Fondazione (Stagione 1)

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Psicostorie

Il solo pensiero di adattare per il piccolo schermo un’opera tanto colossale, quanto complessa, come il ciclo delle Fondazioni scritto da Isaac Asimov, farebbe tremare le ginocchia perfino al più ardito degli sceneggiatori. Eppure David S. Goyer non si è lasciato affatto scoraggiare, trovando terreno fertile a Cupertino, dove la Mela gli ha aperto i cancelli del suo servizio di intrattenimento in streaming. Risultato: una prima stagione sicuramente imperfetta, ma quantomeno avvincente e più stratificata di quanto possa apparire a una visione distratta.

Sia chiaro, Asimov è Asimov e non è replicabile. Al massimo può essere considerato un’infinita fonte da cui trarre aspirazione e anche in questa prima stagione di Fondazione non va ricercata la coincidente fedeltà della trasposizione, ma la costruzione di un’impalcatura che possa sorreggere solidamente nel tempo diverse storie intersecanti, al fine di realizzare un arazzo futuristico intessuto con storie di dinastie, rivoluzioni e presagi indeterminati. Una costruzione di un universo impossibile da conoscere a menadito, una serie che, più che un semplice contenitore di accadimenti e personaggi, si riveli simile a un viaggio nel tempo, tra saghe individuali e sociali di grandissimo respiro.

Ecco, dunque, come questa prima trafila di episodi appare, in realtà, come una sorta di grande prequel a ciò che verrà, e gli elementi per appassionarci a un prodotto che parla con attenzione ai particolari di filosofia e antropologia, di scienza e di amore e conflitti, ci sono tutti. Forte di un casting spiazzante, che spazza via ogni perplessità nel giro di una manciata di episodi, permettendo di affezionarsi ben presto ai vari protagonisti torturati e abbandonati a un presente – e a un futuro – ignoto e contraddittorio: passionalmente ambiguo e machiavellico il Fratello Giorno di Lee Pace, forse fin troppo familiare l’enigmatico Hari Seldon di Jared Harris, ma indispensabile per edulcorare il legame fisico e concettuale delle predestinate Gaal Dornik e Salvor Hardin, impersonate da Lou Llobell e Leah Harvey.

Ma, nonostante il gran vorticare di eventi narrati in questa prima stagione, sono in realtà i temi insiti nella narrazione a cementare l’intreccio narrativo. Fondazione si preoccupa di ragionare con metodo sulla funzionalità dell’immobilismo sociale, sulla diversificazione antropologica di etnie spesso in contrasto tra loro, proprio perché inconciliabili per colpa di un’evoluzione sociale repressa dalle egemoniche forze imperiali; nel mezzo del ciclone, sempre loro, la gente comune, i diversi e più deboli, gli emarginati e i geni silenziosi.
Una commistione di generi – si parte da una solida base fantascientifica e fantasy, per spostarci con rapidità tra il mistery e il melò – per una serie open world – meglio open universe – di grande impatto visivo e concettuale.
Insomma, gli elementi per erigere un nuovo kolossal televisivo ci sono tutti. Asimov ha indicato la via, ora spetta a Goyer continuare questo tortuoso viaggio millenario, consapevole che dalla (psico)storia non si può fuggire.


Foundation –  genere: sci-fi, fantasy, drammatico, azione; showrunner: David S. Goyer; stagioni: 1 (rinnovata); episodi miniserie: 10; interpreti principali: Lee Pace, Jared Harris, Lou Llobell, Alfred Enoch, Leah Harvey, Cassian Bilton, Terrence Mann, Laura Birn, Phara Keaen, Daniel MacPherson; produzione: Skydance Media; network: Apple TV+; origine: U.S.A., 2021; durata: 45′-60′ minuti; episodio cult: 1×08 – The missing piece (1×08 – Il pezzo mancante)

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