‘Tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo’, scriveva Tolstoj.
Da questo assunto muove i propri passi il film diretto da Philippe Lacôte, a metà tra il dramma familiare e il (neo) noir, tratta dal racconto The Jealousy Man del Norvegese Jo Nesbø, su sceneggiatura di Matt Charman e Roberto Bentivegna.
Nick Bali (Joseph Gordon-Levitt) è un detective privato con seri problemi di alcolismo, fuggito da New York, da sua moglie e da sua figlia prima di commettere un atto irreparabile, e rifugiatosi in Grecia dove sopravvive come investigatore privato. Ingaggiato dall’avvenente Penelope (Shailene Woodley) , si reca a Creta per indagare sulla morte del cognato Leo Vardakis (Richard Madden), giovane rampollo di una ricca e potente famiglia di armatori, alla cui accidentalità non crede. Leo, precipitato inopinatamente da una parete rocciosa malgrado fosse un esperto arrampicatore, ha sempre avuto un rapporto burrascoso con la propria famiglia, dai cui affari è stato presto estromesso in favore del gemello Elias. La rivalità tra i due, uguali nell’aspetto ma diversissimi nell’indole, non si ferma certo al prestigio e all’ambizione personale, ma coinvolge anche la sfera affettiva, poiché sono entrambi innamorati di Penelope, che finirà per sposare il più scaltro e determinato Elias. Nonostante il caso sia stato frettolosamente chiuso dalla polizia su pressioni della famiglia, che pare tenere in pugno l’intera isola, i sospetti di Nick si concentrano da subito su Elias. In questo clima di ombre e veleni, pare avere un ruolo non chiarissimo anche la madre Audrey Vardakis (Clare Holman) che, dopo la morte del marito, tiene saldamente in mano le redini della famiglia. Sebbene celate sotto una spessa coltre di cenere, verranno così alla luce le braci ardenti di un’insanabile rivalità, le gelosie e le lotte intestine per la conquista del potere, una pesante eredità familiare cui i due fratelli non potevano sottrarsi.
Se il già citato racconto di Jo Nesbø fornisce il canavaccio per narrare le vicende familiari a tinte noir del casata Vardakis, il film pare avere ambizioni più alte, sviluppando l’intreccio attorno a temi cardine come la lotta per il potere, l’autoaffermazione posta sotto scacco da retaggi familiari, la gelosia, l’infedeltà, l’ipocrisia e l’ambizione personale, sui quali si innestano riferimenti alla mitologia ellenica.

Uno dei protagonisti, riferendosi a loro, non a caso affermerà: “E’ un clan che sembra venuto fuori da un libro di Tolstoj”, ma l’armamentario con cui la vicenda viene presentata è quello noir e/o neo- noir, dove ai vicoli bui e angusti della città vanno sostituendosi gli assolati panorami e gli spazi aperti offerti dall’isola di Creta (quella degli spazi aperti in un neo-noir non è certo una novità in senso assoluto). Le zone d’ombra, semmai, le troviamo tutte nell’animo dei protagonisti, ossessionati, ognuno a proprio modo, dal sentimento della gelosia, dell’invidia: non solo i gemelli Vardakis, ma anche il private eye interpretato da Gordon-Levitt, spiantato e senza affetti, prigioniero nella prigione senza pareti che è la sua mente.
Anche l’avvenente Penelope – Dark Lady atipica, non esattamente memorabile come l’interpretazione che ne da Shailene Woodley – si dibatte e lotta contro lo status di rassegnata passività che le è stato cucito addosso, cercando libertà ed emancipazione. Lo sviluppo dell’intreccio, dunque, ripropone quasi per intero i topoi di questo genere letterario e cinematografico, allorché la voce-off del protagonista ci accompagna nella sua precipitosa discesa all’interno di un universo-gorgo tipicamente noir.
Sebbene, dunque, i possibili elementi di interesse sembrano esserci tutti, in questa opera a mancare, forse, è una certa incisività. L’intreccio scorre via bene ma in modo prevedibile, con qualche forzatura di troppo in fase di sceneggiatura (l’ostinazione con cui il protagonista decide di seguire il caso fino in fondo appare a tratti eccessiva), con dialoghi in alcuni casi stereotipati (‘Dovresti lasciar perdere! Vivi la tua vita’) e una caratterizzazione di alcuni personaggi quasi abbozzata (in particolar modo quello di Elias Vardakis), rendendo il lavoro degli attori non certo agevole.
Si tratta, in ogni caso, di un film che qualche ragion d’essere la possiede, si lascia pure vedere ma che può essere apprezzato soprattutto dagli amanti del genere.
Su Amazon Prime Video
Killer Heat – Regia: Philippe Lacôte; sceneggiatura: Matt Charman, Roberto Bentivegna, da un racconto di Jo Nesbø; fotografia: Andrew Dunn; montaggio: Jay Cassidy, Neil Smith; musica: Joseph Shirley; scenografia: Jess Coffer; interpreti: Joseph Gordon-Levitt (Nick Bali), Shailene Woodley (Penelope), Richard Madden (Leo/Elias Vardakis), Clare Holman (Audrey Vardakis), Babou Ceesay (Georges Mensah); produzione: Brad Weston, Collin Creighton, Tom Karnowski; origine: USA, 2024; durata: 97 minuti; distribuzione: Amazon Prime Video.