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Voto
Presentato al 76° Festival di Cannes, Banel & Adama è il film d’esordio della regista franco-senegalese Ramata-Toulaye Sy.
La lettura della vicenda avviene su piani differenti: Banel è una giovane donna determinata e desiderosa di sfuggire alle restrizioni della vita tradizionale del villaggio. Adama, suo marito, condivide il suo sogno, ma i doveri verso la comunità sono difficili, e a tratti è impossibili, da rifiutare. Questa tensione tra desiderio personale e obblighi sociali è il cuore pulsante del film, e Sy esplora abilmente e con intelligenza le complessità di questo dilemma.
La società del villaggio in cui vivono i due protagonisti è ben poco stratificata: l’erede del capovillaggio deve diventare a sua volta capovillaggio, e la donna deve mettere al mondo bambini, più che doveri morali sono considerati obblighi imprescindibili, rifiutare di adempierli significa distruggere un equilibrio tenuto insieme dalla tradizione e suscitare così eventi funesti, come la malattia che colpisce le mucche e l’assenza perdurante di pioggia. La zia di Adama non si fa scrupolo dal dirgli apertamente che tutto ciò è stata colpa sua.
Adama è costretto a cedere, non ha più tempo per andare a scavare e dissotterrare la casa in cui i due arrivano progettato di vivere, la stessa Banel viene costretta ad altre mansioni ma, tra i due, è lei che sente sempre più forte la disperazione opprimente nel constatare l’impossibilità del loro sogno. Disperazione che si tramuta ben presto in delirio: sin dall’inizio del film Banel nota che un bambino la fissa mentre è intento ad incidere una tavoletta, a questa visione ricorrente si aggiungono allucinazioni di pioggia, minacciosi volatili, ed infine incubi, che sembrano voler suggerire qualcosa di traumatico dietro al rifiuto della donna alla gravidanza. In questo senso la sua personalità segue un’evoluzione interessante, passando dall’archetipo di Giulietta ad un’oscura Lady Macbeth: Banel diventa via via un personaggio con cui è sempre meno facile empatizzare, e che rimane fondamentalmente irrisolto. C’è molto di autobiografico nel film, l’autrice, in un’intervista ha dichiarato: “Sono cresciuta in una maniera molto tradizionale, secondo i dettami della società africana: devi sposarti presto, devi avere figli, devi avere una casa. La morale del mio film si può sintetizzare così: sii la donna che vuoi essere. Se non vuoi figli, non è un problema. Se non ti piace indossare la gonna, non è un problema.”
Ma nel villaggio in cui vivono i due, questo rappresenta un problema eccome, e la decisione di non rispettare i precetti imposti porta con sé conseguenze gravissime.

Girato principalmente in Senegal, il film fa degli ambienti e dei colori una narrazione parallela, il giallo ed il rosso del sole e del deserto fanno eco al tumulto interiore che si tramuta in ossessione di Banel, il caldo paralizzante richiama l’immutabilità della tradizione contro la quale entrambi tentano di ribellarsi. L’immagine è potente, anche se derivativa (da Malick in particolare). La narrazione però, nonostante il suo essere scarna, fluttua in maniera quasi statica. Questo elemento, assieme alle suggestioni e simbologie non chiarite, esprime una certa debolezza intrinseca della pellicola, che fatica ad imprimersi nel ricordo di chi guarda.
Si può dire che il finale rimanga aperto, ma lo spiraglio di un happy ending ci pare talmente favolistico e rappezzato che stavolta decidiamo arbitrariamente di interpretarlo a nostro piacimento, e probabilmente in contrasto con l’intento della stessa autrice. La potenza visiva che emerge nella scena finale, elemento più memorabile del film, racconta, meglio di ogni parola, l’ineluttabilità del destino dei membri di società rigide e primitive, in cui la ribellione non solo non è contemplata, ma essa si tramuta, attraverso la superstizione, in catalizzatore di immani sciagure.
Si veda qui anche la recensione di Cinzia Cattin dal Festival di Cannes 2023
In sala dal 18 luglio 2024
Banel & Adama– Regia e sceneggiatura: Ramata-Toulaye Sy; fotografia: Amine Berrada; montaggio: Vincent Tricon; musiche: Bachar Mar-Khalifè; interpreti: Khady Mane, Mamadou Diallo; produzione: La Chauve-Souris, Take Shelter; origine: Francia/Senegal, 2023; durata: 87 minuti; distribuzione: Movies Inspired.
