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Voto
“La morte è una gran figlia di puttana”. E poi: “Conosce un uomo che ha ingannato la morte”, e ancora: “Se vuoi fregare la morte e perdi, finisce molto male”. Se un horror non riuscito è, per definizione, un buon film horror, Final Destination: Bloodlines è il giusto reboot del peggiore franchise horror della storia del cinema, Final Destination, appunto, e, quindi, per definizione, di un franchise tutto da gustare.
La stupidità delle battute sopra riportate prova che ci troviamo di fronte a una storia risibile, nella quale la Morte prende di mira una famiglia e un gruppo di amici e ammazza tutti nei modi più rocamboleschi, che permettono alla regia di trovare ingegnose quanto assurde sequenze di uccisioni. Un piccolo, insignificante penny, con un ingegnoso incastro, aiuta la Morte a mietere le sue vittime e i registi del franchise a dare un senso a una idea di partenza grottesca. Tanto che, in effetti, anche questo ennesimo capitolo pare più una commedia nera o, appunto, grottesca, nonostante alcune scene splatter. E tutto questo rimanda alla definizione iniziale, per cui un brutto horror è percepito spesso dagli amanti del genere come un tentativo che crea, malgrado tutto, qualcosa di surreale, di inaspettatamente comico, qualcosa che alla fine lo fa rispettare, se non amare.

Il presente Final Destination: Bloodlines, diretto da Zach Lipovsky e da Adam B. Stein, è il sesto film della saga e di questa vuole raccontare le origini e dare ad essa, allo stesso tempo, la possibilità di nuove disavventure; Stefani è una studentessa universitaria che da due mesi, ogni notte, ha un incubo catastrofico che la porta a ricordare alle stranezze di sua nonna e alla scelta della mamma di lasciare la famiglia quando lei aveva solo dieci anni. Indagando, la ragazza scatena la catena della Morte e questa, senza alcuna pietà o esitazione, distrugge la sua famiglia in modi sanguinolenti, ma mai paurosi. Ebbene, questo horror non fa paura, non terrorizza, non stupisce, ma è simpatico, nella sua totale ottusità. Impossibile pensare, parlare, scrivere di libero arbitrio, di destino, di ineluttabilità della morte, di paura della morte, qui non ci sono idee, se non quella, forse involontaria, di far ridere i cinefili, felicemente curiosi di scoprire sempre nuove vie dell’horror. Che a volte si rinnovano, a volte si ripetono, come quella, presente anche qui, per cui la Morte coglie i personaggi più antipatici nei modi più cruenti, soddisfacendo la sete di vendetta di noi vampiri, così come definiva Jim Morrison gli spettatori cinematografici. E poi, eccoci infine al momento più interessante, no, più commovente del film, al cameo di Tony Todd, scomparso recentemente, purtroppo, protagonista di tanti horror, tra i quali, immortale, è Candyman (regia: Bernard Rose, 1992). L’attore, più che agli altri personaggi, si rivolge al suo pubblico ricordandogli di vivere pienamente, perché se la Morte qui è grottesca, nella realtà è comunque imprevedibile.
In sala dal 15 maggio 2025.
Final Destination: Bloodlines – Regia: Zach Lipovsky, Adam B. Stein; sceneggiatura: Guy Busick, Lori Evans Taylor; fotografia: Christian Sebaldt; montaggio: Sabrina Pitre; musica: Tim Wynn; effetti speciali: Tony Lazarowich; interpreti: Kaitlyn Santa Juana, Teo Briones, Richard Harmon, Anna Lore, Tony Todd; produzione: Inzide Media, New Line Cinema, Practical Pictures, The Fusion Media; origine: USA, 2025; durata: 110 minuti; distribuzione: Warner Bros Italia.
