Festa del Cinema di Roma: Jazzy di Morrisa Maltz (Premio per la Miglior regia)

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Bolle, torte, palloncini, gite, altalene, sale giochi, tappeti elastici, disegni, peluche: questo è il mondo di Jasmine, piuttosto convenzionale per una ragazzina di dodici anni del South Dakota. Eppure, in Jazzy questo catalogo di elementi ricorrenti trascende la mera descrizione ambientale; intacca la forma stessa del film. Non una storia lineare quindi, ma piuttosto una serie di schizzi, una raccolta di notazioni dalla forma quasi diaristica, impressioni colte nel loro costituirsi da un soggetto che sembra meravigliarsi ogni volta delle esperienze che lo attraversano.

La regia aderisce pienamente allo sguardo della protagonista, la quale sembra incapace di orientare le proprie emozioni in maniera unidirezionale. Le sue sensazioni si propagano, conferendo al film la struttura di un mosaico di esperienze eterogenee, in un processo di consumazione indefinita di oggetti e momenti, pronti ad essere immediatamente condivisi agli amici (e allo spettatore) in un incessante impulso vitale.

Se le scelte stilistiche “da videoclip”, caratterizzate da un montaggio frenetico, potrebbero apparire non particolarmente originali, ciò che distingue questo film da altri teen movie artistici, spesso incentrati sulla scoperta dell’indipendenza durante la pausa estiva, idealizzazioni adulte di un tempo improduttivo, è l’attenzione riservata alla più banale quotidianità. Qui, l’arido inverno americano viene reinvestito di una gioia infantile, trasformandosi in un palcoscenico dove il soggetto sembra forgiare il proprio tempo.

A indirizzare questo flusso indistinto di sensazioni di un film che, come le loro protagonista, rifiuta di crescere, è la prima e unica svolta narrativa: la separazione dalla migliore amica Syriah. È un’ingerenza “adulta” a conferire alla narrazione una certa linearità: le loro madri, tra l’altro imparentate, hanno infatti litigato (un diverbio talmente futile da rimanere fuori dalla scena) e quella di Syriah ha deciso di trasferirsi. Tuttavia, è di nuovo l’intervento infantile a trovare modalità fantasiose per eludere il trauma e disperdere la linearità narrativa: così Syriah si trasforma in un’enigmatica e muta sfinge, mentre Jazzy rapisce il peluche preferito dell’ex amica nel tentativo di costringerla a parlare.

Il secondo lungometraggio di Morrisa Maltz riparte dalle stesse premesse del primo, The Unknown Country (2022): trasfigurare le esperienze personali e la quotidianità della famiglia indigena Bearkiller Shangreaux. Trattasi di vera e propria scrittura collettiva visto che Maltz è nuovamente affiancata alla scrittura da Lainey Bearkiller Shangreaux, madre di Jasmine tanto nella finzione quanto nella vita vera. Se nel primo film Lily Gladstone era la protagonista nel ruolo della cugina di Lainey, Tana, qui ritorna durante un’infausta riunione familiare che ricongiunge per la prima volta Jazzy e Syriah. Occasione per le due amiche di scoprire il senso della parola riconciliazione e di offrirsi un’ultima fuga infantile, dopo aver rubato del pane fritto.

Maltz riveste principalmente il ruolo di direttrice di un’orchestra composta da giovani strimpellatori, come la chiassosa banda scolastica di cui fa parte Jazzy. Lasciando fluire liberamente le sensazioni della protagonista riesce a liberare la scrittura dai più convenzionali schemi narrativi. Ma al momento della separazione, fornisce anche gli strumenti per affrontare il primo significativo movimento unidirezionale della giovane esistenza di Jazzy. In questo universo governato da leggi infantili, dominato da un catalogo infinito di giocattoli ed esperienze fugaci, il soggetto, frastornato dal trauma, apprende a ricomporsi e a incanalare le proprie emozioni, avvicinandosi così a un segreto: la propria vita interiore.


Jazzy – Regia: Morrisa Maltz; sceneggiatura: Morrisa Maltz, Lainey Bearkiller Shangreaux, Vanara Taing, Andrew Hajek; fotografia: Andrew Hajek; montaggio: Vanara Taing, Laura Colwell; musica: Alexis Marsh; interpreti: Jasmine Bearkiller Shangreaux, Syriah Fool head Means, Richard Ray Whitman, Raymond Lee, Lily Gladstone; produzione: Morrisa Maltz, Lainey Bearkiller Shangreaux, Miranda Bailey, Eliott Whitton, John Way, Vanara Taing, Tommy Heitkamp, Natalie Whelan per Cold Iron Pictures e The Film Arcade, Fit Via Vi, Duplass Brothers Productions; origine: Stati Uniti, 2024; durata: 86 minuti.

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