
Soy Nevenka (Sono Nevenka) è un film di Icíar Bolĺaín basato su fatti realmente accaduti nella Spagna alla fine degli anni ’90. È infatti la storia della prima condanna ad un politico, Ismael Álvarez, sindaco della città di Ponferrada (nella comunità di Castiglia e León), per molestie sessuali subite da parte di Nevenka Fernández, una giovane donna che ha coraggiosamente denunziato quanto ha subito. Con la sua tenacia ha aperto la strada nel proprio paese alla lotta contro le forme di cattiva condotta sui posti di lavoro. Abbiamo incontrato l’autrice per parlare del suo film.
Domanda: il tuo Soy Nevenka si basa su fatti realmente accaduti. Esiste sull’argomento anche un docufilm fruibile su Netflix. Come sei arrivata a conoscere i fatti? Come nasce l’idea del film e qual è la direzione lavorativa che hai seguito per scrivere la sceneggiatura? Ci puoi spiegare il lavoro compiuto in fase di preparazione.
Icíar Bolĺaín: Avevo 30 anni circa quando sono venuta a conoscenza di questa storia, attraverso un libro molto interessante scritto da un giornalista. Mi interessava raccontare questa storia attraverso la chiave della finzione in quanto il documentario è un racconto su di lei che, però, non inserisce lo spettatore nei fatti così come si son verificati. Gran parte del lavoro è stato fatto proprio con Nevenka, la sceneggiatura è stata scritta insieme con Isa Campo. Abbiamo realizzato delle interviste con lei e il materiale era stupendo. Abbiamo anche parlato con le persone che la circondano: la famiglia, gli amici, i colleghi, anche l’avvocato e lo psicologo. Abbiamo contattato i giornalisti che hanno scritto di questo fatto in quegli anni, in quanto coincideva con un momento ben specifico nella storia del Paese. Nel film si coglie bene la forma di governo di allora, lo sfondo politico. Quindi, convogliando tutti questi aspetti, abbiamo continuato a scrivere la sceneggiatura.
Quali sono state le difficoltà incontrate dagli attori Mireia Oriol (nella parte di Nevenka Fernández) e Urko Olazabal (in quella di Ismael Álvarez) a interpretare una storia emotivamente così forte? Come hanno lavorato durante l’evoluzione dei personaggi nel corso della storia? Ho letto in alcune interviste dove hanno spiegato quanto fosse stato importante per loro piangere e “liberarsi” dall’impatto emotivo durante la recitazione.
È una storia dura, che passa per momenti molto estremi: lei che prova ansia, che si sente accusata, violentata. C’è una parte del lavoro dell’attrice che emoziona molto. È un ruolo molto difficile da realizzare. I due miei attori hanno stretto amicizia per avere confidenza l’uno con l’altro, affinché Mireia non si sentisse violentata mentre Urko doveva sentirsi libero di comunicare al meglio quanto stava succedendo. Diciamo che la sceneggiatura era molto elaborata ed era necessario lavorare con delicatezza.
Denunciare è importante per la dignità e la salute psicologica della persona. E “Dignità” resta una parola cruciale all’interno del film. La storia raccontata si ispira a fatti degli anni ’90. Come si sta lottando in Spagna attualmente? Quali progressi son stati fatti sinora? Pensa che a riguardo si potrebbe fare di più?
A livello legislativo si son fatti molti progressi, c’è anche una legge recente a questo proposito. In genere la vittima è paralizzata e non dice nulla. Fa parte del panico. Prima, infatti, non si considerava violenza se la vittima non diceva immediatamente qualcosa. Questa legge si chiama “Ley del Solo Sì Es Sí” (Solo sì vuol dire sì) e molti Paesi europei fortunatamente la stanno imitando.
Il percorso da fare è ancora lungo in quanto le stesse sentenze sono lunghe e nel 10% dei casi non si procede con la denuncia. Se pensiamo al caso di Giselle Pelicot in Francia, dove gli abusi sono stati costanti e ripetuti per anni ed anni, molte cose non son cambiate ma fortunatamente la reazione da parte della gente e soprattutto la sensibilità collettiva oggigiorno sono molto differenti rispetto il passato.
