Presence di Steven Soderbergh

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Difficile immaginare un regista più prolifico di Steven Soderbergh (1963). Da Sesso, bugie e videotape (1989), il suo fulminante film d’esordio con cui (il più giovane di sempre: 26 anni!) vince la Palma d’Oro a Cannes, Soderbergh ha girato 36 film. Poiché di anni da allora ne sono trascorsi per l’appunto 36, ciò significa molto banalmente un film all’anno. Ha avuto in realtà le sue pause: dal 2013 al 2017, ma – non vi preoccupate! – il regista ha compensato con alcuni anni in cui di film ne ha girati due, tipo Full Frontal e Solaris nel 2002, oppure Contagion e Knock Out nel 2011. La cosa incredibile è che per ogni film Soderbergh si occupa al contempo di fotografia (con lo pseudonimo Peter Andrews) e di montaggio (con lo pseudonimo Mary Ann Bernard). Ma la cosa più incredibile di tutte è che ogni film è diverso l’altro, un obiettivo che si pose, già dopo il suo primo film, quando deliberatamente decise di lasciare la “nicchia” dell’indie-movie della provincia americana per andare a Praga a girare una  variante super-postmoderna di uno pseudo-biopic su Kafka, sconcertando la critica di allora. Da allora Soderbergh non ha più smesso di mettersi alla prova, anno dopo anno, in tante cose diverse.

Abbiamo, infatti, appena finito di vedere e di recensire (neanche tre mesi fa!), Black Bag – Doppio gioco , rilevando la discrasia fra sceneggiatura (un po’ zoppicante: di David Koepp) e regia (come quasi sempre: sontuosa) di Soderbergh, che le asimmetrie distributive internazionali ci presentano in ritardo rispetto alla spy-story con Michael Fassbender e Cate Blanchett (costata 60 milioni di dollari), il film dell’anno prima, quello del 2024, ossia Presence, che di milioni ne è costati solo 2, ha già abbondantemente ripreso i costi ed è stato girato in soli 11 giorni, godendo di una speciale deroga nel pieno dello sciopero, denominato SAG-AFTRA- Strike (Screen Actors Guild – American Federation of Television and Radio Artists). Avevamo sparato a zero su David Koepp, sceneggiatore di Black Bag, mentre qui, seppur avvalendosi di uno script dello stesso regista, il lavoro è stato piuttosto convincente.

Ma ancora una volta il clou è la regia di Soderbergh che compie una scelta, a tratti un po’ claustrofobica e costrittiva, ossia di girare tutto in piano sequenza e in soggettiva, ricorrendo, giusto per garantire qualche momento di pausa allo spettatore, a numerose dissolvenze in nero, che ritmano in guisa di scene teatrali il plot.

Che è presto raccontato: una famiglia ovvero il padre Chris (Chris Sullivan), la madre Rebekah (Lucy Liu), il figlio Tyler (Eddy Maday), la figlia Chloe (Callina Liang) decidono di trasferirsi in una casa a due piani, accompagnati dall’agente immobiliare. Il rutilante e reiterato piano sequenza che sale e scende, passa da una stanza all’altra per ritornare nella precedente un’altra volta fa subito pensare che la casa in apparenza elegante e seducente, possa presentare qualche stranezza. A haunted house? Una casa maledetta o più benevolmente una casa degli spiriti? Ebbene sì, è questa la Presence, la Presenza di cui al titolo. Come sempre avviene in tutte le storie di fantasmi: c’è chi le Presenze le avverte e chi no; lo stesso accade qui: c’è chi le sente (la figlia Chloe), c’è chi è disposto a pensare che la figlia non abbia completamente torto, pur non avendo in prima persona avvertito la Presenza (Chris, il padre), c’è chi invece non l’ha avvertita, e si oppone alla sola ipotesi che la Presenza esista davvero e ironizza pesantemente su chi l’avverte (il fratello e la madre). La Presenza, diciamolo subito, funge in primo luogo da detonatore di una costellazione sistemica fin dall’inizio decisamente compromessa, quella fra i due genitori, quella delle relazioni fra genitori e figli con una simmetria incrociata, come si è accennato, ovvero padre+figlia vs madre+figlio, quella della costellazione fra fratello e sorella, l’uno vincente e sicuro di sé e parecchio stronzo, l’altra timida, silente e clamorosamente traumatizzata.

Siamo nella sottocategoria della casa abitata da uno spirito buono, una ragazza morta che mette in guardia la ragazza da un destino consimile, di cui non dirò altro perché soprattutto nella parte finale succedono molte cose sorprendenti e come sempre per i film di Soderbergh mai banali. Per chi tuttavia non l’avesse capito: la soggettiva in piano sequenza è quella della Presenza.

In sala dal 24 luglio 2025.


Presence – regia, fotografia, montaggio: Steven Soderbergh; sceneggiatura: David Koepp; interpreti: Lucy Liu, Julia Fox, Chris Sullivan, West Mulholland, Callina Liang, Lucas Papaelias, Eddy Maday, Natalie Woolams-Torres; produzione: Sugar 23, Extension 765; origine: USA, 2024; durata: 85 minuti; distribuzione: Lucky Red.

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