Atlanta (Stagione 4)

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Non è stato tutto un sogno

Per provare a capire fino in fondo il senso di Atlanta – esercizio pur sempre soggetto a mille altre declinazioni -, occorre partire dalla fine: mentre i suoi amici si appartano per fumare dell’erba, Darius resta seduto sul divano, ipnotizzato dallo show con protagonista il giudice da lui scelto come àncora per la realtà, durante le sue “sedute sensoriali”; mentre la macchina da presa scruta il senso di straniamento e riflessione impresso sul volto di Darius, con uno stacco di montaggio, il giovane osserva, rapito, il terzetto di amici, per poi tornare a indagare lo schermo della tv. Ciò che Darius vede sullo schermo – le reali fattezze del giudice, o quelle sexy da lui immaginate? – non ci viene mostrato e non ci è dato saperlo, perché non conta se il giovane sia ancora sotto gli effetti psichedelici delle immersioni sensoriali, ma ciò che resta fuori campo, ciò che mai, in verità, si trova così al centro della sua esistenza, di quelle di Earn e compagni e, di riflesso, delle nostre.

Per questa quarta e conclusiva stagione della sua Atlanta, Donald Glover torna a casa, dopo la folle e perturbante gita fuori porta ad Amsterdam. Perché solo a casa si possono chiudere i conti con il passato e concedersi a un futuro indecifrabile, se non altro, per risolvere alcune situazioni lasciate in sospeso. Come fa Earn con Vanessa, durante il campeggio per il compleanno della figlioletta, o come Alfred, che capisce di poter anche rinunciare a sé per accettare senza riserve la vicinanza di coloro che gli vogliono bene, o come Darius, per l’appunto, che anche se inconsciamente, sceglie di preferire la “realtà”, in barba a qualsiasi favoloso viaggio allucinato e narcotizzante.

Atlanta si chiude ora meravigliosamente con una stagione molto più simile alla seconda, durante la quale il livello di scrittura raggiunge una raffinatezza cristallina, un equilibrio adamantino tra dramma, commedia e grottesco, bilanciando quello sguardo sempre critico nei confronti della condizione dei neri in America, con l’odissea personale dei protagonisti, senza mai indulgere nella ripetizione di stucchevoli stereotipi. Ed è proprio nei paradossi e nelle vicende “ai confini della normalità”, stavolta addirittura più eccessivi del solito, che Earn e i suoi sodali ritrovano ciò che credevano di aver perso, al culmine di un peregrinare che non è mai fisico, ma psicologico e sensoriale. Atlanta è la rappresentazione filmica di un’auto-seduta psicanalitica, un prodotto per la televisione che con la televisione mainstream non c’entra proprio niente, perché più vicino al linguaggio cinematografico, che a quello seriale; una prova di regia matura e immersiva, in cui fino all’ultima inquadratura sono gli sguardi, le espressioni minimali e la potenza sovversiva dei controcampi a contare davvero, perfino rinunciando (apparentemente!) a una certa logica di trama, visto che non sono mai i protagonisti a indicare la via da seguire, ma la vita a mostrarci cosa ci aspetta dentro e fuori lo spazio e il tempo che abbiamo a disposizione – e a noi decidere come comportarci.

Ardita per concezione e sviluppo della messa in scena, unica nel suo genere, magnetica e imprevedibile, questa serie conferma tutti i suoi pregi e chiude il cerchio della propria vita, senza chiudere alcunché, ribadendo ancora una volta come nessuno sia veramente in grado di tenere per le redini ciò che il “destino” tiene in serbo, mentre non ci resta altro che aggrapparci al presente – lucido o meno che sia – e agli affetti che, quelli sì, restano gli unici tangibili, in un mondo che non riusciremo mai a comprendere del tutto. Confermando il talento di Donald Glover ed entrando di diritto nell’Olimpo delle più grandi serie della storia.

Disponibile dal 28 dicembre su Disney+


Atlanta –  genere: drammatico, commedia, grottesco; showrunner: Donald Glover;  stagioni: 4 (conclusa); episodi: 10; interpreti principali: Donald Glover, Brian Tyree Henry, Lakeith Stanfield, Zazie Beetz; produzione: RBA, 343 Incorporated, MGMT. Entertainment, FXP;  origine: U.S.A., 2022; durata: 30′ minuti; episodio cult: 1×09

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