Twisters di Lee Isaac Chung

  • Voto

Pare essersi cristallizzato il tempo, come l’acqua nei chicchi di grandine che piovono generosi sui protagonisti della pellicola, quasi si trattasse di un fermo immagine. Potenza del block-buster hollywoodiano, che ci riporta indietro di quasi trent’anni, riproponendo e rielaborando se stesso. In quel grande frullatore meta-cinematografico e citazionista di generi e storie – un Twister appunto – che esso rappresenta.  Senza aver paura di sembrare scontato, ripetitivo, talvolta ridicolo. Cercando di alzare ogni volta la posta.

Lo sanno bene Spielberg e la sua Amblin Entertainment, che stanno dietro questo remake. Un po’ meno noi spettatori, ignari del perché sia stato necessario riportare sugli schermi la pellicola a suo tempo diretta (1996) da Jan de Bont.

La bellezza del cinema sta però nel fatto che, nelle infinite configurazioni che questo gioco di messa in abisso, di ritorno continuo e incessante dei tempi e del già visto, sa attuare, quella assunta dai blockbusters hollywoodiani è forse la più innocua, la meno preoccupante.  Se non impariamo dagli errori del passato siamo condannati a ripeterlo, sembra dirci il film.

Ma come sa Kate Cooper (Daisy Edgar-Jones), che ha visto morire i suoi amici al college durante una caccia al tornado (così come nel 1996 lo sapeva la Dr.ssa Jo Harding interpretata da Helen Hunt), il tempo, anzi “i tempi”, quello metereologico e quello storico, fermi non sanno stare e tendono riproporsi ciclicamente – e sinistramente – uguali a se stessi, come se nulla fosse. Potrebbe quindi tornare utile a tutti prevederne le traiettorie, scongiurandone gli esiti più catastrofici.

A differenza di noi protagonisti non filmici, Kate la lezione pare averla imparata bene, trovando asilo in quel di New York, lontana dai pericoli della provincia americana.  Al destino, tuttavia, non ci si può sottrarre a lungo, lei che è evidentemente una predestinata, come molti dei protagonisti dei film dello Spielberg produttore e regista. E il destino, puntuale, le si ripresenta alla porta con le sembianze dell’amico Javi (Anthony Ramos), altro sopravvissuto alla precedente spedizione collegiale: “Solo tu puoi portarmi vicino a un tornado. Hai un dono”. Kate pare proprio fidarsi ciecamente dell’amico, dal momento che, in men che non si dica, la ritroviamo nuovamente in campo, gli incubi notturni degli amici scomparsi prematuramente che paiono ormai un lontano ricordo.

Pur soffrendo di crisi di panico, prevale in lei la sana ambizione e il desiderio di cambiare davvero le cose, avendo questa volta dalla sua parte i mezzi tecnici e finanziari – messi a disposizione da ignoti finanziatori – per riuscire nell’impresa in cui aveva precedentemente fallito. Anzi per fare di più: non solo prevederli ma anche riuscire finalmente a domarli, gli uragani, grazie all’uso combinato di ioduro d’argento – composto chimico realmente utilizzato per provocare la pioggia, e alla base di tanta letteratura complottista sul cambiamento climatico- e di comunissimi polimeri  (“gli stessi utilizzati nei pannolini”) da far ingurgitare al tornado per farlo collassare.

Dopo le iniziali – e necessarie ai fini della sceneggiatura – incomprensioni, a darle man forte giungerà lo scienziato cowboy e spaccone Tyler Owens (Glenn Powell), che su You-Tube ha un nutritissimo seguito di iscritti che si dilettano a seguirne le imprese di domatore di tornado come in precedenza lo era con i tori nei rodeo. Anche Tyler ha fiuto per questi peculiari fenomeni atmosferici e, come Javi, riconosce in Kate delle abilità uniche, quasi magiche, lei, ragazza prodigio, che è in grado di capire la direzione delle tempeste dal movimento delle spighe di grano nei campi o dal volo disordinato dei soffioni.

Ribaltando il plot della precedente versione, con un twist narrativo tale per cui la distinzione tra scienziati buoni e cattivi si fa decisamente più sfumata, se non addirittura viene ribaltata, la pellicola diretta da Lee Isaac Chung ripropone quasi per intero i temi già visti nella pellicola degli anni ’90.

Le citazioni, per esempio, raddoppiate (come il titolo del film di cui è remake) e rese ancor più didascaliche. In primis quelle riferite al Il Mago di Oz, allorché i mezzi guidati dal gruppo di storm hunter capitanato da Javi prendono il nome di “Uomo di Latta”, “Spaventapasseri”, “Leone” e “Mago”. Ma anche lo schermo cinematografico lacerato e distrutto dalla furia del tornado o, ancora, la colonna di fuoco generata dal tornado che cita apertamente quella che appare ne I Dieci Comandamenti con la quale Dio dona a Mose le tavole della legge. Se tuttavia anche il super computer, cui gli scienziati si affidano per comprendere la potenza divina che si manifesta attraverso gli uragani – col suo armamentario tecnologico di videocamere, sensori, satelliti e droni – fallisce, non resta che affidarsi, in un atto fideistico, all’unica persona che pare dotata, per nascita e grazia divina, dei mezzi necessari a comprendere quelle manifestazioni soprannaturali.

Nella pellicola di Lee Isaac Chung – certo non un frequentatore abituale dei film spettacolari ad alto budget – pare inoltre farsi più acuta la divaricazione tra l’America rurale, quella ancora legata al mito della frontiera, alla conquista e al dominio del territorio (tema presente anche nel film del 1996), e quella costituita dai grandi centri urbani, in cui a quel mito si è andato sostituendo quello del successo, del denaro che genera denaro, delle speculazioni finanziarie e immobiliari. Con la seconda che si dimostra non in grado di decifrare la prima, al più di narrarla in chiave pietistica attraverso i media, all’indomani di eventi che ne sconvolgono il vissuto. Incapace di comprenderne cultura ed esigenze.

E, in tale panorama, a questa parte di America non resta che sopravvivere e andare avanti, come dice la madre di Kate, di risolvere i problemi con le proprie sole forze, affidandosi a qualcuno che sembra investito da un mandato di natura divina, che dimostra di comprenderne le esigenze e di trovare le soluzioni (ogni riferimento alle prossime presidenziali americane è puramente casuale).

E’ forse tutta qui la chiave di lettura di un prodotto divertente ma forse non necessario, di un film che ripropone se stesso come sanno fare il tempo e la Storia, con ben altre ripercussioni.  Un film tuttavia innocuo, come i fuochi d’artificio sparati nel tornado dal cowboy Tyler.

In sala dal 17 luglio 2024


Twisters  – Regia: Lee Isaac Chung;  sceneggiatura e storia: Mark L. Smith, Joseph Kosinski, (basato sui personaggi creati da Michael Crichton e Anne-Marie Martin); fotografia: Dan Mindel; montaggio: Terilyn A. Shropshire; musica: Benjamin Wallfisch; scenografia: Patrick M. Sullivan; interpreti: Daisy Edgar-Jones, Glen Powell, Anthony Ramos, Brandon Perea, Maura Tierney, Harry Hadden-Paton, Sasha Lane, Daryl McCormack, Kiernan Shipka, Nik Dodani, David Corenswet, Tunde Adebimpe, Katy O’Brian; produzione: Steven Spielberg, Frank Marshall, Patrick Crowley, Helen Medrano, Ashley Jay Sandberg; origine: USA, 2024; durata: 122 minuti; distribuzione: Warner Bros Italia.

 

 

 

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *