The Penitent di Luca Barbareschi

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Un ragazzo omosessuale ha aperto il fuoco su otto persone. I giorni successivi emerge che l’omicida ha compiuto la strage a causa del disprezzo provato dal suo psichiatra nei suoi riguardi. Lo psichiatra è Carlos Hirsch e la stampa lo attacca violentemente, una frase dei suoi scritti viene modificata da “l’omosessualità è adattamento” a “l’omosessualità è aberrazione”. A poco valgono i tentativi di difendersi, la stessa moglie si rivolta contro:

È sul giornale, Carlos!

E a seguirla c’è l’intera comunità LGBT, al grido di:

Love is love!

L’attacco è comunque il primo assaggio, sarà la stessa carta stampata a correggere l’errore e a correggere poi il tiro, perché Carlos sta per fare, o meglio, non fare qualcosa di più gravoso:

Non testimonierò al processo.

Chiamato dalla difesa a testimoniare in favore del giovane paziente, il medico ha fin da subito sottoscritto la sua non disponibilità a non presentarsi in tribunale, a causa del giuramento di Ippocrate che tutela le parole dei pazienti. Ma chiunque ci vede altro, oltre il giuramento, riconducibile al credo di Hirsch, ebreo praticante: è forse la sua religione, ciò che c’è scritto nella Bibbia contro l’omosessualità, a non permettergli di schierarsi dalla parte del ragazzo? Dopotutto Hirsch ha più volte difeso i pazienti, pure pagato per presentarsi in tribunale… la tensione sale, gli attacchi arrivano da ogni parte, i dubbi nascono anche nella mente di chi lo dovrebbe difendere, il suo avvocato:

Hai dei dubbi sulla tua terapia?

Il ragazzo, sotto le tue cure, ha commesso un crimine.

Un gesto spavento.

Era fuori controllo, certo non era sotto il tuo controllo.

Regia di Luca Barbareschi, sceneggiatura del premio Pulitzer David Manet, The Penitent arriva nelle nostre sale dopo esser stato presentato alla Mostra di Venezia 2023. Il duo Barbareschi/Manet è alla sua seconda collaborazione dopo lo spettacolo teatrale Glengarry Glen Ross andato in scena al Teatro Stabile di Genova nel 1985.

La pellicola ha inizio con una veduta di New York, la città che viene girata e rigirata dalla mdp come se la Grande Mela venisse passata da una mano all’altra prima di essere tagliata e aperta, osservata all’interno. Laddove c’è il bruco delle contraddizioni. Da questo punto in poi New York sarà uno spazio esterno, nel quale il protagonista transiterà – boccate di aria e sigaro – prima di rituffarsi in interni tanti composti quanto claustrofobici con la claustrofobia ad aumentare con il tempo trascorso in essi. La mdp dosa le inquadrature, passando dai volti ai minimi gesti, dando un’idea precisa – solenne quanto grave – della poetica visiva che si vuole dare allo spettatore: c’è un’indagine continua, pressante nei riguardi del protagonista.

I tempi sono quelli teatrali, quindi il dialogo e il numero di parole hanno un ruolo superiore a quello che possa avere il linguaggio visivo o la ricerca di qualsivoglia estetica. Come lo sono i movimenti, teatrali appunto, con una scansione definita degli spostamenti e un’espressività esibita, comunque contenuta con un Luca Barbareschi che non si prende un ruolo maggiore di quello che la trama richiede.

The Penitent è una pellicola densa e pregna. Richiede una soglia di attenzione pari alla profondità dei temi trattati: cosa può la religione contro una laicità imperante? Cosa può la religione in una società massimamente post-moderna dove le credenze o le narrazioni – politiche e non – sono ormai decadute? Cosa può la religione, e l’uomo religioso, contro delle comunità supportate da una potenza mediatica e digitale? Insomma, può l’uomo credere in Dio in un mondo che crede invece negli uomini? È questione di diritti… e avere un Dio è parte di questi diritti?

I temi vengono snocciolati, ma soprattutto vengono affrontati, ribattuti e rivoltati. Il confronto non viene sacrificato alla visione, anzi. Non una parola viene risparmiata, ed è il bello di questa pellicola: l’avere carattere, a discapito delle leggi non scritte del cinema.

Dal 30 maggio in sala


The PenitentRegia: Luca Barbareschi; sceneggiatura: David Manet; fotografia: Michele D’Attanasio; montaggio: Karolina Maciejewska; scenografia: Massimo Santomarco; costumi: Enrica Barbano; musica:  Andrea Bonini; interpreti: Luca Barbareschi, Catherine McCormack, Adam James, Adrian Lester, Douglas Dean, Cherish Gaines; produzione: Eliseo Cinema, RAI Cinema, RP Productions; origine: Italia, 2023; distribuzione: 01 Distribution.

 

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