I bellissimi cimiteri monumentali sparsi per l’Italia sono un patrimonio artistico e culturale inestimabile, addentrarsi in queste vere e proprie città sacre che coniugano lutto e bellezza con risultati straordinari, è una delle esperienze più ricche e profonde che si possano sperimentare.
Quello di Stagliano, a Genova, forse il più celebre, è il protagonista del documentario di Jeroen Pool, un lavoro capace di associare piccoli affreschi di personaggi che gravitano all’interno del luogo con i monumenti ed i paesaggi, in un rapporto visivo dialettico ben amalgamato e ricco di suggestione.
Viene in mente Gianfranco Rosi, ed in seconda battuta anche il lavoro di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti. Con gli autori appena menzionati Jeroen Pool mostra di condividere uno sguardo attento e non banale, di possedere una certa eleganza formale (la fotografia è di Karolina Pajak) e di cogliere le insignificanti particelle di grazia contenute nei dettagli.
L’atmosfera, ben costruita, alterna piccoli episodi e conversazioni casuali ai silenzi ed alla solennità del luogo, tramite immagini montate secondo precisi calcoli e una certa ricerca geometrica. Gli elementi umani ripresi acquistano nuovi significati ogni qualvolta vengono alternati alle inquadrature dei monumenti e degli spazi.
Elementi umani, dicevamo: un sovrintendente, alle prese con burocrazia, situazioni e problematiche riguardanti il cimitero. Una fioraia, cordiale ed allegra, nonostante i suoi commenti riguardino sempre il tempo che passa e contengano un sottinteso di morte. Un custode poliglotta, il personaggio più curioso di tutti, sempre alle prese con lo studio di una nuova lingua. Una restauratrice, due operai, e qualche visitatore, tra cui un’anziana signora, che, seduta davanti ad una parete di loculi, pare fluttuare tra due i mondi, con lo stesso vivido senso di presenza, e che, prima di andarsene, saluta tutti i compianti. Infine, le visite degli avventori occasionali, il filo teso verso l’aldilà, fatto di conversazioni sommesse, un semplice saluto, una cura della tomba, dei fiori, la ricerca del contatto con la materia che contiene il ricordo.
Attorno a queste figure si costruisce il microcosmo che porta lentamente il cimitero da protagonista a sfondo. Una combinazione di primi piani, inquadrature ravvicinate e lunghe riprese panoramiche creano una forte sensazione di immersione nell’ambiente. L’immobilità della camera permane anche quando essa si muove in lente panoramiche.
Troviamo un’attenzione ancora più meticolosa al gesto, la capacità di restituire significato ad azioni banali, mentre le sfumature dell’ambiente e del paesaggio circostante, che si rivela lentamente ed aggiunge via via sempre maggiori elementi di vitalità: un uomo che riordina la sua scrivania, una donna che restaura le statue e le lapidi, un raduno di alpini, un concerto di archi.
La fotografia di Karolina Pajak rispetta un’estetica ben codificata ed efficace: toni scarichi, leggermente desaturata, anche nelle rare immagini in cui compare il sole questo risulta pallido ed inconsistente, è come se in qualche modo si cercasse nei toni scuri e nel buio delle stanze un’altra qualità di luce capace di illuminare anime e fantasmi.
I tempi del montaggio, ad opera di Mervi Junkkonen e Britta Norell, sono estremamente curati, mantenendosi sempre al di qua di quel sottile confine tra suggestione e noia. Commento musicale (Daniel Herskedal) quasi assente, ad eccezione di qualche accenno strumentale, che si perde con delicatezza lungo le arcate dei corridoi e nel bosco attorno al cimitero.
Nota Bene – Regia e sceneggiatura: Jeroen Pool; fotografia: Karolina Pajak; montaggio: Mervi Junkkonen, Britta Norell & Jereon Pool; musica: Daniel Herskedal; produzione: Ginestra Film; origine: Svezia; durata: 71 minuti.