L’estate, ci insegna il poeta, è la più fragile delle stagioni.
Brucia, spegnendosi.
Desta umori di fuoco, ma è prima di ogni altra cosa presagio di ceneri.
In fondo, anche per questo, è stagione ideale dell’infanzia: nel mezzo tra la sorpresa della primavera (che è prima presa di coscienza) e gli scontenti dell’inverno.
Dalla sua ha il sentimento della scoperta, dell’esplorazione che avanza di pari passo con lo spogliarsi ed è, per questo, anche erotica e sessuale. E, proprio perché si apre all’altro, è anche luogo di definizione di un’identità.
Per questo l’estate è fine. Segna, irrimediabilmente, l’inevitabile chiusura delle infinite possibilità dell’Io bambino, definendo confini sempre più invalicabili.
Prima potevamo diventare qualsiasi cosa, potevamo dire o fare tutto, certi dell’indulgenza che ci derivava dalla nostra poca esperienza del mondo; dopo siamo una foto sulla carta di identità, abbiamo un destino e poche scelte, per lo più apparenti.
Sarà per questo che La prima estate (e altri racconti) di Anton Giulio Onofri (Corrimano edizioni, 2019) è una silloge narrativa così dominata da un pervasivo sentimento di morte. Perché, nel raccontare la più calda delle stagioni, si sofferma proprio su questo sentimento di finis che, lungi dal colorarsi di toni luttuosi, ci mette di fronte all’infinita bellezza della fragilità del vivere, restituendone al lettore le sfumature più segrete e delicate.
Sicché, sin da La prima estate (brevissima epifania che apre giustamente la raccolta) già si sente, nella scoperta identitaria del piccolo protagonista che si confronta con la propria omosessualità vedendola riflessa nell’altro, il senso della fine di un incanto. Laddove, è proprio nella scelta di focalizzazione dell’Io narrante adulto – che ripercorre a ritroso il ricordo di un’estate diversa da tutte le altre – che si fa strada la perdita di un’innocenza non tanto per la scoperta di pulsioni nuove (naturali e tanto basta!) quanto per la presa di coscienza che quelle pulsioni le si dovrà presto nascondere a quella stessa famiglia che, sino a ora, era stata nido e rischia invece di diventare prigione.
Da La prima estate a L’Ultima fotografia è quindi un delicato avanzare in questo senso di perdita, in questo “smarrire incanti”, mentre si diventa inesorabilmente grandi e si scopre che è proprio la morte a rendere più belli i fiori.
Ci vuole poco a sentire come questa delicata suite di danze che trascolorano umori e stili diversi, in realtà si compone come una sorta di adagio mahleriano, mescendo in egual misura grottesco e tragico, commedia e saggezza in un crescendo sorvegliato che apre voragini metafisiche di indubbio fascino. E se L’ultima fotografia è probabilmente il racconto più intenso, nondimeno si resta stupiti dalla limpidezza delle progressioni di toni e di umori che vanno dalla malinconia de Il Faro (in cui si canta quella bellezza che può distrarci anche dal dolore) alla vivida ironia di Il paese fantasma che nasconde, nel gioco quasi sperimentale di incastri narrativi, un monito alla fugacità dell’amore che ci ha bruciato, ma resta prezioso anche nei rimpianti.
In tutto questo Arte, Musica, Fotografia ritrovano il loro vero senso: quello di eludere l’attesa, di ingannare ogni fine prolungando il piacere sino a che non si ammanta tutto di nostalgia. Proprio come una piacevole serata tra amici, in quella convivialità che, sola, è il vero segreto se non della felicità, almeno di quel sospiro di serenità che ogni tanto ci strappa lo stupore di esserci ancora, anche per gli altri.
Ed è proprio come un brindisi al tramonto tra amici, questo libro, mentre il sole affonda nel buio, ma noi troviamo ancora luce tra i sorrisi.
Autore: Anton Giulio Onofri
Titolo: La prima estate (e altri racconti)
Editore: Corrimano Edizioni
Collana: Sedicigiugno
Dati: 116 pagine, brossurato con alette
Anno: 2019
Prezzo: 10,00 €
Isbn: 978-88-99006-20-4
webinfo: Catalogo dell’editore
