Angelo Santini (Cristiano Caldironi) anima pura, artista, introverso, scrive commedie musicali per la parrocchia, suona, ama pattinare in solitudine sui tetti degli edifici. Arriva la grande occasione: un finanziamento regionale e la possibilità di dirigere un musical a tema religioso, in occasione del cinquecentenario di Sisto V, con una importante compagnia teatrale, e una tournée in tutta Italia. il Sindaco però vuole un’idea brillante, intrattenimento e grandi nomi; il parroco del paese (Giobbe Covatta) invece vuole un’opera rispettosa e storicamente fedele.
Si comincia a radunare il cast, tra cui spicca il Papa, interpretato da Zulian (Enzo Iacchetti), celebre e sadico attore che metterà ripetutamente i bastoni tra le ruote al nostro. L’accompagnamento musicale viene affidato agli Elioz, duo musicale demenziale di grande successo, che subito mettono le cose in chiaro proponendo la rima “Papa Sisto, non perdoni neanche a Cristo”. Angelo Santini dovrà destreggiarsi in questo marasma di personalità capricciose, ritardi, imprevisti, meschinità, e riuscire a tirare fuori uno spettacolo dignitoso.
Il confronto/scontro tra le due personalità, quella del regista Angelo Santini e del capriccioso interprete di Papa Sisto, interessante nella sua premessa, ma reiterato oltre l’ammissibile, dà il via a tutta una serie di scambi di dialogo collaterali con i comprimari (Natasha Stefanenko, nel ruolo di “donna della discordia” e Rebecca Liberati, che interpreta l’assistente/amica di Angelo) che lasciano un poco perplessi nel loro intento pseudofilosofico di cui si intuisce ben presto un’ambizione decisamente fuori misura.
La voce narrante del protagonista e il monologo interiore, non sempre drammaturgicamente motivati, tradiscono una certa insicurezza del mezzo filmico, e una scarsa fiducia nella capacità del pubblico di intuire i pensieri del protagonista, rendendo tutto estremamente didascalico. I dialoghi dei vari interpreti, forzati, innaturali, letterari, non sono scritti per essere recitati e risultano forse poco adattati alle personalità degli attori.
A livello di immagini, questa commedia sul mondo del teatro oscilla, pericolosamente, tra delle scelte non sempre felici mentre le atmosfere delle scene rischiano di modificarsi repentinamente in maniera incoerente, virando a tratti nel surreale – verso la fine ci si lascia andare addirittura a degli omaggi pittorici (“La pietà” di Michelangelo) inseriti a forza e piuttosto azzardati.
E poi il consueto vezzo del nostro cinema, la musica onnipresente: motivetti, percussioni, interludi di jazz, fisarmoniche. Si intromette durante le conversazioni, fa capolino nei raccordi di sguardo, vuole mettere becco ovunque. Ogni scena ha un piccolo commento musicale, troppo spesso non in sintonia a quanto viene mostrato.
A ben pensarci, in questo film, paradossalmente come in Luis Buñuel, tutto funziona in modo inverso, le parti comiche non fanno ridere, le parti serie sono involontariamente comiche. Ad esempio, il processo finale, in un tribunale illuminato in maniera inspiegabilmente bizzarra, a metà tra il noir e l’espressionista, con le dichiarazioni degli imputati accompagnate da risate finte; o ancora, la fatidica battuta “Acqua alle corde” che Santini, nel ruolo del marinaio, continua a non riuscire a dire fino alla fine, ma senza sapere perché; anzi no, lo sappiamo, è per la timidezza, perché non tira fuori i coglioni, e qui veniamo ad un altro tasto dolente. Il linguaggio volgare utilizzato come ultimo tentativo di ammiccare ad un pubblico che si vorrebbe complice, ma che, allo stesso tempo, si continua forse a ritenere incapace di riflettere.
L’interpretazione del cast è piuttosto variegata: Caldironi fa quel che può, Iacchetti recita con passione cercando in qualche modo di dare un senso al suo personaggio, Covatta ed Elio colmano con le loro personalità la scena e non sfigurano.
Un buon lavoro di montaggio garantisce un certo ritmo, il simpatico brano cantato dagli Elioz ed i loro buffi costumi strappano qualche sorriso, ci sono diverse trovate, anche a livello visivo, che racchiudono idee interessanti. Inoltre, la vicenda contiene effettivamente un intuizione valida: fare una commedia sulla realizzazione di un musical a carattere religioso è indubbiamente una premessa interessante. L’impressione, però, è che si sia cercato di mettere assieme troppi tasselli diversi, senza aver provveduto a creare una giusta amalgama di fondo. Il risultato è una creatura bizzarra e indefinita, difficile da collocare o da apprezzare in pieno.
In sala dal 9 gennaio 2023
Acqua alle corde – Regia: Paolo Consorti; sceneggiatura: Paolo Consorti; fotografia: Antonio Di Domenico; montaggio: Francesco Sardella; musica: Consorti-Nosei-Sardella; interpreti: Cristiano Caldironi, Enzo Iachetti, Elio, Giobbe Covatta, Natasha Stefanenko, Vito (Stefano Bicocchi), Rebecca Liberati, Stefano Nosei, Guenda Gloria, Fabrizio Apolloni, Valeria Romanelli, Roberto Rossetti, Andrea Caimmi, Debora Bianco, Mirco Abbruzzetti, Pier Massimo Macchini, Rocco Ciarmoli; produzione: Opera Totale, Ph Music Works; distribuzione: Kimera Film, Opera Totale.