Tallinn Black Nights Film Festival – 29° Edizione (7-23 novembre 2025): Admission (Ru Xue Xu Ke) di Quentin Hsu

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È cosa ben nota che oggigiorno, forse più che nel passato, molti genitori farebbero qualsiasi cosa per il bene dei loro figli, per non parlare delle scelte di vita per assicurargli un glorioso e sicuro futuro, per permetter loro di affermarsi e avere successo nella vita. È anche risaputo che quando si tratta di prendere decisioni per bambini ancora piccoli però alcuni genitori non guardino sempre alle vere necessità o capacità dei figli, ma proiettino in questi ultimi i loro stessi desideri, ansietà, e più in particolare, le proprie frustrate ambizioni carrieristiche.

È questo il caso di cui parla il film d’esordio del regista taiwanese Quentin Hsu dal titolo internazionale di Admission che si apre con la scena di un’intervista scolastica. La famiglia Sun, o meglio il padre Sun (You-Nian Liu) e madre Li (Yang Wang), hanno fatto domanda perché il loro figlio di sei anni Yu frequenti l’elitaria scuola internazionale Syd. Tutti e tre si alternano davanti alla commissione scolastica seduta dietro a dei banchi di scuola. Per quanto appeso in alto trionfi un enorme poster dai vivaci colori che mostra un carosello di bambini allegri e spensierati, basta poco a capire che l’ammissione è un affare che riguarda prettamente gli adulti e non i piccoli candidati. Le brevi domande dei commissari non sono tanto interessate a conoscere Yu, quanto piuttosto tendono ad indagare nel passato dei genitori, e più in profondità i motivi della crisi matrimoniale che la famiglia si è trovata a superare nel passato, il tradimento di Sun e la mancata carriera lavorativa di Li.

Quentin Hsu gioca con i suoi personaggi spostandoli come pedine su una scacchiera e, come su un palcoscenico di teatro, il lungometraggio è, escluse le scene d’introduzione, per la maggior parte girato fra le stanze e il giardino del lussuoso hotel dove la famiglia è venuta a soggiornare per l’incontro con la commissione scolastica. La scuola elementare dal profilo internazionale Syd sembra essere la più ambita e migliore del paese e per questo qualsiasi relazione e conoscenza viene impiegata per poter entrare nell’elitario istituto. Il veloce e inaspettato rifiuto della commissione costringe la famiglia, già avviata in auto sulla strada di casa, a tornare sui suoi passi e riprendere gli spazi appena lasciati. E qui ha inizio la parte centrale del film, girata in poche stanze fra loro adiacenti dell’hotel. Da lì a poco li raggiungono il signor Lang (Hongwei Wang), un reclutatore della scuola e la lontana parente Jo (Nai An), quest’ultima non solo amica di famiglia ma anche direttrice del consiglio di amministrazione scolastica di Syd. Insieme cercano di capire cosa possa essere andato storto durante l’intervista per la selezione, visto che gli altri bambini candidati sono tutti stati accolti con successo. La presenza/assenza del bambino, che ci viene mostrato solo di spalle o del quale sentiamo solo la voce per quasi tutto il film, mette in risalto quanto poco gli adulti siano interessati a ciò che desidera o voglia Yu stesso. È proprio quello che cerca di mettere a fuoco la scena della colazione nel giardino, dove la madre Li esercita il suo ‘potere’ di genitore rimproverando Yu di voler mangiare cibi raffinati e non salutari, obbligandolo a mangiarne altri. E forse, di conseguenza il bambino poco dopo, lamentandosi di (vero o finto?) mal di pancia, ed esternando così il suo rifiuto, si chiude in bagno e viene quasi ‘dimenticato’, pur rimanendo l’oggetto dei discorsi degli adulti.

Fra andirivieni spaziali, trasparenze di vetri e riflessi d’acqua e di specchi, in un susseguirsi di porte che si aprono e si chiudono o che rimangono sbarrate, di sguardi e dialoghi fra i protagonisti adulti, ci addentriamo poco per volta dentro i segreti della famiglia Sun. Non si può negare un certo amore teatrale ed un accentuato manierismo nel mettere in risalto l’attenzione del regista Quentin Hsu per la costruzione e la resa spaziale delle relazioni, la simmetria e le scelte formali che alternano movimenti di telecamera agli spostamenti delle figure centrali. Il risultato ricorda non solamente la complessa intimità dei Kammerspiele di un maestro come Rainer Werner Fassbinder, ma anche la stessa volontà del regista tedesco di indagare e scavare nelle relazioni personali dei protagonisti. Per quanto Quentin Hsu dimostri una buona padronanza scenica e del montaggio, tende a lasciarsi prendere la mano dai dettagli e dalle modalità estetiche. Inoltre, rimane evidente una faticosa e percepibile difficoltà nel mandare avanti la storia, dove forse alcune situazioni avrebbero potuto risolversi più brevemente, creando dialoghi più sprezzanti e puntuali per accentuare l’assurdità della situazione  e creare maggior aspettativa. Il fascino di Admission è nella sua pacata, lenta ma complessa messa in scena, e rimane senza dubbio un risultato interessante per un film di debutto.


Admission (Ru Xue Xu Ke)  – Regia: Quentin Hsu, sceneggiatura: Chi-an Lin, Quentin Hsu; fotografia: Aymerick Pilarski; montaggio: Ching-Sung Liao; musica: Lydia Ainsworth; scenografia: Tong Jin; interpreti: Yang Wang, Yo Nian Liu, Hongwei Wang, An Nai; produzione: Coolie Films Co., Ltd.; origine: Taiwan, 2025; durata: 95 minuti.

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