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Pierre (Guillaume Canet) e Cléa (Charlotte Gainsbourg) sono una coppia senza figli che vive in provincia. Lei gestisce un negozio di ottica, lui insegna matematica al liceo Georges Simenon (esplicito omaggio al grande scrittore belga da cui è tratto il film). Da un anno Belle, figlia di un’amica di Cléa, una bella ragazza bionda adolescente, è andata a vivere con loro, modificando la routine di non genitori: cenano insieme, discorrono con normalità, Pierre è distratto, si finisce l’ultima pietanza, si sparecchia. È una sera come un’altra, una pioggia inclemente prende la scena, dopo cena le due donne escono nonostante il clima, lasciando Pierre nel suo studiolo seminterrato a correggere compiti. L’atmosfera è familiare, le dinamiche della coppia risultano ricorrenti, alla festa dove si reca Cléa si chiedono il perché dell’assenza del marito, sebbene sia conforme al suo carattere. C’è il sindaco, il medico, amici che si conoscono tra loro da anni: nelle città piccole si sa sempre tutto di tutti.
La mattina dopo il contesto è cambiato, la calma ha lasciato il posto alla scena di un crimine: Belle viene trovata nuda sul pavimento della sua stanza, strangolata a morte non si sa da chi. Pierre diviene immediatamente l’unico sospettato perché si trovava in casa, da solo, senza testimoni: dichiara di averla vista rientrare dalla finestra che affaccia sulla strada, un cenno veloce, ma è rimasto nel suo studio sotterraneo fino a tardi con la musica alta, forse verso le undici e mezzo, non saprebbe dire con esattezza. Cléa ha telefonato verso le undici, è tornata tardi, forse all’una, senza farsi sentire.
Chi ha ucciso Belle Steiner? Per quale motivo? Come può essere accaduto all’interno delle mura dell’appartamento senza che nessuno abbia sentito nulla?
Dalla mattina dopo l’assassinio la vita di Pierre e Cléa cambia: l’uomo viene interrogato dalla polizia, si dichiara innocente, non si accende, non si altera, non si dispera, afferma solo di non sapere cosa possa essere accaduto, snocciola il resoconto della serata solitaria ogni volta uguale, alla ricerca di un dettaglio mancante, di una minuzia sfuggita alla memoria. Tutto è contro Pierre: nel telefono della ragazza vengono trovate fotografie dell’uomo rubate di nascosto, da lontano, da dietro una porta socchiusa, nel suo diario viene descritto come ambiguo, come qualcuno di cui sente gli occhi addosso.
La testimonianza di una vicina di casa lo descrive come un voyeur: l’uomo ha l’abitudine di spiare la vicina inquadrata nella finestra del bagno, in déshabillé, nell’atto di spogliarsi. Ma ci si deve porre il quesito: colui a cui piace guardare è anche un potenziale assassino? I media assediano l’appartamento. Immagini della quotidianità della coppia finiscono al telegiornale. La scuola consiglia Pierre di prendersi un periodo di vacanza dall’insegnamento. La donna viene fermata per strada da sconosciuti che le chiedono come sta. L’atmosfera è cupa, pesante. La personalità di Pierre è di natura misteriosa, parla poco, non esprime i suoi sentimenti, non conosce il sentimento dell’empatia. Quando arriva la madre di Belle tra i due è evidente una tensione dovuta a mancata simpatia da parte di lui, forse dovuta a sospetto da parte di lei. Cléa si trova in difficoltà, unica a sostenere suo marito al di là di ogni dubbio. Pierre studia il calcolo delle probabilità, di cui filosofeggia col poliziotto che lo interroga per l’ennesima volta. Per mesi va da una giudice a rilasciare una lunga deposizione sulla notte dell’omicidio.
Sul muro esterno della casa qualcuno scrive in rosso: assassino. La gente giudica, impietosa. La presunzione di innocenza si ribalta in colpevolezza secondo un processo mediatico e popolare che non lascia scampo. È difficile mantenere i nervi saldi, restare uniti come coppia quando, per via dello scandalo, non viene loro dato in affidamento il bambino che aspettavano da anni. Ci sono in ballo tutti gli elementi perché la relazione vada a rotoli, invece Cléa affermerà con piglio deciso: non lo lascerò mai.
Raccontato secondo i canoni del thriller – musica di tensione, stacchi su notti di pioggia, su dettagli rilevanti, soggettive dalla macchina di percorsi a ritroso dal bar alla casa – il film lascia aperte le domande, non propende per una tesi, sospende il giudizio come vorrebbe che lo si sospendesse sul protagonista: rompe dunque il patto con lo spettatore al quale non concede un finale concluso, esaustivo.
Tratto dal romanzo La morte di Belle, firmato da Georges Simenon nel 1951 durante un soggiorno negli Stati Uniti, negli anni è stato più volte trasposto per il grande schermo. Attualizzando la trama al mondo contemporaneo Jacquot mette in scena, rimanendo acrobaticamente super partes, l’ossessione del guardare e dell’essere guardati, l’ossessione del giudizio, della costrizione esterna a essere qualcosa che, magari, non si è, anche un un uomo che uccide le donne.
Un cartello prima dei titoli di coda, a firma della produzione e della troupe, condanna ogni persona coinvolta in molestie sessuali di genere. Nel 2024 in Francia il regista Benoît Jacquot è stato accusato da Judith Godrèche di abusi su minorenne. L’ambiguità del tema del film, la maniera in cui viene narrata la storia, la scelta di cosa far vedere e cosa nascondere, sono materia delicata, incandescente – ahi noi, difficile non tenerne in considerazione nell’atto della visione dell’ora e mezzo dell’opera cinematografica. Canet e Gainsbourg confermano una gamma di sfumature recitative notevoli.
In sala dal 13 marzo 2025.
Il caso Belle Steiner (Belle) – Regia: Benoît Jacquot; sceneggiatura: Benoît Jacquot, Julien Boivent; fotografia: Caroline Champetier; montaggio: Julia Grégory; musica: Bruno Coulais; interpreti: Guillaume Canet, Charlotte Gainsbourg, Kamel Laadaili, Pauline Nyrls; produzione: Ciné@, Macassar Productions; origine: Francia, 2024; durata: 100 minuti; distribuzione: Europictures.
