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Purtroppo titolo e manifesto sono fuorvianti, perché rimandano a un filone che ha avuto in Io, Capitano di Matteo Garrone il suo film più riuscito. Raqmar è un villaggio nel deserto marocchino, la fotografia rimanda subito ad un immigrato africano in attesa di salire su un barcone, destinazione Italia. Invece è tutta un’altra storia. Il regista siciliano Aurelio Grimaldi, classe 1957, torna con un piccolo film a cinque anni di distanza da Il delitto Mattarella. Stavolta non si parla di mafia. Grimaldi, che si fece conoscere nei primi anni Novanta con La discesa di Aclà a Floristella, è cineasta di nicchia, non per colpa sua, spesso ai margini del sistema, politicamente scorretto.
Raqmar racconta una storia italianissima, benché lo spunto venga dal reportage internazionale su fatti canadesi. Accanto all’immigrazione clandestina e rischiosa che conosciamo, ne esista un’altra, apparentemente più “morbida” e legale.
Hicham è un diciottenne che in quel villaggio sperduto nel Sahara viene reclutato da una donna marocchina dai modi gentili e dagli abiti occidentali. L’idea è di inserirlo in un non ben precisato programma di “formazione e lavoro” in Italia, dalle parti di Genova. Contratto regolare di due anni, viaggio in aereo, corsi di italiano e inglese, una buona sistemazione, soprattutto uno stipendio di 1.800 euro al mese per chi accetta e altri 800 per la famiglia che resta.
Troppo per essere vero? Il film, poco meno di 80 minuti, costruisce con una certa abilità questo traffico particolare, dosando attese e sospetti. Non si capisce subito se Hicham, bello e sveglio, sappia che cosa andrà a fare a Genova, lo spettatore lo capisce dopo un quarto d’ora dopo, quando lui e un altro giovanotto arrivano nella lussuosa magione di Madame Le Fleur. Istruiti dal braccio destro Rodolfo, Hicham e gli altri sono stati assunti per fare i prostituti: rapporti con clienti selezionati, italiani e stranieri, uomini e donne, all’interno di un sistema che garantisce ordine, puntualità nei pagamenti e totale riservatezza.

Incuriosisce il punto di vista scelto da Grimaldi, perché inedito. Hicham riceve abiti e telefoni alla moda, anche un bonus per ogni “marchetta” (35 euro con i maschi, 25 con le femmine), e tuttavia, dietro i modi gentili, lo sfruttamento è altrettanto duro e implacabile, senza via di fuga. Quando il giovanotto proverà a sottrarsi, raggiungendo a Roma un ricco e agé cliente omosessuale, saranno subito guai…
«Siamo una famiglia, io vi voglio bene» sospira la maîtresse incarnata con mellifluo piglio materno da Giuliana De Sio, ma noi sappiamo che l’uso sessuale di quei corpi giovani nasconde una diversa forma di predominio occidentale. Grimaldi lascia fuori campo tutte le scene di sesso, a parte una, lasciando ai dialoghi, alle situazioni, agli sguardi, ai non detti il compito di ritrarre la durezza del contesto. Mehdi Lamsabhi, Leo Gullotta e Alessio Vassallo sono rispettivamente Hicham, il cliente romano e il tosto Rodolfo. A un certo punto echeggia La mer di Charles Trenet, che non guasta mai, anche per antifrasi.
Il film esce in poche copie, una dozzina in tutto, per iniziativa di Andrea De Liberato. Tempi grami per i film italiani fuori dai giri che contano.
In sala dal 15 maggio 2025.
Raqmar – Regia e sceneggiatura: Aurelio Grimaldi; fotografia: Luca Massa; montaggio: Matteo Zigirian; musica: Marco Morini; scenografia: Valentina Arcuri; interpreti: Mehdi Lamsabhi, Giuliana De Sio, Alessio Vassallo, Halima Belagdaa, Leo Gullotta, Antonio Macaluso; produzione: Arancia Cinema; origine: Italia, 2025; durata: 79 minuti; distribuzione: Enjoy Movie.
