A quasi un anno dalla presentazione a Venezia (sezione Orizzonti Extra) esce al cinema, per conto della casa di distribuzione spagnola Vertice360 (che da due anni vanta anche una sua sede in Italia e che per lo più, ma non solo opera su piattaforme), il film di Robert Lorenz che in italiano risponde al vaghissimo titolo L’ultima vendetta ma che in inglese si sarebbe chiamato In The Land of Saints & Sinners, un titolo sulla carta assai più connotato ma che, una volta visto il film, risulta altrettanto vago, ingiustificato e diciamolo pure posticcio. Con tutto il rispetto per le piccole case di distribuzione, non è possibile non domandarsi perché questo film arrivi a metà luglio in Italia, dopo che, potendosi avvalere della distribuzione internazionale di Netflix (e anche di Amazon Prime), il film è uscito, ormai da mesi, nei principali paesi europei (Francia, Germania, Regno Unito) direttamente su piattaforma. Persino in Irlanda, il paese che lo ha prodotto e dove è ambientato, il film nelle sale non è mai arrivato.
Una domanda, la mia, che scaturisce (anche) dal fatto che il film di Lorenz, pure in questo caso sarò esplicito, non è davvero granché. Trattasi di un cosiddetto period film, ambientato in Irlanda all’epoca della guerra civile, fra Belfast e un villaggio minuscolo denominato Glencolmcille (217 abitanti) della contea di Donegal. Un gruppo di terroristi dell’IRA compie un attentato nel centro di Belfast in cui, loro malgrado o per loro imperizia, restano vittime anche degli innocenti, fra cui bambini. E per sfuggire alla cattura finiscono per l’appunto nel summenzionato paesello dove abita una parente e dove parrebbe piuttosto semplice imboscarsi. Si dà il caso tuttavia che anche in questo posto sperduto non ci siano solo buffi paesani che trascorrono le serate nell’unico pub e che per questo neanche troppo vagamente tendono all’alcolismo, oltre a praticare la musica locale, ethnicity a sfare.
Proprio a Glencolmcille vivono nell’ordine: 1) un boss criminale in incognito; 2) un sicario in incognito (interpretato da Liam Neeson), ovvero un personaggio che compie omicidi su commissione per conto del boss, di cui sopra; 3) un poliziotto, diciamolo pure, piuttosto inutile e abbastanza coglione che del sicario, guarda caso, è amico da sempre: il loro hobby principale sono gare di tiro a segno contro le lattine, nelle quali il sicario sbaraglia sempre il poliziotto, che non si chiede come abbia fatto l’amico a raggiungere tanta dimestichezza (ah già, Finbar, così si chiama il personaggio interpretato da Neeson, è stato in guerra e ha una mira infallibile, vabbè).
All’apparenza un autentico duro, un asceta del crimine, Finbar è in realtà un personaggio dolente e danneggiato pieno di cicatrici: la guerra appunto, e, soprattutto, la moglie morta. Adesso ha deciso di appendere il fucile al chiodo, anche perché udite udite si è messo a leggere, guarda caso, Dostoevskij, ma che cosa, vi chiederete, di Dostoevskij? Ma è ovvio: Crime and punishment, ovvero Delitto e castigo. In realtà, già prima di diventare un novello Raskolnikov, Finbar, in occasione di ogni omicidio e relativa sepoltura della vittima, è solito piantare un albero, non si capisce se come gesto di espiazione o come mero dato statistico, tanti omicidi tanti alberi. Come ben si comprende, già dopo questi pochi dettagli il plot fa acqua da tutte le parti, soprattutto tenendo conto di come un personaggio del genere (e non solo lui) abbia potuto svolgere la propria attività criminosa all’insaputa del mondo, in un posto dove tutti, com’è ovvio, conoscono tutti. Mah!
Quando poi le due trame – i terroristi imboscati e il killer smanioso di redenzione – vengono a intrecciarsi, dall’acqua in cui sguazza la sceneggiatura si passa al fuoco perché inizia un tutti contro tutti (che non racconterò) con i terroristi improbabilissimi, soprattutto la terrorista, interpretata dalla brava Kerry Condon (qui purtroppo totalmente fuori ruolo), che è un’esagitata del tutto priva di credibilità (si contano decine di “fucking” al fine di rendere il suo eloquio torvo e cattivo). Né aiuta l’uso totalmente stucchevole della musica extradiegetica e soprattutto del paesaggio, dove il drone regna sovrano, a mostrare ad abundantiam scogliere e frangenti, e, come cantava Battisti, “le distese azzurre/ e le verdi terre/ le discese ardite/ le risalite”.
In sala dal 17 luglio 2024
L’ultima vendetta (In the Land of Saints and Sinners) – regia: Robert Lorenz; sceneggiatura: Mark Michael McNally, Terry Loane; fotografia: Tom Stern; montaggio: Jeremiah O’Driscoll; musica: Diego, Nora e Lionel Baldenweg; interpreti: Liam Neeson (Finbar), Kerry Condon (Doireann McCann), Jack Gleeson (Kevin) Ciarán Hinds, Sarah Greene, Colm Meaney, Conor MacNeill, Desmond Eastwood, Niamh Cusack ; produzione: Facing East, RagBag Pictures, Prodigal Film; origine: Irlanda, 2023; durata: 106 minuti; distribuzione: Vertice360.