Amerikatsi di Michael A. Goorijan

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Più di due anni dopo la presentazione al Festival di Woodstock arriva in Italia, per merito della lodevole Cineclub Internazionale, il film armeno Amerikatsi, scritto, diretto, montato e interpretato da Michael A. Gorijan, originario di San Francisco ma di evidenti origini armene. Peccato che il film oggi, nel giorno della sua uscita italiana, sia visibile solo in tre sale, nella speranza che un po’ di tamtam aiuti questo bel film a raggiungere un numero maggiore di sale. Si tratta peraltro del maggior successo armeno degli ultimi anni, non foss’altro per il fatto che due anni fa era riuscito a entrare nella short list degli Oscar come miglior film straniero, pur senza riuscire a essere nominato.

Si tratta di un period film ambientato sul finire degli anni ’40, quando Stalin invitò gli armeni, residenti all’estero e scappati più o meni fortunosamente all’eccidio ottomano di più di trent’anni prima, a rientrare in patria, nell’Armenia adesso divenuta una delle repubbliche Sovietiche. Ed è ciò che fa il protagonista, ingenuo e volenteroso, desideroso di ritornare in quella che era stata la Heimat dei suoi avi e per pochissimi anni la sua. Peccato che ciò che trova è ben lungi dal rivelarsi anche solo lontanamente paragonabile alle promesse, essendo l’Unione Sovietica dell’ultima fase staliniana un luogo di soprusi, vessazioni e paranoie, talché il protagonista Charlie, soprannominato, data l’impronunciabilità del cognome, Charlie Chaplin si ritrova ben presto in carcere, condannato a 10 anni e torturato con sistematica regolarità. Ma nomen (cognomen) est omen è il protagonista, appunto novello Charlot, non si dà mai per vinto, è animato da un inestinguibile buon umore, un ottimismo inguaribile che si alimenta soprattutto del fatto che dalla finestra del carcere (citazione fin troppo palese della Rear Window/La finestra sul cortile hitchcockiana) comincia a scrutare, a spiare le vite degli altri, segnatamente la vita di una coppia composta da un lui che di mestiere fa il guardiano sulla torretta del medesimo carcere ma che nutre ambizioni artistiche e la moglie che ha un rapporto controverso con il marito, lo lascia e poi torna etc. Insomma Charlie vive di luce riflessa, di vita riflessa, si entusiasma agli entusiasmi, si deprime alla depressione altrui. Fino allo scioglimento finale che non si deve rivelare.

Tre sono gli elementi degni di menzione per questo prison movie che forse poteva essere sfrondato di una ventina di minuti, il materiale essendo un po’ troppo tenue per quasi due ore. Il primo: il film rientra a pieno titolo nella tradizione del romanzo/film picaresco, Charlie è un personaggio sostanzialmente immodificabile che anche nelle più disperate condizioni riesce sempre a rimettersi in piedi, dotato com’è di una capacità di sopravvivere, tipica del picaro appunto. Ciò conferisce al film una dimensione fondamentalmente leggera, che si ripercuote anche sui personaggi minori, soprattutto quelli riconducibili al sistema di potere stalinista, che sembrano tutte macchiette. Quest’aspetto si riconnette facilmente con il secondo: il film rientra a pieno titolo nel cinema sui disastri della Storia, letti in chiave sostanzialmente comica, il comico come unica modalità in grado di sopravvivere, per restare ai film sulla Shoah, ad esempio, pensiamo a Jakob il bugiardo (dalla prima edizione del 1974 targata DDR, unico film DDR nominato agli Oscar, al remake con Robin Williams), a La vita è bella o a Train de Vie. Il terzo aspetto è, ovviamente, il valore salvifico del cinema: di fatto le sbarre alla finestra del carcere “inquadrano” uno schermo, e proprio quello schermo salva il picaro Charlie dalla disperazione. E il film si rivela dunque un sontuoso, a tratti forse un po’ troppo esplicito, elogio della spettatorialtà.

In sala dal 16 gennaio 2025.


Amerikatsiregia, sceneggiatura: Michael A. Goorijan; fotografia: Ghasem Ebrahimian; montaggio: Michael A. Goorijan, Mike Selemon; interpreti: Michael A. Goorijan, Hovik Keuchkerian, Nelli Uvarova, Mikhail Trukin, Narine Grigoryan; produzione: People of Ar, Paleodon Pictures; origine: Armenia, 2022; durata: 116′; distribuzione: Cineclub Internazionale.

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