Akiplėša (Toxic) è il debutto nel lungometraggio della lituana Saulė Bliuvaitė, la regista più giovane a partecipare al Concorso Internazionale. Il film parla di Marija (Vesta Matulytė) e Kristina (Ieva Rupeikaitė), due ragazze che per fuggire dalla città industriale in declino dove vivono, frequentano una scuola locale per modelle.
Saulė Bliuvaitė ha detto di essersi ispirata al documentario Girl Model (David Redmon e Ashley Sabin, 2011) e da varie esperienze nell’area dov’è cresciuta quando era adolescente, oppure di sue amiche. Inoltre riguardo all’importanza della comunità attorno alle ragazze costituita sia da attori professionisti che da persone del luogo, ha detto: la maggior parte delle location del film, sono nella parte industriale della mia città natale, costruita durante l’occupazione sovietica, e ora mezzo abbandonata,… per girare le scene, dove vivono ancora delle persone del luogo, abbiamo chiesto loro aiuto e alcuni sono stati disponibili anche a farci girare nelle loro case e dintorni.
La protagonista Vesta Matulytė, è una modella, che non sembrava interessata a diventare attrice ma: la mia famiglia e il mio agente mi hanno detto che le opportunità si sfruttano e non si lasciano scappare, e quindi deciso di partecipare al film. Ora ne sono davvero grata, perché da piccola avevo il sogno di fare l’attrice, ma lo avevo accantonato. Guarderò ora al cinema in maniera diversa.
Per Ieva Rupeikaitė, invece, la partecipazione al film è nata così: ero alla mia primissima lezione a una scuola di modelle, e Saulé ha parlato con il direttore del casting, per chiedergli di farmi un provino. È stato il mio primo film, e ha cambiato la mia prospettiva di vita, mi piacerebbe continuare a proseguire in futuro questo lavoro.
Akiplėša mantiene alta l’attenzione dall’inizio alla fine. Sembrerebbe un film sul bullismo ma presto vediamo la relazione tra le protagoniste passare dall’”odio” all’essere amiche inseparabili. Le due ragazze sognano un futuro lontano, fare carriera a Parigi o a New York, come tutte le adolescenti hanno desideri e sogni, nonostante il luogo dove vivono non offra molte possibilità. Ma non vedremo solo la loro vita di modelle portarle a fare qualsiasi cosa per soddisfare criteri folli di peso e di linea (saltare i pasti, indurre vomito, ingerire uova di tenia, ecc.). La regista non ha voluto esplorare solo la loro esistenza ma ha introdotto diversi altri personaggi di contorno. Abbiamo una donna, amica di Marija, con la sindrome che la fa sembrare ben più grande delle altre, ma che avrebbe voluto sperimentare ciò che fanno le teenager: amicizie, amori, fumare e via dicendo.
I ruoli maschili sono diversi fra loro, ma tutti molto negativi, i ragazzi molestano le donne, vogliono solo divertirsi con loro e sono visti dalle protagoniste un po’ come avvolti o come il lupo cattivo delle favole.
Entrambe le ragazze sono senza una madre che rappresenti un modello da seguire, e il loro ambiente “tossico” viene messo in evidenza grazie alle immagini che collegano la città in lento degrado alle ragazze che “distruggono” i loro corpi per sentirsi più belle e più amate, nonostante il vuoto che le circonda.
Saulė Bliuvaitė ha portato sullo schermo non solo la drammatica situazione dell’ambiente ma anche l’alchimia del corpo umano. Quest’ultimo è usato come progetto, valuta, oggetto di desiderio, fonte di dolore e di sogni.
Più che indagare sull’idea politica e sociale dietro alle scuole di modelle della Lituania, viene mostrata la nocività di un luogo che non motiva i giovani e non dà loro prospettive, portandoci a riflettere sulle emozioni dei personaggi e a catturare anche i sentimenti non espressi a parole, quelli più intimi e individuali.
