Downton Abbey – Una nuova era di Simon Curtis

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“Superare gli imprevisti: questa è la vita”. La frase pronunciata dalla vegliarda – molto gagliarda – Violet Crowley (una suprema Maggie Smith, sopra in foto), contessa di Grantham – i cui anni non si riesce nemmeno a contare – è un motto che tutti sono obbligati a perseguire, volenti o nolenti. E di imprevisti la seconda trasposizione cinematografica della amatissima serie televisiva Downton Abbey ne è piena.

Suddivisa in due parti – una ambientata nella vistosa magione dei Crowley, l’altra nella riviera francese – la pellicola srotola due urgenze impreviste: la necessità (economica) di accogliere una troupe cinematografica nella villa (per pagare riparazioni al tetto) con conseguente sconvolgimento dell’ordine solito; l’inatteso arrivo di una eredità – una lussuosa dimora di vacanza sul mare – da parte di un nobile francese alla anziana aristocratica contessa di Grantham. Entrambi gli eventi – come due deus ex machina – hanno la potenza deflagrante di una bomba nelle vite di tutti i numerosi protagonisti: i nobili da una parte, i domestici a loro servizio dall’altra, reagiscono alle novità con diffusa cautela e sospetto: cosa porterà di buono la presa del castello da parte di rumorosi, ingombranti, decisionisti tecnici del cinema, regista, produttore e attori compresi? Per quale ragione un nobiluomo francese, sposato con figlio diretto erede, decide di lasciare in dono un immobile di tale valore a una donna che non ha più visto da sessant’anni?

Molti misteri si infittiscono, il tempo passa nelle vite di Lady Mary (Michelle Dockery), la bella ereditiera che avrà presto lo scettro della casa ma si ritrova sempre sola col marito in viaggio; nella vita della madre, lady Cora Crowley, Contessa di Grantham (interpretata da Elisabeth McGovern, l’amore segreto di De Niro in C’era una volta in America, 1984, di Sergio Leone); in quella della capostipite longeva di ferro che, quando si alletta per riposare, controbatte a chi la sollecita a resistere: “Florence Nightingale si mise a letto all’età di 38 anni e morì a 90”; nelle vite dei domestici, valletti, maggiordomi, cuochi, governanti sul limite di un cambiamento di vita epocale.

La nuova era del titolo è rappresentata in maniera leggera dal passaggio dal cinema muto a quello sonoro: riprendendo la lezione di Cantando sotto la pioggia (regia di Stanley Donen e Gene Kelly, 1952), gli attori del muto tremano davanti alla possibilità di recitare davvero e non mimare con espressioni estremizzare le scene: c’è chi è dotato e ce la fa e chi rimane incagliato a una pessima dizione, a una voce sguaiata, a una incapacità di percepire i tempi cinematografici (il pensiero corre alla voce acuta e inaudibile di Judy Holliday in Nata ieri, George Cukor, 1950). Dominick West  – per le amanti delle serie il personaggio di Noah Solloway nella serie The Affair, creata da Sarah Treem e Hagai Levi), bello e lucido di brillantina nei capelli, un mix tra Clark Gable e Cary Grant, illumina la scena e il futuro del maggiordomo Thomas Barrow (Rob James-Collier): in America, dove l’attore vuole portarlo come assistente personale e forse qualcos’altro, l’omofobia è meno esplicita che in Inghilterra. Il mondo cambia, le ingiustizie, almeno temporaneamente, vengono superate, ma sempre The show must go on – modalità tipica della nobiltà davanti a ogni tipo di tracollo, economico, politico, umano.

Molto più riuscito del primo film tratto dalla serie, Downton Abbey 2 – Una nuova era è una gioia profonda per fan e non: raffinati costumi, glamour, paesaggi, sontuosità e feste francesi all’insegna di nuove disinvolture nelle danze e nei costumi. Una sceneggiatura spumeggiante, ricca di colpi di scena, comici e drammatici, battute perfette di classico humour inglese, le migliori sempre provenienti dalla cruciale contessa di Grantham, alla fine della vita: “Ho visto qualche film. Avrei giurato che il divertimento fosse nel silenzio” riguardo all’arte cinematografica. E anche: “Essere felici nel modo inglese: vivere cinquant’anni insieme senza dirsi niente.” riguardo al suo matrimonio. Ma qualche battuta sagace è regalata ad altri personaggi: “Sei la persona meno francese che conosca: non ti piace nemmeno l’aglio” Cora rassicura suo marito Robert, il conte, quando teme di essere figlio di un tradimento francese rimasto segreto per anni.

Stuzzicante nella confezione, nella cura dei dettagli, nelle musiche, nel montaggio, nella regia. Un bel regalo da farsi: andare in una sala buia a gustarlo. Si esce col sorriso sulle labbra, cosa rara.

In sala dal aprile.


Downton Abbey – Una nuova era – Regia: Simon Curtis; sceneggiatura: Julian Fellowes; fotografia: Andrew Dunn; montaggio: Adam Recht; musica: John Lunn; interpreti:  Hugh Bonneville, Jim Carter, Michelle Dockery, Elisabeth McGovern, Maggie Smith, Imelda Staunton, Hugh Dancy, Nathalie Baye, Dominic West, Laura Carmichael, Laura Haddock; produzione: Carnival Film, Focus Features;origine: Gran Bretagna, 2022; durata: 125’; distribuzione: Universal Pictures.

 

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