I cassamortari di Claudio Amendola

2.5

Non ci hanno manco provato a portarlo nei cinema i produttori e gli autori (regia Claudio Amendola, soggetto di Amendola con la moglie Francesca Neri) de I cassamortari; e se non vado errato non è neanche rintracciabile online il sito del film. E quindi, dal 24 marzo, questo lungometraggio si trova direttamente su Prime Video. Che strano!

Vorremmo saperne di più (Amazon non ha voluto?) di questa scelta in tono minore, in un’epoca in cui tutto sembra che stia lentamente tornando alla normalità e un primo seppur rapido sfruttamento nelle sale non sarebbe stato del tutto implausibile, sconsigliabile, sia perché il grosso della stagione cinematografica parrebbe già passato, sia perché il film non dev’essere costato pochissimo a giudicare ad esempio dal cast – e proprio il cast un po’ di gente al cinema l’avrebbe forse anche trascinata. Seguendo un rigoroso ordine alfabetico: Alice Benvenuti (giovane attrice emergente, decisamente la più sconosciuta rispetto ai nomi che seguiranno), Sonia Bergamasco, Massimo Dapporto, Antonello Fassari, Massimo Ghini, Edoardo Leo, Giuliana Lojodice, Lucia Ocone, Pierò Pelù, Alessandro Sperduti, Gianmarco Tognazzi. In questa lista di attori piuttosto celebri c’è qualcuno – lo avrete notato – che di solito l’attore non lo fa, ed è Piero Pelù che è stato convocato da Amendola a fare un po’ se stesso, cioè il divo rock, un divo rock decisamente sopra le righe dal nome che è tutto un programma, ossia Gabriele Arcangelo, che predica bene (l’astinenza dalle droghe) ma razzola male (muore di fatto di overdose).

E malgrado Pelù muoia piuttosto presto (non è passata neanche mezz’ora) resterà in scena per quasi tutto il film, perché intorno al suo funerale (ma sarebbe più opportuno usare il plurale) si può dire che ruoti tutto il film.

La famiglia Pasti, i cassamortari del titolo, conta infatti di rimettersi in sesto grazie a questo celebre funerale, ché a distanza di decenni l’Agenzia delle Entrate è venuta a bussare alle porte esigendo il pagamento retroattivo di quelle tasse che per tradizione familiare nessuno si era mai degnato di pagare. La famiglia Pasti (Ghini, Ocone, Tognazzi, Sperduti, e la vedova Lojodice) gestisce a Roma una sontuosa agenzia di pompe funebri da una vita, sempre che questa iperbole non risulti fuori luogo a fronte di un’impresa alla quale la vita interessa solo quando si è conclusa, in linea con il motto esposto nel prologo dal padre/patriarca (Edoardo Leo), adesso defunto, il quale era, per l’appunto, solito sostenere: morire devono tutti ma sono in pochi ad arricchirsi, e noi siamo fra quelli.

La storia – rimettersi in piedi riuscendo a lucrare il più possibile su una morte celebre – non sarebbe in sé nemmeno male. Alcuni attori sono anche bravini: da Tognazzi che all’interno dell’azienda è l’artista del gruppo, ossia colui che restaura i morti sfigurati (e su Gabriele alias Piero c’è abbastanza da fare), che si è chiuso in un mutismo selettivo (parla solo con i morti!), a Leo nel suo super-cameo, a Bergamasco, pur in uno dei suoi consueti ruoli di donna altera, rigida e severa (un po’ tipo il ruolo che interpretava in Quo vado con Checco Zalone), fino ad arrivare a Giuliana Lojodice, una vera grande dame e a Pelù, che da Sonia Bergamasco, sua compagna e agente, si lascia anche dire, quasi senza batter ciglio, una gran verità che riguarda certo il personaggio ma forse non solo lui, ossia che da trent’anni scrive sempre la stessa canzone…

Piero Pelù © Paolo Modugno

Altri attori sono magari un po’ troppo macchiette: Ghini che ci va giù pesante sull’avidità e sul romanesco e anche Chiara Ocone, all’inizio scopatrice seriale di vedovi e a cui in seguito è invece affidato il ruolo di mettere in crisi la filosofia aziendale tutta improntata al lucro, non dispone, diciamolo pure, di una vasta gamma di espressioni.

L’ambizione di Amendola è quella di creare un mix fra Six Feet Under e la vecchia sana commedia all’italiana, incentrata su un gruppo di personaggi a tutti gli effetti mostruosi, proprio nel senso di Dino Risi. La sceneggiatura in molti casi, va detto, fa acqua, a cominciare dal fatto che tutti, proprio tutti, i fratelli non hanno famiglia, che vivono ancora nella villa di mammà. D’accordo l’iperbole satirica, ma non esageriamo vivaddio – e anche gli amorazzi che emergono strada facendo (almeno tre) danno vita a dialoghi improbabilissimi. Peraltro, a proposito di iperbole satirica: il caso ha voluto che proprio in questi giorni chi scrive abbia rivisto I mostri. È brutto dirlo, forse, ma era davvero tutta un’altra cosa.

Su Amazon Prime dal 24 marzo 


Cast & Credits

I cassamortari – Regia: Claudio Amendola; soggetto: Claudio Amendola, Francesca Neri; sceneggiatura: Claudio Amendola, Kissy Dugan, Roberto Jannone; fotografia: Maurizio Calvesi; montaggio: Mirko Platania, Cecilia Zanuso; interpreti: Alice Benvenuti, Sonia Bergamasco, Massimo Dapporto, Antonello Fassari, Massimo Ghini, Edoardo Leo, Giuliana Lojodice, Lucia Ocone, Piero Pelù, Alessandro Sperduti, Gianmarco Tognazzi; produzione: Amazon Prime Video; distribuzione: Vision Distribution; origine: Italia, 2022; durata: 99′

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