene ammanettato e si riparte con la carneficina.

Tre nuovi giochi, tesissimi e crudeli, sono pronti a mostrarsi e deliziarci con il loro sfoggio di violenza, sadismo e colorata allegria.

Squid Game è sempre una pietanza prelibata, i suoi punti di forza rimangono e si confermano tali. È una di quelle serie di cui puoi tranquillamente guardarti sei episodi uno dietro l’altro senza mai fermarti. Non è questa una cosa che si possa dire di tante altri serial. Certo, non è un merito nel senso assoluto del termine, sono solo necessari alcuni ingredienti specifici, ben dosati, (altrimenti il binge watching si associa alla nausea da junk series, fortunatamente non è questo il caso), Squid Game li ha già individuati sin dalla prima stagione. Magari alcune trovate dopo un po’ di utilizzi cominciano a mostrare segni di affaticamento; Vincenzo Natali disse a proposito del suo The Cube: “ho già rosicchiato tutto quello che c’era da quell’osso, non c’è nulla da tirarci fuori ormai”, eppure sono stati fatti tre discreti sequel; figurarsi quanto si poteva andare avanti con una formula alla Battle Royale come quella di Squid Game (che ha prodotto però, non dimentichiamolo, anche orrori come il reality americano che porta il suo nome).

La curiosità di vedere come finisce l’intera saga cresce, ma la ragione per cui si continua a guardarlo rimangono i giochi. Il primo a venire presentato è una specie di sanguinoso nascondino in cui due squadre si fronteggiano. I Rossi uccidono, i Blu scappano. Sempre più essenziale, sempre più brutale.
Spoiler – Vediamo in questo gioco la dipartita di uno dei pochi personaggi veramente riusciti di questa seconda stagione, ossia il transgender Cho Hyun-ju, che si sacrifica per salvare purtroppo il personaggio meno interessante di sempre: Kim Jun‑hee, il giocatore 222. Ma Kim Jun‑hee deve essere salvata perché il bambino che partorirà dovrà rappresentare l’elemento cruciale di sacrificio e redenzione attorno al quale ruoterà (sigh) tutta la storia e la morale di Gi-hun.- Fine Spoiler

Eh già, purtroppo il nostro Gi-hun non ride più, ormai, ma nemmeno parla. Nelle sei puntate di questa terza stagione, gli è stata assegnata a malapena una pagina di dialoghi. Si limita a guardare in cagnesco prima un personaggio, poi l’altro, poi un punto indefinito, che ovviamente sta a indicare il suo nemico giurato: Frontman. (Sì, i due si incontreranno, e ci sarà la rivelazione, quella rivelazione).

L’interesse per la sorte di Kim Jun‑hee è talmente basso che ogni volta che un personaggio viene sacrificato a causa sua, ci si ritrova sempre più irritati. E i tre personaggi che si sacrificano o perdono la vita a causa del giocatore 222, sono ben più validi e interessanti.

Come al solito, Squid Game non si fa scrupoli nel tagliare con l’accetta la morale dei personaggi: i buoni restano buoni, i cattivi lo sono fino in fondo. E poi ci sono gli altri: i ciarlatani, i codardi, i pazzi furiosi, che non sono controllabili né dalla legge dell’umanità né da quella del profitto. Come Park Min‑su (Giocatore 125) e Nam‑gyu (Giocatore 124), entrambi personaggi del potenziale ben poco sfruttato. Infine c’è Frontman, Giuda supremo, reo del peccato più grave, che osserva da vicino Gi-hun per cercare in lui quella redenzione alla quale lui stesso non è riuscito ad accedere con le sue forze. Ad ogni modo, nessun personaggio evolve realmente e passa da una condizione all’altra.

Anche il secondo gioco, un grottesco salto della corda, e il terzo, Squid Game per aria, non deludono. La scelta di chi lasciare vivo per ultimo funziona bene. Anche se avrei voluto vedere altri personaggi, i tre (non diciamo chi sono) rappresentano fulcri di colpi di scena e dinamiche di potere che oscillano continuamente ed il dispositivo della suspense fila che è una meraviglia.

