Teatro: Zio Vanja per la regia di Leonardo Lidi

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Zio Vanja in scena al Teatro Vascello di Roma fa parte della seconda tappa della trilogia cechoviana a cura di Leonardo Lidi che ha debuttato con successo l’anno scorso con Il Gabbiano e che chiuderà il sipario il prossimo anno con Il giardino dei ciliegi.

Lavorando su uno spazio asfittico e asfissiante, Lidi pone l’attenzione su un microcosmo familiare il cui orizzonte, apparentemente limitato, trascende sempre i confini del suo piccolo mondo per diventare specchio di una realtà sociale più complessa e strutturata.

Già con Lo zoo di vetro ( al Teatro Vascello, 2022) il regista analizzava un piccolo universo, stretto in uno spazio angusto e tenuto assieme da ruoli “amari” assegnati dal destino.

I  personaggi dello Zoo di vetro “costruiti da Lidi” erano destinati a ripetersi in eterno: gli uomini erano evasivi ed eternamente in fuga, le donne invece erano impossibilitate a scappare e costrette a farsi carico di uno spazio enorme da riempire, vuoto e inutile, proprio come le loro vite. La sofferenza familiare era profonda ed evidente fin da subito. Il dramma, nello Zio Vanja, è invece più silente, interiore, quasi sussurrato.

Per costruire il sottile dramma dell’inerzia il regista parte dallo spazio scenico per restituire al pubblico la sua idea dei rapporti familiari e sociali: circondati da una struttura di legno maestosa quanto immobile, i protagonisti sono bloccati nell’immobilismo della provincia russa e si lamentano dei propri fallimenti e di una vita senza possibilità di fuga. Gli attori, sulla scena,  hanno un raggio di azione limitato e sono ostacolati dell’imponente struttura che li contiene e che li limita al tempo stesso. Le assi di betulla rappresentano le loro frustrazioni di una vita, le occasioni mancate e i sogni mai realizzati o forse mai sognati.

Vanja (un eccezionale Massimiliano Speziani) ha 47 anni, è diventato l’amministratore frustrato della tenuta ed è al servizio assoluto del cognato Serebriakov (Maurizio Cardillo), un tempo un illustre professore che ormai ha poco da raccontare, a parte i suoi continui malanni.

La sua giovane seconda moglie, desiderata da tutti e affascinante quanto annoiata dalla vita, Elena, (Ilaria Falini) non sembra avere uno scopo concreto e la paziente e laboriosa Sonja (Giuliana Vigogna), figlia bruttina di primo letto del professore, è una lavoratrice paziente e dedita ma non ha speranze di fare innamorare di sé il dottor Astrov (un sempre convincente Mario Pirrello), un uomo bizzarro che si attacca spesso alla bottiglia per resistere al  noioso mestiere di medico.

Completano il deprimente quadretto umano, Telegin (un eccezionale Giordano Agrusta)  l’anziana madre (un’assertiva e ossessiva Angela Malfitano), e la “ spassosa”  la njanja, (la tata)  Marina (Francesca Mazza), in vestaglia color fucsia, con i bigodini in testa e completamente vinta dalla sua stessa inerzia.

Tutti, in un modo o nell’altro, sembrano frustrati, annoiati e disillusi, ma non hanno aspirazioni concrete o sogni realizzabili. Si arrangiano, cercando di trovare un antidoto alla noia che li divora.

Lo Zio Vanja è  il ritratto di una piccola umanità stretta e soffocata dalla mancanza di orizzonti e di aspirazioni. Il dramma interiore di ciascun personaggio è nervoso, poco urlato, perché si consuma nel silenzio della noia e nella consapevolezza dell’impossibilità di cambiamento.

Tra amori non ricambiati, ossessioni e sogni mai realizzati,  è il dramma delle rinunce e dei rimpianti: una commedia strutturata sulla stasi e sulla rassegnazione dove l’essere umano non arriva a desiderare il cambiamento ma soffoca il desiderio prima che possa nascere. E il microcosmo familiare è lo specchio dei vizi di un’ umanità piccola e involuta, che si fa limitare dal suo stesso orizzonte, rappresentato dall’enorme struttura scenica di betulla, simbolo “dell’oppressione del tempo e dell’uomo che si autolimita”.

Lidi, esasperando la limitatezza dello spazio scenico e l’incapacità di agire da parte dei protagonisti, ci consegna il ritratto di un mondo soffocato e pregno di una stasi ansiogena e involuta.

Innegabile l’alchimia tra gli attori, tutti parte dello stesso tragico sistema chiuso e immobile. Da vedere.

Al Teatro Vascello di Roma fino al 14 aprile


Zio Vanja di Anton ČechovRegia: Leonardo Lidi; scene e luci: Nicolas Bovey; costumi: Aurora Damanti; suono Franco Visioli; interpreti: Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Ilaria Falini, Angela Malfitano, Francesca Mazza, Mario Pirrello, Tino Rossi, Massimiliano Speziani, Giuliana Vigogna;  produzione: Teatro Stabile dell’Umbria, in coproduzione con Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e con Spoleto Festival dei Due Mondi; durata: 105 minuti.

 

 

 

2 thoughts on “Teatro: Zio Vanja per la regia di Leonardo Lidi

  1. Lo zoo di vetro era molto suggestivo e drammatico, è vero…. Questo è sicuramente più statico ma racconta molto bene, a partire dallo spazio scenico, il microcosmo soffocante in cui vivono i protagonisti.

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