Jane Austen ha stravolto la mia vita di Laura Piani

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Inizio con una confessione che probabilmente mi alienerà le simpatie di molti/e: Jane Austen non mi ha mai interessato granché, io la penso esattamente come Olivier (Charlie Anson) uno dei co-protagonisti del film, peraltro suo lontanissimo discendente (vedi sotto): “I just think her work is a little  overrated”. Ma il mio giudizio o forse pregiudizio non deve incidere sulla valutazione del film che viene distribuito in Italia a un anno esatto di distanza dalla sua prima al Festival di Toronto. Il film tradotto per una volta alla lettera s’intitola Jane Austen ha stravolto la mia vita ed è il film di esordio della regista còrsa Laura Piani, nota fin qua solo come sceneggiatrice per il cinema e per la TV (l’edizione francese della serie canadese Plan B).

Agathe (Camille Rutherford) gestisce insieme all’amico Félix (Pablo Pauly) la celeberrima libreria Shakespeare & Company, una libreria, com’è noto, realmente esistente a Parigi, in Rue de la Bûcherie nel V Arrondissement, vulgo Rive Gauche. Sappiamo che la stessa regista ha lavorato proprio lì, ma confesso che la cosa m’innervosisce, perché è solo la prima di una quantità impressionante di citazioni topografiche, letterarie, musicali che fin da subito suscitano una sensazione di name dropping volto a vellicare il pubblico (aggiungo: soprattutto femminile) di quel che resta della borghesia colta. Non potevano scegliere un’altra libreria? Vabbè.

Camille Rutherford

Agathe è una donna sostanzialmente infelice e depressa per tre diverse ragioni: 1) non si è ripresa dalla morte del padre e della madre durante un incidente stradale, Agathe era seduta dietro e non si è fatta nulla (sindrome del sopravvissuto); 2) la sua vita sociale, affettiva non esiste, vive con la sorella e con il nipotino, su cui riversa attenzioni e affetto (ma si capisce che è un surrogato); 3) vorrebbe scrivere ispirandosi all’amata Jane Austen (che viene citata a ogni pie’ sospinto, non c’è situazione della vita che non si possa glossare una frase della scrittrice, una specie di Frate Indovino della letteratura) ma non brilla di talento, e comunque le poche cose (probabilmente un po’ cheap, una specie di Austen al ribasso) che riesce a cominciare non le finisce mai.

In questo disastro si “immischia” Félix che spedisce, all’insaputa di Agathe, i primi capitoli del suo ultimo tentativo di scrivere un romanzo alla commissione deputata a invitare scrittori ma soprattutto scrittrici alla Jane Austen Residency, i cosiddetti “writer in residence” (peraltro: la residenza non è quella vera, ma una Residency del genere esiste davvero, e ospita davvero scrittori in residenza). Alle tre ragioni che inducono Agathe a uno stato depressivo se ne aggiunge adesso una quarta: date le premesse, come non essere affetti anche dalla cosiddetta “sindrome dell’impostore”, vista la scarsa qualità e anche quantità di quanto scritto fin qui dalla protagonista? E infatti la protagonista parte senza neanche un piccolo sorriso sulla bocca – e a proposito di bocca: prima di partire Félix e Agathe si sono baciati.

Ma il destino, ah il destino, le offre una o più opportunità da qui in avanti, che possono liberarla da uno o più blocchi/traumi fra quelli testé elencati. Arriverà l’amore? E chi sarà il fortunato? Riuscirà Agathe a scrivere qualcosa di sensato? Sarà in grado la protagonista di risalire su una automobile dopo l’incidente? Non riveliamo quel che succede.

Diciamo semplicemente che quello che il film ha da dire avrebbe potuto dirlo in modo molto più rapido, ché il film è pieno, pienissimo di riempitivi. Ne elenco alcuni: le passeggiate nel bosco circostante con tanto di incontro con una coppia di lama (!) , la gitarella dei writers al pub con tanto di karaoke, i rapporti con gli altri/con le altre writers in residence, senza che non emerga nessun personaggio di un qualche interesse, le citazioni letterarie a tutta randa; e poi musica, musica, musica (Schubert fino allo sfinimento, ma anche tanta musica composta appositamente), e poi balli, balli, balli. La scena di ballo più significativa dove si configura (lievissimo spoiler) una sorta di triangolo amoroso dura, tipo, sei minuti e non la sta, vivaddio, girando Stanley Kubrick.

Poi nella parte finale (forse?) si aggiusta tutto e il film sembrerebbe diventare un rom com, una romantic comedy. A ben vedere: rom forse sì, com un po’ meno, perché in questo film – a giudicare dalle valutazioni fin qui ricevute, decisamente “overrated” come la scrittrice citata nel titolo – non è che si rida granché, la noia invece non manca.

In sala dal 18 settembre 2025.


Jane Austen ha stravolto la mia vita (Jane Austen a Gâché Ma Vie) – Regia e sceneggiatura: Laura Piani; fotografia: Pierre Mazoyer; montaggio: Floriane Allier; interpreti: Camille Rutherford, Pablo Pauly, Charlie Anson, Annabelle Lengronne, Liz Crowther, Alan Fairbairn, Lola Peploe, Alice Butaud, Laurence Pierre, Rodrigue Pouvin, Roman Angelproduzione: Les Films du Veyrier, Sciapode; origine: Francia, 2024; durata: 95 minuti; distribuzione: Movies Inspired.

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