Biografilm XX° Edizione (Bologna, 7-17 giugno): Intervista a Elina Psykou, regista di Stray Bodies – Corpi Erranti a cura di Ivan Orlandi  


Stray Bodies – Corpi Erranti racconta la frastagliata situazione dei diritti umani nell’Unione Europea attraverso la prospettiva di quattro donne costrette a viaggiare per vedere realizzato un proprio desiderio, che sia di vita (fecondazione in vitro) o di morte (eutanasia). All’indomani delle elezioni europee che hanno confermato un quadro politico caratterizzato dall’affermazione di diversi partiti conservatori, la regista ha incontrato la stampa.

Domanda: Lei ha scelto di raccontare la storia a partire da personaggi provenienti da Malta, Italia e Grecia, e ognuno ha una storia personale. Quali sono stati i criteri per la scelta di queste nazionalità e di queste storie?
Elina Psykou: Per quanto riguarda la nazionalità, la scelta è dipesa dal fatto che alcuni Paesi non permettono di rispondere a un bisogno della persona. Ho selezionato Paesi in cui è presente un divieto: a Malta, ad esempio, è vietato l’aborto. Ho scelto l’Italia per due ragioni: la prima è che le ragazze maltesi scelgono spesso la Sicilia per abortire; la seconda è per la stringente legge che vieta la fecondazione in vitro. E la prima destinazione per le donne che vogliono procedere con la fecondazione in vitro è la Grecia. Infine, ho scelto la Svizzera perché è l’unico Paese che permette a un cittadino europeo di procedere con l’eutanasia o il suicidio assistito. Avevamo l’idea e le storie ma non avevamo le persone, che erano la cosa più importante. Quindi abbiamo iniziato una ricerca nello stesso momento in Malta, Italia, Grecia, Svizzera, Bulgaria. È stata la sfida più difficile, perché non è facile per le persone condividere esperienze così intime. Le ricerche si sono svolte   attraverso giornali, associazioni, forum. Infine, i personaggi sono arrivati come tasselli di un puzzle. Ad esempio, Gaia la trovammo in Grecia grazie a un’associazione italiana; Gaia ci ha fornito il contatto di Gabriel, un italiano, donatore di sperma; abbiamo trovato Caterina, l’altra italiana che va in Grecia. È stato un lavoro complesso trovare le persone giuste. Ci abbiamo messo diversi anni.

I personaggi vengono inizialmente introdotti in ambientazioni a loro contrapposti. Si parla di vita e il personaggio è al cimitero, si parla di prigione e il personaggio è in tribunale.
Volevo dare un’atmosfera più cinematografica a questi personaggi. Non volevo fare un documentario di teste volanti. Ho iniziato a pensare in maniera più creativa, a immaginare location. Il mio background è il cinema di finzione, ho già fatto due lungometraggi a soggetto, questo è il mio primo documentario. Ho discusso certe idee più finzionali e stilistiche con i personaggi e con la loro approvazione li abbiamo integrati al racconto. La ragazza di Malta che entra in chiesa, ad esempio. Ma il punto era sempre mettersi nei panni dei personaggi, entrare nel vivo delle loro storie.

Il film parla di un’Europa divisa internamente, cosa dimostrata dai risultati delle ultime elezioni europee. Una divisione tra chi vuole avere accesso a delle procedure e pretende certe libertà nella gestione del proprio corpo, e chi invece questi diritti vuole negarglieli.
Non sono ottimista riguardo l’Europa, anche visto il risultato delle Europee. In Grecia, ad esempio, i partiti conservatori si stanno rafforzando. E questo sta succedendo dappertutto, in Francia, in Italia. Un’Europa sempre più conservatrice, che minaccia sempre più i diritti: il diritto per l’aborto, per le comunità LGBTQ, ecc. Il giorno dopo le elezioni sono molto triste, ma credo che il film è più urgente che mai. Abbiamo bisogno di un’Unione Europea più unita, interessata più al lato umano che a quello economico. In Grecia abbiamo provato sulla nostra pelle le conseguenze dell’ingerenza economica dell’UE. Ma sui diritti umani l’Unione Europea è assente. La sinistra europea può fare tanto. Molti di questi partiti conservatori hanno semplicemente rubato, per stravolgerli, i programmi politici, le argomentazioni e il vocabolario dai partiti di sinistra. Ed è qualcosa su cui meditare e reagire.

Ci sono stati problemi nel produrre questo film, a muoversi per tutti questi Paesi? Inoltre, ha trovato difficile montare tra loro voci così discordanti?
Grossi problemi pratici ci sono stati a causa delle restrizioni del COVID. Abbiamo dovuto posticipare diverse volte i nostri viaggi e le riprese. Le riprese dipendono dai personaggi e si è dovuto cambiare qualche personaggio per dei cambiamenti nelle tempistiche delle riprese.
Molti delle figure scelte sono contrastanti, non tutti condividono le stesse opinioni su tutti i diritti discussi. Kiki, la donna che soffre di una malattia incurabile, è favorevole all’eutanasia, ma si è scagliata contro la fecondazione in vitro definendola una stronzata. Un dottore è favorevole al suicidio assistito, ma ha un’opinione del tutto opposta sull’aborto. Sono dei personaggi con delle contraddizioni, bisogna comprenderli. Noi eravamo lì per parlarci e comprenderli, non per giudicarli. Ma a volte era difficile. Abbiamo avuto discussioni con persone dalle opinioni completamente opposte alle nostre e a volte era frustrante. Ma bisogna avere una mentalità inclusiva e far comprendere loro che si è qui per discutere insieme, non per attaccarsi a vicenda. A volte il nostro team era scioccato da certa propaganda, dal modo con cui alcuni organizzavano il loro discorso, sembrava che volessero farci il lavaggio del cervello.

Foto di copertina: Ivo Pisanti

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