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Esistono film che, pur imperfetti, vediamo e rivediamo senza mai stancarci. Magari attraverso un dvd, che, almeno noi, non abbiamo mai smesso di amare, oppure attraverso un passaggio in streaming o in televisione. Comunque sia, rimaniamo affascinati e presi dalla storia perché ha qualcosa di indefinibile che ci attrae, un messaggio positivo, azzardiamo, o, forse, “solo” la sua originalità. Il maestro che promise il mare è uno di questi film, o, almeno, potrebbe diventarlo se reggerà alle prossime seconde nostre visioni, dovute alla sua morale esemplare, di grande, estremo coraggio.
Antoni Benaiges, interpretato da Enric Auquer con entusiasmo e giusto carisma, è un maestro elementare catalano che nel 1935 viene assegnato ad una scuola di un piccolo paesino nella provincia di Burgos. Molti maestri potrebbero deprimersi anche perché gli alunni, il primo giorno di scuola, sono solo due, ma Antoni è pieno di risorse e ama moltissimo insegnare e ama soprattutto quei pochi alunni. Il suo metodo è nuovo ed è impossibile non ricordare Don Milani: i due maestri, il primo ateo e il secondo cristiano, hanno tanto in comune, sopra ogni cosa l’attenzione verso la persona del bambino, verso i suoi bisogni e verso i suoi talenti virtuali. Questa associazione è interessante perché i due rappresentano il meglio della Chiesa cristiana e il meglio della cultura comunista. Se Don Milani richiama la nostra sensibilità verso i più poveri e i più svantaggiati, il personaggio della regista Patricia Font, il nostro Antoni, richiama, invece, i suoi piccoli alunni e il popolo del paese alla libertà delle proprie idee e dei propri sogni. Tutti possono e, quindi, kantiamente, devono capire, studiare, interessarsi a quanto di bello il mondo può offrire.

Antoni Benaiges (20 giugno 1903 – 20 luglio 1936) viene assassinato dalle milizie falangiste all’inizio della guerra civile spagnola. Comunista e ateo, in una parola, immorale, e per questo da torturare e uccidere. La storia è questa, ma c’è anche la Storia, che, per caso o guarda caso, il cinema aiuta a farsi e a non dimenticare come esempio alto di libertà e di coraggio. Da sottolineare che i censori cambiano bandiere ma sono sempre gli stessi, e gli uomini veri invece non hanno nessuna bandiera, se non la propria fede laica o religiosa nella virtù.
Tecnicamente Patricia Font dirige il suo film attraverso due piani temporali, quello presente di una nipote di un allievo di Antoni, Ariadna, interpretata dalla convincente Laia Costa, intensa e bella, e quello della breve esperienza di Antoni come maestro. E lo fa molto bene, con una grande accuratezza scenografica e una regia precisa, essenziale, con la ricchezza che offrono i bambini; e con la caparbietà di Ariadna di scoprire la Storia e di donare senso alla sua vita e al sacrificio di un ragazzo di trentatré anni che rischiava di non essere testimoniato da nessuno.
Ed ecco perché, a nostro avviso, Il maestro che promise il mare sarà visto volentieri più volte, perché alla lunga il sacrificio e la lotta per la libertà verranno sempre riconosciuti, celebrati e amati. L’irruenza e la violenza dei falangisti nei confronti del giovane maestro potrebbe suscitare fascinazione come, spesso, accade nella vita, ma, ed è fondamentale, ad Antoni va tutta la nostra ammirazione perché dal passato ci consegna un dovere per il presente degno di onore e di gloria. Quello, in un frase senza retorica, di non piegarsi mai davanti ai censori, ai potenti e ai mafiosi di ogni tempo e luogo.
In sala dal 19 settembre.
Il maestro che promise il mare (El maestro que prometió el mar) – Regia: Patricia Font; sceneggiatura: Albert Val; fotografia: David Valldelpérez; montaggio: Dani Arregui; musica: Natasha Arizu; interpreti: Enric Auquer, Laia Costa, Luisa Gavasa; produzione: Minoria Absoluta, Lastor Media, Castelao Production, Mestres Films AIE; origine: Spagna 2023; durata: 105’; distribuzione: Officine Ubu.
