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Voto
“Dove ero quando è morto papà?”
“Dormivi Loris, avevi 4 anni, erano le dieci di sera”.
Presentato nelle Notti Veneziane, Una Cosa vicina di Loris G. Nese è un documentario di creazione con cui il regista ripercorre e cerca di ricostruire la storia del padre, morto prematuramente in un agguato di camorra a Salerno. L’opera nasce dalla voglia di raccontare la confusione che ha caratterizzato una vita trascorsa tra dubbi, omissioni e rimozioni del proprio passato, alla ricerca di una verità più complessa, fuori dalla retorica e dalla narrazione dominante.
“Tupac e mio padre sono morti lo stesso anno. Per questo tutti conoscevano la mia storia”
Il trentaquattrenne regista salernitano, già premiato al Festival di Locarno con il cortometraggio Z.O. (2023), porta al Lido il suo primo lungometraggio: un puzzle stilistico-narrativo che alterna il B/N, voce del presente, ai filmati di famiglia in VHS, frame in stop-motion, immagini di repertorio e animazione, nel tentativo di dare forma al luogo dei propri incubi, fantasmi e paure.
Il film è diviso in cinque capitoli e un epilogo, quanto basta a Loris G. Nese per tentare di chiudere il cerchio della sua storia e quella di un padre che non può ricordare, ma da cui ha ereditato la vita. Il figlio si rifiuta di identificare il padre (solo) come un camorrista: ha bisogno di sapere che tipo d’uomo era, se amava la famiglia e la moglie, se era stato felice, se aveva sofferto.
“La cosa difficile di fare un film è capire quando staccare, soprattutto se il protagonista sei tu, un altro problema è che devi sapere tutto dei personaggi, da dove vengono, cosa vogliono, e soprattutto perché, e io non sapevo quasi niente”, con queste parole il regista ci introduce, con una sequenza di immagini, nei luoghi della sua infanzia, quella Salerno degli anni ‘90 divisa tra la Città vecchia e la Zona orientale dove operavano le organizzazioni criminali, famiglie in lotta tra loro. E poi nella casa dove abitava da bambino con i genitori, un appartamento come tanti, ma arredato con mobili sfarzosi decorati in oro, un mobilio che doveva ostentare il potere di chi lo aveva acquistato.

Loris arriva a quattordici anni senza sapere quasi nulla del padre e della storia della sua famiglia.
“Ti aveva tenuto all’oscuro di tutto?” gli domanda l’amico nell’intervista.
“Era un modo per estraniarti?”.
Loris è alla ricerca di risposte, mostra nel film il materiale che ha: foto e vecchi filmini di famiglia, il matrimonio dei genitori. La mamma racconta dei loro viaggi: Florida, Miami, Orlando, Disney World, Montecarlo.
E poi viene ucciso Giuseppe, il fratello di suo padre.
“Com’è stato?”
“Non aveva il coraggio di dirmelo”.
E da lì le cose iniziano a cambiare.
Attraverso le interviste alla madre, a parenti e ad amici, girate in un elegante bianco e nero, il regista cerca quegli elementi che possano aggiungere ai fatti giudiziari tasselli utili per ricostruire la storia della sua famiglia e dare un senso alla sua vita, scavando tra le trame dell’omertà, scoprendo l’amore profondo che ha legato i genitori, e il pericoloso rapporto con lo zio, detenuto nel carcere di Milano. Cosa sapeva davvero la madre e cosa invece ha nascosto cercando di tutelare il figlio negli anni? La verità e i vari pezzi della storia sono difficili da ricomporre, legati a racconti e a una memoria i cui contorni il passare del tempo ha reso sempre meno nitidi.
Ma quella del regista non è solo un’indagine sui fatti dettata dalla necessità di sapere: il film è un atto di amore di un figlio verso il padre, un modo di farlo rivivere attraverso il mezzo cinematografico, un omaggio che nessuna esecuzione potrà cancellare.
Una cosa vicina – Regia, sceneggiatura e fotografia: Loris G. Nese; montaggio: Chiara Marotta; musica: Raffaele Caputo; interpreti: Francesco Di Leva, Mario Di Leva; produzione: Lapazio Film, con Rai Cinema; origine: Italia, 2025; durata: 90 minuti; distribuzione: Lapazio Film.
