All’interno del programma del Festival “La Nueva Ola” è stato presentato anche la V Edizione del Premio IILA – Organizzazione Internazionale Italo – Latino Americana. Il peruviano Marco Panatonic si è aggiudicato il premio per il miglior lungometraggio di finzione col Kinra. Il Premio come miglior lungometraggio documentario è stato, invece, conferito alla brasiliana Fernanda Faya per il suo Neirud. Li abbiamo qui intervistati per saperne di più.
Domanda: Hai realizzato Kinra lavorando con attori non professionisti. Questa scelta si è basata su esigenze di budget o era necessaria per la concezione del film stesso? Cosa puoi dirci di questa esperienza e quali sono state le difficoltà riscontrate a riguardo?
Marco Panatonic: Sono persone che non fanno film per lavoro, bensì hanno improvvisato. Alla base di questa scelta conta molto la mia formazione che non contempla attori professionisti. Basti pensare ai Lumière agli inizi del cinema. Lavorare con persone senza una carriera consolidata è stata una proposta, ma anche una ricerca di un linguaggio peculiare. Le persone recitano naturalmente e si formano man mano, diventando così dei professionisti.
Il tuo film è una riflessione sulla diversità e l’identità. Come è nata quest’idea?
Marco Panatonic: Per colpa del razzismo e del classismo molti peruviani non insegnano la lingua dei quechua ai figli e questa si va perdendo. Negli ultimi anni, i giovani hanno voglia di recuperare questo aspetto culturale. È importante trasmetterlo ai figli perché è parte dell’identità. È importante incrementare tutte le Arti, non solo il cinema.
Si è trattato della tua opera prima. Quanto tempo hai impiegato al realizzarlo.
Marco Panatonic: all’inizio, il progetto era un apprendistato che è iniziato nel 2014. Ho ottenuto dei fondi sino il 2017, poi è arrivato il Covid e si è bloccato tutto. Il lavoro è durato 10 anni, pertanto. Abbiamo iniziato a filmare dal 2021 al 2022. Nel 2023 il film è stato lanciato nelle sale.
Cosa rappresenta per te questo Premio Iila?
Marco Panatonic: Attraverso questo premio tutti si sono riconosciuti nel progetto. Ed è una cosa importante perché alla fine si è percepito il potenziale di tutto il lavoro fatto.
Ci puoi dire qualcosa riguardo ai tuoi progetti futuri?
Marco Panatonic: stiamo reclutando gente che parla il quechua, per formarla e creare una troupe stabile. È un aspetto fondamentale per i miei progetti futuri.
Fernanda, com’è nata l’idea di Neirud dove si racconta la vita e la misteriosa morte di Neirud, una militante queer durante la dittatura brasiliana.?
Fernanda Faya: Inizialmente l’idea è nata per raccontare la tradizione circense della mia famiglia. Nello sviluppo del processo del film, la figura di Neirud si è palesa come la grande protagonista.
Il tema LGBT è molto attuale. Come mai hai scelto di svilupparlo e come viene recepito nel tuo Paese?
Fernanda Faya: Esisteva una storia tra mia nonna e Neirud ma anche il triangolo amoroso tra la protagonista e la figura di Rita.
Cosa ha significato per te questo Premio?
Fernanda Faya: È stato molto bello riceverlo perché mi riconosce come regista di un film che ha impiegato molto tempo per svilupparsi. Abbiamo impiegato ben dieci anni per concluderlo.
Cosa speri di trasmettere al pubblico con questo tuo lavoro?
Fernanda Faya: Spero di richiamare l’attenzione per delle storie che si devono svelare, e di discutere delle storie che devono essere raccontate perché noi oggi scegliamo cosa vogliamo sentire e cosa no.
Cosa apprezzi del cinema Italiano?
Fernanda Faya: Il cinema Italiano ha rappresentato per me la mia primissima tappa nel mondo della Settima Arte. Mi sono innamorata subito di Visconti, Fellini, De Sica e Scola.