La presenza della neonata introduce un elemento di morale edificante che, in un contesto di tale crudele e sublime spietatezza, avremmo volentieri evitato. In un momento in cui l’essere umano viene mostrato nella sua nuda pulsione simbolica alla violenza, soggiogato dalla paura e dall’istinto più primitivo di sopravvivenza, l’istinto di protezione diventa un espediente fin troppo comodo per innalzare l’eroismo a forza narrativa dominante.

Ma attenzione, nonostante questo elemento, il messaggio finale di Squid Game si rivela, a conti fatti, estremamente cupo e ben poco fiducioso nei confronti dell’umanità. Dalle scelte dei giocatori emerge, più volte, nitida ed incontestabile, l’assoluta devozione nei confronti di un’avidità senza scrupoli, accecante dall’attrattiva profonda e stritolante.

Passiamo anche molto più tempo, in quest’ultima stagione, assieme al vero committente: cinque personaggi mascherati, estremamente facoltosi, che guardano e commentano i giochi dall’alto, all’interno di un lussuosissimo salone adibito per loro. Ebbene, questi cinque sono imbarazzanti ogni volta che aprono bocca. Parlano un inglese artefatto e fasullo, sembrano i cattivoni di un cartone animato partorito  dalla fantasia di un ragazzino di prima media. Con improbabili voci da sadici lascivi sciorinano frasi e battute dozzinali pensate per esprimere il loro disprezzo verso l’umanità, Questi individui rappresentano, nella loro caratterizzazione risibile, una ben debole critica alla società dei super ricchi. Non è la prima volta che una serie asiatica ritrae i personaggi occidentali come un concentrato grottesco di stereotipi caricaturali, e viene il sospetto che non sia affatto casuale. In ogni caso, questi cinque risultano patetici, e ogni scena in loro compagnia è una vera sofferenza.
Detto questo, Squid Game rimane Squid Game nella sua essenza. Con le sue trovate geniali, le sue sferzate di accelerazione nelle scene d’azione, che vengono sempre collegate a un contesto emotivo e si tramutano in momenti di pathos estremamente avvincenti. Ci siamo divertiti. Ci siamo un poco commossi. Lo salutiamo senza rimpianti.
Probabilmente lo rivedremo, ma questo ciclo, e non vi diciamo perché, stavolta si è chiuso davvero.

Su Netflix dal 27 giugno 2025.


Squid Game – Stagione 3 Regia: Hwang Dong-hyuk; fotografia: Lee Hyung-deok; musiche: Jung Jae-il; Interpreti principali: Lee Jung-jae (Seong Gi-hun / Player 456), Lee Byung-hun (Hwang In-ho / The Front Man / Player 001), Wi Ha-joon (Hwang Jun-ho), Im Si-wan (Lee Myung-gi / Player 333), Kang Ha-neul (Kang Dae-ho / Player 388), Park Sung-hoon (Cho Hyun-ju / Player 120), Yang Dong-geun (Park Yong-sik / Player 007), Kang Ae-sim (Jang Geum-ja / Player 149), Jo Yu-ri (Kim Jun-hee / Player 222), Park Gyu-young (Kang No-eul / Guardia 011), Chae Kuk-hee (Seon-nyeo / Player 044), Lee David (Park Min-su / Player 125), Roh Jae-won (Nam-gyu / Player 124), Jun Suk-ho (Woo-seok), Park Hee-soon (Black Guard), Lee Jin-wook (Park Gyeong-seok), Lee Seo-hwan (Jung-bae), Won Ji-an (Se-mi), Choi Seung-hyun (Thanos), Kim Si-eun (Kim Young-mi); produzione: Siren Pictures Inc.; in collaborazione con Netflix; origine: Corea del Sud, 2025; durata: 6 episodi (ca. 60 min ciascuno); distribuzione: Netflix.

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