Non è certo uno sconosciuto a Locarno Hong Sangsoo: difatti dei suoi 32 lungometraggi, questo SUYOOCHEON (By the stream) è il quarto portato al Festival, l’ultimo era stato Hotel by the River (2018) mentre, nel 2015, aveva vinto il Pardo D’oro con il film Right Now, Wrong Then
Jeonim (Kim Minhee) insegna in un’università per sole ragazze e si ritrova nei guai dato che il regista del gruppo di teatro era stato allontanato dalla scuola a causa di uno scandalo; intretteneva rapporti con tre studentesse contemporaneamente. Jeonim chiede allora a suo zio (Kwon Haehyo), che era stato attore e regista prima di diventare libraio, di mettere in scena uno spettacolo organizzato dal suo dipartimento. L’uomo accetta con piacere e inizia a lavorare con le attrici, avvicinandosi nel frattempo anche a una professoressa collega di Jeonim (Cho Yunhee), che da subito si confessa grande ammiratrice del suo lavoro.
Ogni giorno, Jeonim va nei pressi di un ruscello a disegnare mentre apprendiamo che era accaduta una cosa simile in quella stessa università. Infatti, anche 40 anni prima, era scoppiato uno scandalo analogo, e ora come allora Jeonim e lo zio finiscono per esserne coinvolti.
Hong Sangsoo: la natura è veramente importante nei miei film, il tempo meteorologico, gli animali, i ruscelli, gli alberi, il cielo… È uno stimolo per me, incluse le persone. Quando mi avvicino a una persona, però, è un incontro di narrativa, conosco la storia e mi addentro nelle relazioni delle persone. Ma la natura mi parla in modo differente, perciò sono felice quando porto sullo schermo entrambe le cose, è come galleggiare sull’acqua uomini e animali, a volte la corrente è forte, altre invece calma, e piacevole.
Del film hanno parlato anche i tre protagonisti.
Kwon Haehyo: ogni mattina quando ricevevo il nuovo script dovevo farlo mio, e all’inizio mi sembrava molto frustante, ma con il passare del tempo è diventato più facile esprimere i miei sentimenti come attore, e mi sentivo molto libero sul set. Nessuno degli attori conosceva tutta la storia ma ricevevamo lo script ogni mattina. Non c’è, così, nulla di preparato all’inizio, solo il senso di quanto andrai a creare di volta in volta. È il mio undicesimo film con Hong Sangsoo, e sempre abbiamo bevuto alcol in scena, senza però perdere la necessaria concentrazione per portare avanti i dialoghi.
Hong Sangsoo ha allora aggiunto: ero un bevitore molto forte, e la vita senza bere mi sembrava impossibile. Sei anni fa ho avuto un problema di salute, per cui ho dovuto smettere. Ma ho ancora tanti ricordi del bere, che girare senza, mi sembra quasi impossibile. Mi sento confortato dal fatto che delle scene dove si beve, condivido molte sensazioni.
Kim Minhee: c’era assoluta libertà per interpretare il mio personaggio. Anche a me è piaciuto bere, nel film e fuori, senza arrivare ad essere ubriachi, perché trovo che mi aiutava a recitare.
Cho Yunhee: quando lavoro con Hong Sangsoo, so già che riceverò lo script giorno per giorno, senza avere idea di cosa succeda dopo. Quindi, possiamo analizzare e intellettualizzare il personaggio che staremo per fare il giorno stesso, e trovo che in questo modo ci sia più libertà rispetto agli altri film fatti differentemente. Quando bevi un pochino ti senti bene, ti diverti, e così abbiamo girato scene deliziose.
Si tratta di un film commuovente in comunicazione diretta con il cuore. Hong Sangsoo esamina e ci racconta l’ambiente in cui vive e le sue radici nella Corea del Sud. SUYOOCHEON, che ci è sembrato uno delle opere più riuscite del regista sudcoreano, si conclude con un fermo – immagine, che ti rimanda ad una domanda senza risposta: ma come mai chiudere con un fermo-immagine?