Lo spettacolo La Cena di Vermeer rappresenta per la drammaturgia contemporanea un asso vincente della ormai affermata Maria Letizia Compatangelo, nota drammaturga, regista e saggista che ha scritto e pubblicato diverse commedie rappresentate in Italia e all’estero, prodotte da vari Teatri Stabili e vincitrici di numerosi riconoscimenti, tra cui due premi ID, il premio Vallecorsi e il premio Siae.
La storia racconta un geniale intreccio e sovrapposizione tra l’arte e la vita, tra vewrità e finzione, di Han van Meegeren, “il falsario che truffò i nazisti”. Nel 1945 dopo la liberazione il pittore che era in precedenza era stato accusato di collaborazionismo, si ritrovò all’improvviso trasformato in eroe nazionale, nonostante non fosse di certo un vero antinazista o combattente per la libertà. Quasi fosse “obbligato” dalle circostanze a diventare un falsario per sopravvivere, van Meegeren sceglie Jan Vermeer: all’inizio vuole solo vendicarsi dei critici che lo hanno messo al bando come artista, ma va oltre, non riesce più a fermarsi: lui non “falsifica” Vermeer, lui diventa Vermeer
Le fonti lo descrivevano come un bugiardo patologico, come un alcolista, un imbroglione, arrogante, donnaiolo, scialacquatore… ma con una luce gentile negli occhi che lo illuminava tutto quando parlava del più grande amore della sua vita, l’unico che non avesse mai tradito: la pittura. Non gli “scarabocchi infantili alla Picasso”, come li definiva lui, ma l’arte dei grandi maestri olandesi del XVII secolo; uno innanzi tutto, ignorato per secoli da critica e mercanti, ma rivelatosi alla fine il più grande in assoluto, appunto Jan Vermeer.
Ciò che emerge con veemenza nello spettacolo diretto dal regista e attore Felice Della Corte è la volontà di riportare sulla scena, l’urgenza di sopravvivere durante il nazismo, talmente dirompente e disperata da creare degli eroi anche laddove non ci fosse una nobiltà d’animo ma solo un’esigenza individualistica.
In scena troviamo oltre a Felice della Corte nei panni di un nazista un po’ atipico, molto disponibile al dialogo e allo scambio, un attore molto amato a livello nazionale, Paolo Gasparini, nei panni di Van Meegeren, poi le brave Tiziana Sensi e Caterina Gramaglia.
Un cast ben assortito che è stato in grado di restituirci un testo drammaturgico rispettandone tutte le sfumature, senza perdere la propria identità registica. Contribuisce a condire la trama un particolare della storia del pittore, ovvero il fatto che egli all’inizio avrebbe solo vendicarsi dei critici d’arte che criticandolo in modo feroce gli avevano impedito di fare carriera e diventare un pittore affermato. Si scatena, invece, una storia di vera e propria sovrapposizione tra l’esistenza di Meegeren è quella di Veeermer, in cui il primo ne assume oltre che la forma anche la sostanza.
La Cena di Vermeer così ci tiene sospesi tra realtà e finzione, talento e emozione, creando una storia degna di un vero e proprio giallo intellettuale, in cui il gioco dei rimandi e di specchi ci appassiona.
In scena sino al 14 maggio al teatro Nino Manfredi di Ostia
La Cena di Vermeer di Maria Letizia Compatangelo – Regia: Felice Della Corte; interpreti: Mario Scaletta, Tiziana Sensi, Felice Della Corte, Caterina Gramaglia, Paolo Gasparini; produzione: Compagnia Ass. Cult. Lucidisogni.