Ancellotti vs Guardiola: la migliore partita del mese? dell’anno? del decennio?

Quando si parla di 4-3 viene sempre in mente la partita mitica ossia Italia-Germania del 1970. Tutti dimenticano anzi tutti sanno che quella partita, se si fa eccezione per i tempi supplementari, fu una partita noiosissima a dei ritmi super-rallentati, anche in conseguenza dell’altura. Poi appunto ci furono i mitici tempi supplementari e successe di tutto: 2-1 di Gerd Müller, pareggio di Tarcisio Burgnich, 3-2 di Gigi Riva. Fine del primo tempo supplementare. Pareggio ancora di Gerd Müller. Goal decisivo di Gianni Rivera.

Ma lo ripetiamo la partita fu noiosa. Dopo il precoce goal di Roberto Boninsegna l’Italia diede sfoggio di tutte le sue capacità nel famigerato catenaccio reggendo l’urto fisico e non particolarmente creativo dei tedeschi occidentali che trovarono il pareggio nei minuti di recupero grazie al milanista Karl-Heinz Schnellinger. La chiamarono la partita del secolo, ma siamo convinti che quella definizione almeno in parte è usurpata.

Da allora sono trascorsi quasi 52 anni e ieri, in una serata che di primaverile ha ancora pochissimo, scendono in campo due squadre che più diverse non potrebbero essere. Da una parte il Real Madrid di Carlo Ancelotti, la squadra più titolata al mondo, con un’età media non bassissima ma con dei campioni clamorosi come Luka Modrić, Karim Benzema, rispettivamente del 1985 e del 1987 che ogni volta che toccano palla fanno rabbrividire. Dall’altra la squadra di quello che, a nostro avviso, è il migliore allenatore in circolazione, ossia Pep Guardiola, il Manchester City, che dopo aver vinto due soli scudetti, uno negli anni ’30 e uno negli anni ’60, dal 2011-2012 in avanti di scudetti ne ha vinti cinque, esattamente la metà, con buone possibilità di vincere il sesto nella stagione che si avvia alla conclusione. In questo lasso di tempo il City ha vinto anche due FA Cup e sei Coppe di Lega. All’estero? Niente di niente.

Partiamo dagli anni ’10 di questo secolo e confrontiamo le performances in Champions League delle due squadre. Su 11 edizioni il Real Madrid vince la ChLeague 4 volte, 5 volte va in semifinale e due volte viene eliminata agli ottavi. Il Manchester City una volta non partecipa, 2 volte esce ai gironi, 3 volte esce agli ottavi, 3 volte esce ai quarti, guadagna una volta la semifinale nel 2015-2016 venendo eliminata dal Real e una volta, l’anno scorso, perde la finale dal Chelsea, partita peraltro come underdog.

Nella meravigliosa partita di ieri sera che il City non meno di cinque volte ha avuto l’occasione di uccidere, o comunque di ipotecare in modo pesante andando in vantaggio di due, di tre goal si è avvertito, all’interno di un match in cui sembrava fosse stato vietato alle squadre di difendersi, il peso di questa storia così diversa alle spalle. Dopo il 2-0 arriva il 2-1, dopo il 3-1 arriva il 3-2, dopo il 4-2 arriva il 4-3, talché quando mercoledì prossimo ci sarà al Santiago Bernabéu la partita di ritorno sarà tutto ancora aperto.

Difficile storicizzare a così breve distanza ma la partita di ieri sera è stata quanto di più bello si sia visto di recente – e dire che quest’anno si partiva già dalla splendida partita degli ottavi, dove grazie anche alla papera di Gigio Donnarumma, il Real Madrid era riuscito a ribaltare il risultato della partita di ritorno (da 0-1 a 3-1, con tripletta dell’immenso Benzema e il Real aveva già perso 1-0 a Parigi) e a sconfiggere il Paris Saint-Germain, per tacere dei quarti di finale con il Chelsea, 3-1 per il Real Madrid a Londra, lo stesso punteggio, a squadre invertite a Madrid, con vittoria dei madrileni nei tempi supplementari, ancora una volta con Modrić  e Benzema su tutti. Le tre partite menzionate (la seconda con il PSG, le due col Chelsea) sembravano già irraggiungibili in termini di talento, gioia, spettacolo, quando appunto è arrivata la partita di ieri sera, che non doveva finire mai.

Come mai questa concentrazione di così tante belle partite quest’anno? Mi permetto di elencare tre ragioni: 1) l’abolizione del valore doppio dei goal fuori casa; 2) la presenza di un numero spropositato di giocatori di talento; 3) l’assenza delle squadre italiane, vittime di un insopportabile tatticismo. Difficile divertirsi quando giocano squadre italiane, fatta eccezione per alcune partite del Sassuolo, un paio di partite della Fiorentina o del Verona. Le quattro squadre che sono in cima al campionato e tutte rigorosamente fuori dall’Europa sono sicuramente toste e cazzute, ma noiosissime. Almeno a nostro avviso.

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