La regista e sceneggiatrice francese Vanessa Filho (classe ‘80) con Le Consentement giunge a presentare il suo secondo lungometraggio, dopo l’apprezzato Gueule d’ange (del 2018, con Marion Cotillard nel ruolo della protagonista Marlène). In fondo, Filho qui torna a confrontarsi col tema che l’aveva interessata già per il film del debutto: ovvero indagare storie che si distinguono perché raccontano l’aver esperito, con eccessiva precocità, situazioni di vita che avrebbero meritato senz’altro altri tempi di maturazione. Ciò, alla fine, segna intimamente l’esistenza e l’accaduto diviene metro di misura, il più delle volte inconscio, di tutto l’avvenire. Più che guardare però all’inconscio, in verità, le esperienze vissute traumatizzanti hanno la forza di stratificarsi subito nell’anima, e così prendono domicilio dentro di noi stabilendo, nel corso del tempo, residenza fissa nei nostri cuori come nelle nostre menti. S’innestano mettendo radici, divenendo in tal modo orientamenti di vedute da cui sfuggire e svincolarsi non è per nulla facile. Così tutto il mondo, fatto dei suoi oggetti e soggetti, si plasma secondo forma e predicati legati strettamente a questo tipo d’esperienze. E come se esso si presentasse a noi già compreso, afferrato in tutto il suo senso senza misteri, senza più fare appello e rimando ad altro, senza chiedere ausilio (asilo?) a quella il più delle volte salvifica capacità nostra di provare a mettere tutto in discussione, di ricominciare tutto daccapo. Semplicemente, in questi casi, impossibile. Inoltre, a complicare le cose, sono poi anche i nostri comportamenti che, costruiti a partire sempre dagli esiti interiori di queste esperienze, ci presentano agli occhi dei nostri simili sotto sembianze inevitabilmente consequenziali a ciò che abbiamo vissuto. E ne conseguono incomprensioni, fraintendimenti, separazioni che conducono anche a isolamenti sociali che ci fanno ritrovare poi ancora e sempre più soli.
Le Consentement prende spunto da una vicenda di cronaca realmente accaduta, seguendo le memorie della scrittrice e regista Vanessa Springora (che ha partecipato attivamente alla stesura della sceneggiatura), pubblicate nell’omonimo romanzo autobiografico. La narrazione dei fatti racconta la relazione tra l’allora quattordicenne Vanessa (Kim Higelin) e il noto scrittore Gabriel Matzneff (Jean-Paul Rouve) che all’epoca di anni ne aveva 49. Il film procede sostanzialmente nel farci vedere l’evolversi della loro relazione, dal primo incontro sino alla fine che coincide con un sempre più nefasto stato di instabilità emotiva di Vanessa in bilico tra depressione e senso di inadeguatezza. La parte centrale dell’opera, la più lunga, è forse quella più debole, mentre l’inizio come la conclusione sono invece entrambi le prospettive che ci hanno convinto di più. Le Consentement s’apre con alcune scene da una cena conviviale tra intellettuali, tipica di quella “società della conversazione” che in Francia si perde almeno nella notte dei tempi illuministi. A quella tavola è presente anche Vanessa, appunto adolescente, al seguito della madre (Laetitia Casta). Si parla di prese di posizione circa la politica e del ruolo degli artisti e degli ideologhi, sorseggiando buon vino e gustando amabilmente pasti, mentre le sigarette si consumano inversamente proporzionate rispetto ai bicchieri d’acqua. Vanessa si allontana dalla tavola per cercare un angolo con poltrona per riprendere a leggere. E qui che lui s’accorge di lei, e quello che si presenta come un nuovo diversivo (che sembra avere tutti gli aspetti di un’ennesima distrazione necessaria) per lui, sarà per lei “l’esperienza fondamentale” per tutta la vita. Ritroviamo, verso il finale, Vanessa ormai adulta (interpreta da Élodie Bouchez) alle prese con i suoi incubi che non la lasciano dormire, in piena notte a letto con accanto il suo compagno. E ancora una volta le immagini di una cena. Adesso Vanessa è oramai grande, e la conversazione scorre intorno a temi del nostro presente, dove “western male” significa sempre più “smooth operator” (cantava). Anche questa volta lei non partecipa, se ne sta come in un altro mondo e l’aderenza a ciò che la circonda sembra perdersi. Allo spettatore viene anche da pensare che dentro le “magnifiche sorti e progressive” della società settecentesca francese fino alla Parigi degli anni ’70 che i filosofi avevano delineato (e teorizzato pure) (com)portino con sé più contraddizioni che effetti propulsivi, più chiaro-scuri che arcobaleni. Ha ragione più Hobbes o Rousseau? Chissà, forse nessuno dei due. Quindi, per tutti o per nessuno? Probabilmente sì, ma comunque “quanto è dura la salita – in gioco c’è la vita” (cantava). Umiliata e offesa continuamente e banalmente, e le “istruzioni per l’uso” non bastano, come non risulta sufficiente “la cassetta degli attrezzi”, tanto consigliata, se non a volte imposta, da “quelli che ben pensano”.
Le Consentement – Regia: Vanessa Filho; sceneggiatura: Vanessa Filho, François Pirot, Vanessa Springora; fotografia: Guillaume Schiffman; montaggio: Marion Monestier, Sophie Reine; musica: Audrey Ismaël, Olivier Coursier; interpreti: Kim Higelin, Jean-Paul Rouve, Laetitia Casta, Élodie Bouchez, Jean Chevalier as Youri, Lolita Chammah, David Clavel, Agathe Dronne, Christophe Grégoire, Doby Broda; produzione: Moana Films, Windy Production, France 2 Cinéma, Panache Productions; produttori: Carole Lambert, Marc Missonier; origine: Francia/Belgio, 2023; durata: 118 minuti.