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Elisabeth è un documentario di archivio che non mira a una glorificazione né a una apologia della Regina Elisabetta piuttosto a connotarla di un colore scanzonato e privato, che diventa il racconto di un’epoca più che di un lunghissimo regno (a breve settant’anni). Dagli anni trenta al Duemila venti: una corsa contro il tempo attraverso un secolo di Storia.
La regina Elisabetta è un’icona, un brand, un merchandising a tutto tondo: è una tazza da cui bere il thè, una sciarpa, un asciugamano, è una simpatica vecchietta che ha fatto girare le sorti del mondo contemporaneo mentre tutto attorno cambiava.
Attraverso la giustapposizione – ironica a volte, irriverente fino ai confini dell’irrispettoso – di immagine e musica a contrasto (contemporanea pop, rap composti per lei, musica nota alle orecchie dei più), Elisabetta dalla perfetta chioma bianca cammina nell’immenso corridoio del palazzo della residenza di Windsor e guarda dalla finestra, verso il futuro, verso il suo paese, verso i suoi sudditi.
Ogni gesto è ripetuto all’infinito, ogni sorriso è ripetuto in ogni circostanza formale ufficiale, ogni volta che saluta la folla in visibilio con la mano destra con le dita leggermente a cucchiaio verso l’alto mossa a destra e sinistra, mantiene la spontaneità della prima volta.
Lei è il centro del film, la sua storia, ciò che definisce il suo destino di regina: Elisabetta ha viaggiato tutta la vita per il mondo (tutti i continenti, più volte: fino all’Oceania, l’Australia, la Nuova Zelanda, le Americhe, l’Africa…) con il suo aereo privato e il panfilo Britannia (che recentemente ha dovuto ormeggiare permanentemente fuori dall’acqua per costi eccessivi), ha conosciuto i personaggi che hanno fatto la storia (da Churchill a Nixon), ha detto si o no a decisioni cruciali per i movimenti mondiali.

Diviso in parti, dai titoli talvolta fuorvianti, brevi e compatti, alterna materiali d’archivio storici, reportage televisivi britannici, riprese recenti, spezzoni di film che la ritraggono o la ricordano (in primis la famosa e riuscita serie tv The crown – con una grandiosa Olivia Coleman che la interpreta magistralmente), dal cartone animato Peppa Pig a 007 con James Bond (versione Daniel Craig) che, in una scena, la sollecita (a una attrice che la interpreta) a lanciarsi da un aereo col paracadute, a Mister Bean (Rowan Atkinson), a Cleopatra interpretata da Liz (Elisabeth, guarda caso) Taylor davanti a una moltitudine di egiziani adoranti.
Molti sorrisi, spesso doverosi, qualcuno davvero sincero, appaiono sul viso cangiante della regnante che, sin da bambina, ha saputo di doversi esercitare nelle sue funzioni pubbliche, sacrificando forse la propria identità, le personali attitudini naturali di un comune essere umano.
A cavallo della storia, una donna di ferro (soprannome che però fu destinato a una sua compagna di strada, Margaret Thatcher) che non molla un colpo, che gioca con Richard Attenborough nel parco leggendo le targhette sotto alberi di tipologie diverse. piantate per la nascita di figli e nipoti, col quale riesce a scherzare riguardo a una meridiana posizionata erroneamente all’ombra (senza alcuna possibilità di essere illuminata dal sole e, dunque, servire a qualcosa) in uno scambio di battute che pare scritto da un fine sceneggiatore hollywoodiano: La regina: “potremmo spostarla”. Attenborough: “se interessa sapere l’ora”.
C’è tutto dentro i novantasei minuti di film: i Beatles a corte (per essere proclamati baronetti), l’incoronazione, la nascita dei figli, gli imbarazzi e le gaffe, lo humour inglese che sempre ha scherzato con la monarca, la musica composta in suo onore, i ritratti (prima pittorici, poi fotografici), il protocollo, l’educazione, le trasferte, la controfigura durante le prove delle cerimonie, i piccoli momenti di leggerezza nel comportamento (molto bello il gioco di acchiapparsi sulla nave coi marinai, prima di diventare regina, quando era solo una principessa), la morte del padre, gli scandali, il paragone con Monna Lisa, tutti gli incontri con gli attori a corte (Sophia Loren, Marilyn Monroe…), Lady Diana, il riserbo dei reali alla sua morte (assai disapprovato dalla popolazione), le fiabe, la passione per i cavalli e le corse, gli incontri cruciali, l’ironia contrapposta alla rigidità degli obblighi: una vita trascorsa in un ruolo dalla formalità strettissima eppure nel privilegio assoluto.
Viene fuori una sorta di disegno che suona stridente in questo mondo cambiato e stravolto dalle guerre (ma anche nell’arco dei settant’anni di reame è avvenuta la seconda guerra mondiale – a Dresda, bombardata dagli inglesi, molti anni dopo, infatti, la regina viene fischiata e diviene oggetto di lancio di uova) per la magnificenza e grandiosità degli spazi, dello strascico di ogni mantello o abito di gala, dal peso fisico della corona (“per fortuna io e mio padre avevamo la stessa misura della testa”), per abisso tra fuori e dentro il palazzo.
Finale a ritroso: Queen Elisabeth stringe le mani oggi, ieri, due mesi fa, decine di anni fa, a quarant’anni, a venti, da bambina, principessina scatenata nei giochi con la sorella, sempre (e per sempre) sotto gli occhi dei riflettori. Buonanotte è il titolo dell’ultimo capitolo.
Il regista Roger Michell, recentemente deceduto, ha fatto un ottimo lavoro: intrigante e maestoso, sottile e raffinato, pieno di anse e curve su cui riflettere e immaginare un mondo dorato con poco senso rimasto, tanto spreco, lusso e onorificenze che ricordano troppo le ingiustizie del mondo.
In sala dal 16-18 maggio 2022
Il 4 giugno ore 0,30 in onda su RAI 1
Elizabeth ( Elizabeth: A Portrait in Part(s) ) – Doc. – Regia e sceneggiatura: Roger Michell; fotografia: George Fenton; montaggio: Joanna Crickmay; produzione: Free Range Films, Ingenious Media, Riba Films; origine: GB, 2022; durata: 100’; distribuzione: Lucky Red
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