Le cinque rose di Jennifer di Annibale Ruccello (per la regia di Gabriele Russo)

  • Voto
4.5

Un ambiente disordinato, anarchico, quasi kitsch,  con vestiti colorati sparsi ovunque,   una radio, maliziosa complice del gioco e uno specchio in fondo alla stanza,  fanno da sfondo alla presentazione e alla trasformazione di Jennifer, esilarante, pittoresca, dolce, sensibile, malinconica al tempo stesso.

Jennifer è un travestito romantico e sognatore che abita in un quartiere popolare napoletano negli anni ottanta. Chiuso in casa in attesa della telefonata di Franco, l’ingegnere  di cui è innamorato, gli dedica con passione canzoni d’ amore che trasmette la radio,  che nel frattempo passa distrattamente  atroci aggiornamenti sul serial killer che sta trucidando proprio i travestiti del  quartiere.
C’è poi un uomo, un’ entità di difficile identificazione che si aggira vicino casa di Jennifer: inquietante, misterioso, sembra la sua ombra. Poi si materializza, in carne e ossa nelle fattezze di Anna e bussa alla sua porta, portando in casa inquietudine e un pizzico di terrore.
E’ Il suo alter ego? L’ assassino.. o un semplice passante, spaventato dalla solitudine come Jennifer? I quesiti rimangono sospesi nel vuoto della solitudine che avvolge l’ atmosfera e i due personaggi.
Le 5 rose di Jennifer è un crescendo emotivo che segue gli stati d’ animo del suo personaggio chiave, dapprima sognante, idealista e romantico, poi disilluso, disperato e solo, infine terrorizzato e spaventato.
La protagonista/ il protagonista di questa appassionata pièce è caleidoscopica e intrigante perché non può essere racchiusa in una o più definizioni circoscritte.
E questa, anzitutto, è la grandezza de Le 5 rose di Jennifer perché lei è un travestito multiforme, capace di indossare contemporaneamente più maschere, di rivestire più ruoli, di sentire tutto in modo intenso e struggente.
Ci sono personaggi  talmente umani nella loro fragilità da sembrare quasi  universali, perché possiamo toccare con mano la loro gioia di vivere, la sottile malinconia, le contraddizioni che li animano,  la profonda tristezza dello sguardo.
Ci somigliano  perché riusciamo a specchiarci nei loro contrasti che li rendono vivi  complessi e in perenne conflitto con loro stessi.
Questa è Jennifer, che a volte  interpreta, piena di gioia le canzoni di Mina e Patty Pravo, sognando di danzare con Franco, suo amore che aspetta da tre mesi; qualche volta si dispera per quella maledetta telefonata che non arriva mai; più spesso piange e ride istericamente, assumendo un ghigno simile a joker,  perché lei, in fondo, ha la solitudine e la verità propria di quel personaggio e non riesce più a nascondersi.
A volte, invece, Jennifer quasi fosse una creatura partorita dalla  fantasia di Almodovar, si lascia accarezzare dall’idea della sua femminilità, ancheggia e si trasforma, portando con fierezza il suo corpo ” da femmina ” in scena . Perché lei, donna ci si sente profondamente. Un testo toccante e profondo quello di Annibale Ruccello, doloroso e intenso che parla con verità e dolcezza di una solitudine inconsolabile.
Imperdibile.
In scena al Teatro Vascello fino al 16 aprile

Le cinque rose di Jennifer di Annibale Ruccello; regia: Gabriele Russo; scene: Lucia Imperato; costumi: Chiara Aversano; disegno Luci: Salvatore Palladino; interpreti: Daniele Russo, Sergio Del Prete; produzione: Fondazione Teatro di Napoli  Teatro Bellini; durata: 90′

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