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Voto
Mi stai davvero parlando di riciclaggio di denaro?
Questo Patrice (Uma Thurman) chiede a Gordon (Samuel L. Jackson). Lei mercante d’arte, lui malavitoso sotto le vesti del fornaio. Facciamo un passo indietro e troviamo Patrice dare un quadro al proprio spacciatore per saldare un debito: soldi la donna non ne ha più, l’artista di punta la sta mollando e la galleria d’arte è sull’orlo del fallimento. Lo spacciatore porta il quadro al proprio capo e Gordon capisce che l’arte è l’opportunità perfetta per riciclare denaro senza farsi pizzicare dalla polizia che di arte non ci capisce nulla. Manca però un elemento fondamentale: l’artista. Chi imbratterà le tele da rivendere? Servirebbe una mano d’artista, o comunque una mano esperta. Nell’arte… degli omicidi.
Hai fatto tu quelle tele di merda?
Domanda Patrice a Reggie (Joe Manganiello), un sicario. Questo annuisce, tra le mani le borse di plastica con cui soffoca le vittime. Ma quello dell’arte è un mondo strano: cerchi la visibilità e non diventi nessuno, imbratti una tela, provi a nasconderti e d’un tratto sei l’artista più ricercato del mondo. Questo succede a Reggie, o meglio, a “The Bagman”. E i riflettori non sono il massimo quando ricicli denaro…

La stanza degli omicidi, titolo originaleThe Kill Room, di Nicol Paone è un film che fatica a prendere il volo e quando lo prende comunque non guadagna quota, benché non sia del tutto sciapo né inconsistente. Con due attori del genere, dopotutto, una certa attenzione la desti fin da subito, almeno per la curiosità di vederli insieme dopo quel filmetto di nome Pulp Fiction. La Thurman è sufficiente nel suo ruolo, Samuel L. Jackson fa sostanzialmente se stesso ma edulcorato, entrambi risultano depotenziati da un copione e da una regia che non ha essenzialmente carattere e cade a volte nel citazionismo tarantiniano, senza però puntarci veramente o giocare perlomeno di ironia.
Be’, qualcuno non ha messo i baffi sulla Gioconda, chiamandola arte?
La trama è senza grandi colpi di scena, inoltre si appoggia al mondo dell’arte. Si sa che quando un’arte fa sponda all’altra – a meno che il prodotto non sia mirabile e l’intenzione alla sorgente chiara -, finisce che entrambe risultano depotenziate. È questo il caso. La pellicola si posiziona perciò tra critica e studio dell’arte contemporanea. Mostra come l’arte odierna sia definita dalle attese dello spettatore, dal valore di mercato – nonché dal nascondimento dell’artista – piuttosto che dall’abilità artistica. E questo lo sapevamo da quando un francese Marcel Duchamp – “il capo degli sgravoni” per i fan di Edoardo Ferrario – aveva voluto entrare nell’arte a gamba tesa mettendo un orinatoio a fare da fontana. Arte concettuale, è l’idea che supera il processo di creazione.
Mi hai chiesto di dipingere un po’ di merda, la dipingo.

La punta di diamante di questa critica è tuttavia Reggie, e Reggie è un’artista a parole concettuale, in realtà le sue opere sono dense di significato: le borse che espone non sono rosse di pittura, sono rosse per il sangue del soffocamento delle vittime. È qui che il discorso del film salta o comunque entra in un cortocircuito che è certo interessante, meno per avviare dinamiche critiche o comunque ironiche: l’arte concettuale di Reggie è vera arte. Quindi i ricconi che fanno a gara per comprarle, lo fanno a ragione. Nelle loro asettiche case americane, mettono pezzi di plastica che hanno una loro forza, quella dei morti.
La stanza degli omicidi è un film non riuscito. Funziona perché funziona, la trama sta in piedi e non ci si annoia, ma non colpisce e il risultato è piatto, insapore. Non a caso né si ride né ci si inorridisce né si entra in risonanza emotiva con i personaggi. È un’occasione sprecata perché non capita tutti i giorni di avere tra le mani due grandi attori, e utilizzarli per fare la pantomima di ciò che sono stati, be’, sembra un peccato. Girare senza dare un carattere alla propria pellicola, è fare anche peggio: alla ricerca della profondità dell’arte, si rimbalza nella superficialità visiva. Finisci per prendere zero piccioni e aver sprecato non una fava, ma due arti.
Dal 6 giugno in sala.
La stanza degli omicidi – regia: Nicol Paone; sceneggiatura: Jonathan Jacobson; fotografia: Bartosz Nalazek; montaggio: Gillian L. Hutshing; musiche: Jason Soudah, Jessica Rose Weiss; interpreti: Samuel L. Jackson, Uma Thurman, Joe Manganiello, Maya Hawke, Debi Mazar, Larry Pine, Matthew Maher, Tom Pecinka, Anthony Cipriani, Nikolai Tsankov, Ethan Herschenfeld, Neal Davidson, Ernest DiLullo Sr., Noam Shapiro; produzione: Yale Productions, Bradley Pilz Productions, Cranium Entertainment, Idiot Savant Pictures, Such Content, Untitled Entertainment; origine: USA, 2023; durata: 98 minuti; distribuzione: Universal Pictures.
