Mit der Faust in die Welt schlagen (Punching the World) di Constanze Klaue (Berlinale – Perspectives)

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«Dove si trova Stoccarda?» chiede l’insegnante ai suoi alunni. «A ovest» è la risposta immediata e scontata della classe, mentre la maestra corregge precisando che in realtà si trova «nel sud». Si può partire da questo breve sequenza per capire lo spirito di Mit der Faust in die Welt schlagen (t.l.: Prendere a pugni il mondo), opera prima della quarantenne Constanze Klaue. Tratto dall’omonimo romanzo di Lukas Rietzschel (uscito dall’editore Ullstein nel 2018 e tradotto in italiano dall’editore Keller di Rovereto col titolo Battere i pugni sul mondo), il film è un dramma familiare ambientato nella provincia profonda della ex Germania orientale nei primi anni del nuovo millennio. Vi si raccontano le peripezie della famiglia Zschornack attraverso lo sguardo dei due fratelli Philipp e Tobias, detto Tobi, sullo sfondo di un affresco sociale fatto di profondi sconvolgimenti e grandi disillusioni. È inevitabile che per la generazione cresciuta nei Länder della ex DDR la percezione della Germania divisa tra un occidente e un oriente continui a sussistere, nonostante siano passati oltre tre decenni dalla riunificazione.

La località in cui crescono Philipp e Tobias è un paesino della Lusazia, area del Land Sassonia al confine con la Polonia: pianura assolata d’estate, gelo che rovina le strade d’inverno, foreste sconfinate, campi di colza gialli e laghetti d’acqua limpida in mezzo alle cave, dove tuffarsi per sfuggire alla calura e alla noia. Accanto a questa natura idilliaca ci vengono mostrate le rovine industriali della DDR, impianti ferroviari dismessi, nascosti da erbacce e cespugli, simboli di un mondo tramontato e non rimpianto. In questo film non c’è traccia di quel sentimento che è stato battezzato “ostalgia”. Il Muro e il comunismo sono ricordi lontani che tutti vorrebbero rimuovere per guardare al futuro. La nuova casa di proprietà, che il padre dei ragazzi sta costruendo da sé, è l’emblema di un nuovo inizio, oltre che un adattamento agli standard di vita occidentali. Ma il percorso verso il riscatto sociale ed economico è arduo: con la fine della DDR il padre ha perso il lavoro in fabbrica ed è caduto nell’alcolismo. Il suo amico Uwe, provetto operaio, accusato di essere stato informatore della Stasi, è totalmente emarginato dalla comunità.

La difficile transizione rievocata dalla pellicola di Constanze Klaue è colma di rancori insuperabili e disillusioni catastrofiche. Il destino dei due fratelli, che all’inizio della vicenda hanno rispettivamente 12 e 9 anni, prende strade diverse: mentre Philip (Anton Franke) si sottrae alle miserie morali del luogo trasferendosi in una grande città, il più giovane Tobias (Camille Moltzen) cerca un modo per dare sfogo alla sua rabbia unendosi a un gruppo di ragazzi più grandi, che promettono avventure e divertimento, ma che di fatto sono attivisti della galassia neonazista e si divertono a insultare gli stranieri, disegnare svastiche e compiere atti di violenza xenofoba verso i rifugiati della zona. Molto intensa la scena in cui l’anziano bidello copre con dei panni il cippo su cui nottetempo è stata disegnata una svastica, mentre gli alunni della scuola lo osservano sghignazzando, del tutto ignari del significato del suo gesto come anche della provocazione subita.

Non è facile incasellare questo film in un genere preciso: senz’altro è un dramma familiare e anche un film sulla ex DDR e i suoi postumi. Ma la prospettiva offerta dalla regista ha uno spessore più universale. È la storia di una generazione che oscilla tra disorientamento e ribellione, illusione e frustrazione, discorso che può valere nel caso concreto dei ragazzi nati dopo la caduta del muro nelle regioni orientali tedesche, ma che in fondo può essere esteso a qualunque epoca di transizione storica. Quello di Klaue è un film riuscito, emotivamente coinvolgente, sorretto da una sceneggiatura dal ritmo ben dosato e da una fotografia eccellente. In uno degli incontri col pubblico, seguito alla proiezione di quest’opera di debutto, la regista ha sostenuto che il suo film «mostra una vita familiare tenera, forte; una storia non raccontata, che non conosciamo dai notiziari. Sono immagini che non vediamo quotidianamente. Non volevo mostrare i nazisti che picchiano gli stranieri. Volevo creare la sensazione che questo nemico forse non esiste nemmeno nella realtà, ma che questo nemico potrebbe essere anche la propria vita».


Mit der Faust in die Welt schlagen (Punching the World)Regia e sceneggiatura: Constanze Klaue; fotografia: Florian Brückner; montaggio: Emma Alice Gräf, Andreas Wodraschke; musica: PC Nackt; interpreti: Anton Franke (Philipp), Camille Moltzen (Tobi), Anja Schneider (Sabine), Christian Näthe (Stefan), Johannes Scheidweiler (Menzel), Sammy Scheuritzel (Philipp nel 2015) Tilmann Döbler (Tobi nel 2015), Moritz Hoyer (Ramon), Meinhard Neumann (Uwe), Steffi Kühnert (Frau Wenzer); produzione: Flare Film (Berlino) e Chromosom Film (Berlino); origine: Germania, 2025; durata: 110 minuti.

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